14 Novembre, comunicare l’antagonismo è un progetto”. Intervista sulla Contro-Narrazione. Lo sciopero sociale del 14 novembre sarà ricordato come uno dei più efficaci sotto il profilo della comunicazione. Creatività, contestualità e capacità di rompere le gabbie della narrazione del potere sono le caratteristiche salienti delle elaborazioni di un gruppo di lavoro interno agli stessi Laboratori dello sciopero sociale. > Allo strumento micidiale della comunicazione dei poteri forti, spacciata per informazione – tramite i grossi e grassi giornali e dalle TV – la sinistra sociale e politica dei movimenti e delle organizzazioni politiche, deve indagare forme efficaci per crepare il muro del sistema. Nelle forme possibili a livello nazionale ma anche locale, come la nostra rivista Lavoro e Salute
Controlacrisi ha intervistato Natascia Cirimele, una delle artefici di questo piccolo miracolo comunicativo che, come è facile immaginare non si fermerà certo a questa esperienza.
Che cosa è il gruppo Comunicazione del Laboratorio dello sciopero sociale?
E’ nato proprio per lo sciopero sociale perché nell’ideazione della campagna ci siamo resi conto quanto fosse importante dotarci di determinati strumenti quindi di una progettualità e di momenti di riflessione su ciò che intanto accade nei mass media, oltre alla mera comunicazione dei nostri contenuti. Da qui, l’esigenza di un gruppo di lavoro che mettesse a valore le singole capacità che ognuno di noi è in grado di esprimere, offrendole all’agire della comunità. Tutte le nostre realizzazioni, dal sito, ai documenti differenziati per genere, le declaration, le biografie degli scioperanti potenziali, nascono dentro un confronto. Dentro ci sono anche video per intercettare chi non si rapporta con facilità e immediatezza con il testo.
Professionalità e azione sociale tornano a collaborare quindi.
Con la sapiente mano di alcuni grafici il gruppo ha elaborato gli strikers, che sono diventati il simbolo del media sociale di questo laboratorio. Il laboratorio ha avuto successo per una serie di caratteristiche, a partire dall’interscambiabilità, ovvero mantenere un formato di base poi modulato a seconda delle esigenze comunicative del momento. Questo ci ha permesso di avviare la nostra particolare contro-narrazione sui temi del lavoro.
Perché è importante oggi ragionare in termini di progettualità mediale?
Perché, nonostante internet sia alla portata di tutti e sia una buona base per la veicolazione dei contenuti alternativi, ha un ritmo molto veloce e questo però non è determinato dagli utenti. Veicolare il contenuto in se non è l’obiettivo finale ma bisogna porsi domande sulla tempistica e l’efficacia del messaggio che si intende propagare. La progettualità serve in buona sostanza a determinatre il tempo di proiezione sul social network e quindi ad aumentare le possibilità di successo. Tutto questo si può fare solo con uno studio accurato del mezzo. Dopo 4-5 anni di pratica e di sperimentazione siamo riusciti a conquistare una certa dimestichezza.
Alcuni social danno la possibilità di avere statistiche ma purtroppo gli strumenti cambiano continuamente. Abbiamo potuto vedere come è più facile raggiungere un largo numero di utenti in certe fasce orarie. Per esempio, le catene con le nomination rappresentano metodi efficaci, ma non c’è una base scientifica per individuare i nodi giusti. E’ tipico il caso di Twitter, dove per determinare il trend di un hashtag non c’è mai una regola precisa. L’algoritmo è di proprietà dell’azienda e quindi non lo conosciamo. L’unica arma che abbiamo a disposizione è mettere insieme una “massa critica” di azioni contemporanee.
E’ ormai evidente che l’idea di una rete libera sta naufragando. E questo crea non pochi probelmi a chi pensa di poter lanciare i suoi messaggi a una platea aperta e sterminata. Da quello che si capisce siamo di fronte a territori elettronici strutturati e indirizzati al profitto…
E’ molto difficile proporre nuove piattaforme comunicative perché hanno costi alti di strutturazione e di gestione. Oltre tutto, per sopravvivere on line c’è bisogno di molto lavoro perché il sito funziona se è continuamente aggiornato. Non è vero che il mondo digitale ha fatto sparire il lavoro. Il secondo problema è raggiungere più utenti possibile. Nonostante internet sia una fonte inesauribile di nuovi indirizzi in realtà le vite delle persone sono limitate e c’è una tendenza alla concentrazione. Per il momento la sfida è combattere sul loro territorio, cioè rendersi visibili su quello che già esiste. Anche perché ci si rtrova in un contesto storico in cui bisogna ricostruire tutto. In questa campagna sullo sciopero sociale, gli sforzi fatti sono stati due, diffondere l’idea dell’iniziativa e ricreare le condizioni perché lo sciopero diventasse un concetto normale dopo le picconate inferte dalla narrazione tossica del potere. Siamo in un paese dove il premier può permettersi di parlare in un salotto chic dicendo che lo sciopero costa e non va fatto più.
Un lavoro tutto sommato molto duro quindi…
Abbiamo cercato di rispondere con la stessa moneta al Governo e alla propaganda di regime. Per esempio, il discorso di Renzi in cui presentava il Jobs act parlando di Marta contro la Cgil. Noi abbiamo dato un volto e una voce a Marta, che esprimesse esattamente il contrario. E il risultato è stato che il video è diventato virale perché si è inserito in quel contesto. L’unica strada percorribile al momento è quella di entrare nel discorso. Da qui nasce anche una nuova pratica dello sciopero digitale, il tweetstorm. In realtà è una manifestazione, in cui l’idea è mettersi in relazione con ciò che ha visibilità. E’ un mettersi in relazione per conquistare uno spazio. Studiare un hashtag di narrazionie per studiare una modalità di contro-narrazione. Quando abbiamo lanciato i primi contenuti usavamo #nojobsact poi siamo passati a #jobact ed abbiamo ottenuto più successo.
Per essere dei buoni comunicatori bisogna essere degli ottimi osservatori…
Ci sono alcuni hashstag che hanno avuto la capacità di costruire una grammatica propria. Appunto, l’esperienza in Spagna con la manifestazione del 15 maggio ha rappresentato un primo importante episodio a cui sono seguiti tutti gli altri. Adesso quando si lancia una piazza la si lancia con l’Hashtag perché è la garanzia di poter discutere di quella piazza, e non solo farla e organizzarla. La discussione è importante soprattutto in un momento in cui di discussione non ce ne è. E proprio per questo Renzi dopo la grande manifestazione della Cgil può dire io vi rispetto come sindacato però faccio quello che ritengo più opportuno.
Probabilmente i social in questo mometno sono l’unica occasione di dibattito. E lo vediamo da come è organizzata tutta l’informazione. Nelle trasmissioni televisive, per esempio, i rappresentanti dei movimenti e i soggetti sociali non ci sono mai, ci sono i soggetti politici parlamentari e i rappresentanti istituzionali.
Nella battaglia sul simbolico la sinsitra antagonista deve aver presente sempre il limite tra off line e on line, non credi?
Ce lo siamo posto questo problema, ma le risposte non sono definitive. Per esempio abbiamo pensato a dei materiali appositi che i lavoratori che sono impossibilitati a farlo possono utilizzare nel giorno dello sciopero, per esempio delle spillette e gli stessi Voucher. Ci sono dei luoghi di lavoro in cui anche questa pratica è molto difficile. E’ chiaro che la fine del simbolico arriva nel momento in cui le esigenze reali sono così forti da rompere tutti gli schemi e tutte le gabbie. In questo momento storico questo percorso oltre a porsi degli obiettivi deve praticare sulla ri-comunicazione. Ri-comunicazione vuol dire, per esempio, coinvolgere tutti i soggetti che non riescono a pensare allo sciopero perché non riescono a pensare a un lavoro. E quindi riappropriarsi dello sciopero in realtà vuol dire riappropriarsi della lotta per il lavoro. Un meccanismo molto difficile da far funzionare. E il ragionamento sul da farsi evolve con noi. Sul livello del simbolico noi rispondiamo, siamo pronti a fare uno sciopero persino se non abbiamo un lavoro. E in qualche modo vi dimostreremo che la produzione si bloccherà in questo paese, anche soltanto bloccando una strada. Il simbolico si supera superando le categorie del senso comune, ovvero partecipando. La Cgil convoca uno sciopero generale e a questo ci partecipano anche i precari. E’ questo il collegamento. Nel momento in cui si sta arroccati in quel poco di difendibile che è rimasto è chiaro che la contro-narrazione non ha senso. Lo strumento dello sciopero è valido ha saegnato tutte le rivoluzioni e non lo vogliamo abbandonare.
Parliamo dei limiti di Grillo, sembra essere rimasto prigioniero di un eterno on line, senza avere la capacità di produrre risultati sul piano concreto.
Credo che Grillo abbia avuto una difficoltà nel comporre l’eterogeneità che ha raccolto alle urne. E’ molto facile smontare retoriche sbagliate. Il problema è poi la risposta. Grillo credo che non abbia una risposta chiara su tutti gli argomenti. Non si è sforzato di pensare globalmente rispetto al tema della crisi, per esempio. E quindi funziona solo in alcuni settori e in alcuni argomenti. Questo lo depotenzia molto. La politica grillina messa a confronto con la realtà si scontra con questa mancanza di percezione complessiva. E quindi, viene poi sorpassata a seconda delle situazioni a destra o a sinistra. Soprattutto, quello che stanno pagando sono le conseguenze della possibilità mancata. Hanno perso l’occasione davvero di mettere in discussione la rappresentanza istituzionale, pensando che bastasse poterla occupare. I parlamentari dell’M5S che pure stanno facendo la battaglia parlamentare contro il Jobs Act non si mettono in relazione né con il lavratori né con i precari né con lo sciopero sociale. Non essere riusciti a travalicare il limite del simbolico se non attraverso un populismo agitato è la grave pecca del Movimento cinque stelle.
Fabio Sebastiani
10/11/2014 www.controlacirsi.org
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