2 Aprile: non solo luci blu, quel che serve è il rispetto dei diritti!
Celebrare la Giornata Internazionale per promuovere e aumentare la consapevolezza della società sulle problematiche che vivono le persone con disturbi dello spettro autistico e i loro familiarinon si può e non si deve fermare solo alle tradizionali manifestazioni legate al colorare di blu qualche facciata di palazzi o monumenti o al lancio di palloncini: la Giornata dovrebbe invece rappresentare l’occasione, per le Istituzioni Statali, Regionali e Locali, di dare conto di cosa si è fatto e cosa si sta facendo, in concreto, per rendere pienamente esigibili i diritti e garantire la migliore qualità di vita per le persone con disabilità in generale e con disturbi dello spettro autistico in particolare. Troppi, infatti, sono ancora i diritti negati alle persone con disturbi dello spettro autistico, troppo sole sono lasciate le famiglie e troppe sono le persone che dovrebbero semplicemente “arrossire” a causa di ritardi, inefficienze e mancate promesse.
Infatti, anche se esiste una specifica legge per l’autismo [Legge 134/15, N.d.R.] che tante speranze aveva suscitato e che in alcune parti d’Italia ha prodotto qualche risultato, siamo ancora ben lontani dal poterci dichiarare minimamente soddisfatti: non solo mancano ancora i Livelli Essenziali per l’Autismo, come previsto da tale legge, ma c’è anche motivo di ritenere che difficilmente ci saranno a breve, a causa di un vero e proprio “gioco delle tre carte”.
Tutto ciò mentre continuano ad arrivare nuove conoscenze dal fronte scientifico e della ricerca che sempre più stanno indagando sul complesso mondo dello spettro autistico, delle sue cause e di come affrontarlo al meglio. E anche sul fronte degli approcci le famiglie hanno una sempre maggiore consapevolezza relativamente alla necessità di fare riferimento ai soli approcci validati scientificamente e consigliati nelle apposite Linee Guida.
Importanti conferme, inoltre, si hanno anche sul fronte abilitativo ed è ormai condiviso il fatto che in presenza di interventi precoci, tempestivi, globali e continuativi, i bambini a cui viene diagnosticato un disturbo dello spettro autistico possono raggiungere traguardi impensabili solo fino a pochi anni orsono.
Dimostrazioni concrete di ciò si possono trovare anche nei centri di eccellenza che la nostra stessa Associazione [ANFFAS, N.d.R.], ma non solo, ha promosso e realizzato in alcune parti d’Italia. Purtroppo questi centri sono ancora pochi e la loro diffusione è a macchia di leopardo. Gli approcci adottati sono tra i più avanzati a livello internazionale e rappresentano un patrimonio prezioso in questo àmbito. La formazione del personale, curata anche attraverso la frequenza di Master di altissimo livello, ne è ulteriore elemento caratterizzante. Ma come detto, purtroppo, parliamo solo di alcune esperienze, anche se di grandissima qualità, mentre tutto questo dovrebbe essere stato messo già a sistema da tempo e in modo uniforme su tutto il territorio nazionale e opportunamente sostenuto e finanziato, appunto sotto forma di livelli essenziali specifici per l’autismo.
Quindi anche per le persone con disturbi dello spettro autistico – come per la generalità delle persone con disabilità – si assiste alla “lotteria” determinata dal fatto che la qualità di vita e le risposte adeguate spesso dipendono da una serie di fattori casuali: in quale famiglia si nasce; in quale luogo; chi è il medico che fa la prima diagnosi, valutazione e presa in carico; chi è l’operatore o il professionista che somministra le attività abilitative, che conoscenze ha e di quali approcci, validati scientificamente, si avvale; qual è la scuola che si frequenta; che competenze ha il personale scolastico curricolare, specializzato e di supporto; come viene sostenuta e istruita la famiglia; quale il contesto sociale in cui si vive ecc. ecc.
A questo punto la domanda sorge spontanea: tutto questo non dovrebbe semplicemente far parte di un sistema organizzato e omogeneo che garantisse, nell’àmbito di un progetto di vita personalizzato, di ottenere adeguati e competenti sostegni, idonei sia per qualità, quantità e intensità, volti a garantire la migliore qualità di vita possibile?
E ancora: è possibile che ancora oggi, nel 2018, le persone con disturbi del neurosviluppo dopo il diciottesimo anno di età siano i “nuovi desaparecidos” o che al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età finiscano di essere persone con disabilità e diventino, miracolosamente, delle semplici persone anziane? Possibile che nessuno dei nostri interlocutori si ponga queste domande e soprattutto sia in grado di darci, magari proprio in questa occasione, una risposta di senso? Si tratta di un sogno? Di una chimera? Di una visione fantasiosa? Di richieste irrealistiche e costose? No, semplicemente ciò che dovrebbe essere e invece non è per la stragrande maggioranza delle persone con disturbi dello spettro autistico e delle loro famiglie in Italia. Persone stanche e stufe di attendere. Persone e famiglie allo stremo delle loro forze. Associazioni che trovano sempre più interlocuzioni ottuse e sorde alle vere esigenze delle persone e più orientate a far funzionare i propri apparati senza assumersi alcuna responsabilità vera. Con una politica assente, se non addirittura latitante. Oggi vorremmo, ma proprio lo desideriamo fortemente, che qualcuno potesse smentirci.
In questo quadro la situazione è ancora peggiore per le donne e le ragazze con disturbi del neurosviluppo e con disabilità in generale che, come si legge nel sito delle Nazioni Unite, «sono soggette a molteplici e intersecanti forme di discriminazione, che limitano il loro godimento di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali» e che «subiscono violenze di genere a tassi sproporzionatamente più elevati a causa di discriminazioni e stigmatizzazioni basate sia sul genere che sulla disabilità».
Una situazione grave evidenziata anche nel messaggio prodotto in occasione del 2 Aprile dal segretario generale dell’ONU António Guterres, che chiede di affermare nuovamente l’impegno di tutti a promuovere la piena partecipazione di ogni persona con disturbi dello spettro autistico e ad assicurare loro il sostegno necessario per poter esercitare i diritti e le libertà fondamentali.
Temi, questi, che saranno oggetto di discussione il prossimo 5 aprile nella conferenza intitolata Empowering Women and Girls with Autism (“Promuovere l’empowerment delle donne e delle ragazze con disturbi dello spettro autistico”) che si svolgerà presso il Quartier Generale delle Nazioni Unite di New York, per discutere dell’importanza di promuovere l’empowerment [la “crescita di autoconsapevolezza”, N.d.R.] delle donne e delle ragazze con disturbi dello spettro autistico e coinvolgerle, insieme alle loro organizzazioni rappresentative, nella politica e nei processi decisionali per affrontare le sfide che le riguardano.
L’ANFFAS fa proprie tali riflessioni e raccomandazioni e si impegna anche attraverso la “Piattaforma Italiana Autorappresentanti In Movimento” a dedicare a questo tema iniziative e approfondimenti, così come si impegna anche nell’àmbito del Coordinamento Nazionale sui Disturbi dello Spettro Autistico, costituito all’interno della FISH(Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) dalla nostra stessa Associazione, insieme all’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) e al Gruppo Asperger, a continuare a battersi per vedere affermati e resi esigibili i diritti e migliorare la qualità formativa di coloro che delle persone con disturbi dello spettro autistico, a vario titolo, si prendono cura e carico.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!