25M: aborto per chi? Transfemminismo e rete consultori invadono le piazze

Il 25 maggio tanti cortei indetti da NUDM e dalla Rete Consultori per rivendicare il diritto all’autodeterminazione di donne e persone gestanti a quarantasei anni dall’approvazione della legge 194.
A Roma l’appuntamento è alle 16 a piazza Vittorio

«II 23 aprile scorso in Senato è passato l’emendamento al DL 19/2024 che prevede e rafforza l’accesso delle associazioni antiabortiste nei consultori, inserendoli nella ripartizione dei fondi PNRR per ciò che riguarda il finanziamento della sanità territoriale. La legittimazione nazionale delle lobby antiabortiste e antiscelta per operare nei consultori si colloca in una realtà già tragica: i consultori pubblici vengono svuotati, inglobati nelle case della salute o chiusi; in sei regioni italiane esistono già consultori privati gestiti da associazione cattoliche».

Così apre il comunicato congiunto lanciato dalla rete consultori e dal movimento transfemminista Non una di Meno, preludio di dibattiti, assemblee, presidi, giornate di autoformazione che hanno costellato il mese di maggio confluendo verso il 22 maggio, quarantaseiesimo anniversario della legge 194.

Culmine delle mobilitazioni saranno i cortei che oggi, 25 maggio, invaderanno le strade delle regioni italiane, dal Friuli Venezia Giulia, all’Emilia Romagna, alla Sardegna.

Questo maggio transfemminista si rivela quanto mai urgente e necessario, in un momento in cui il governo di estrema destra, guidato da Giorgia Meloni, decide di spalancare le porte alle lobby antiscelta nei consultori, ponendo la norma che ne consente l’accesso nel decreto di attuazione del PNRR approvato in via definitiva a fine aprile. Tale misura si colloca in un contesto già estremamente critico per i consultori, che negli ultimi anni hanno subito depotenziamenti, tagli del personale, chiusure, con buona pace del servizio sanitario pubblico, ormai tendente a un continuo smantellamento. Queste entità, inserite all’interno di realtà pubbliche che dovrebbero garantire a donne e persone gestanti un aborto sicuro, libro e gratuito – diritto sancito dalla legge – si dedicano alla manipolazione e alla diffusione di fake news circa l’interruzione volontaria di gravidanza. Ma i movimenti e le realtà transfemministe promettono battaglia.

«Le pillole transfemministe sono nate da una doppia necessità: dalla rabbia per la continua diffusione di fake-news sull’aborto da parte di associazioni e rappresentanti politici antiabortisti e dall’esigenza di contrastare la narrazione dominante sull’aborto (che spesso caratterizza anche chi difende il diritto ad abortire), che lo descrive come una pratica necessariamente dolorosa, da evitare con tutti i mezzi possibili e traumatica», ci dicono le compagne di Obiezione Respinta, che da anni si occupano di decostruire lo stigma sull’aborto e mappare l’obiezione di coscienza e l’accessibilità all’Ivg in Italia. L’iniziativa da loro lanciata in occasione del maggio transfemminista entra nel merito delle fake news più comuni utilizzate dagli antiscelta per manipolare le persone che intendono interrompere una gravidanza. Tra queste, lambiccate teorie che legherebbero il tasso di denatalità in Italia (in aumento dal 1960) col ricorso alle pratiche abortive (in costante calo dal 1983. L’Italia è inoltre il paese in Europa dove l’aborto è meno praticato. La RU486 è più sicura del parto e ha una percentuale di complicazione inferiore all’1%, inferiore cioè a quella del Viagra, l’oms lo ha ribadito ripetutamente.

«Vogliamo decidere noi se, come e quando abortire. Vogliamo poter abortire a casa con le nostre sorelle», si legge sulle pillole di Obiezione Respinta «Basta fake news antiabortiste! Vogliamo informazioni chiare, vogliamo poter scegliere, vogliamo accedere all’IVG senza ostacoli e senza stigma, vogliamo aborti felici!»

Alle loro parole fanno eco quelle della collettiva dissidente, centrando un punto fondamentale circa la natura della 194, «legge che tutela la “maternità”, non la libertà di scelta (se essere o meno genitori). Il titolo è esplicativo di come non comprenda tutte le persone che possono rimanere incinte, ovvero tutte quelle con utero e ovaie, ma solamente alcune. Certo, è una legge vecchia, scritta ancora prima della 164, la legge che invece regola la rettifica anagrafica per le persone che fanno un percorso di affermazione di genere, anch’essa ormai obsoleta, ma anche per questo possiamo dirci che entrambe avrebbero bisogno di essere riscritte, perché i diritti di cui parlano vengano davvero garantiti». Per quanto riguarda la salute sessuale e riproduttiva delle persone trans* e l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, «se già è difficile per le donne cisgender accedere all’aborto, per le persone trans* con utero e una M sui documenti non è neanche previsto. Questo ovviamente deriva dal fatto che per il nostro stato le persone trans non esistono: ovvero l’ordinamento giuridico non prevede che esistano persone con M e utero».

Come dire: avete scelto la M di maschio, ora state al vostro posto. Come può un uomo decidere di partorire? O, al contrario, scegliere di interrompere una gravidanza?

Ancora controllo dei corpi, dunque, controllo sui corpi. Quelli delle donne, la cui salute mentale è messa a rischio dalla necessità di fare i conti con una maternità forzata, non dalla decisione di avere un aborto. Quelli delle persone trans* e con utero, che non vedono riconosciuta nemmeno la loro esistenza a fronte della negazione di un diritto fondamentale. Controllo ancora più violento quando viene esercitato sui corpi delle persone razzializzate che, in nome di un fantomatico progetto di sostituzione etnica, vengono anch’essi cancellati.

Delle migliaia di nascite in famiglie con background migratorio non si tiene affatto conto: le persone che nascono da famiglie migranti dovranno attendere venti anni prima di ottenere la cittadinanza, prima di potere esistere realmente e vedersi riconsociuti diritti basilari.

Come in un grande progetto di eugenetica coatta, solo l’Occidente bianco, ricco, borghese, eterocispatriarcale ha diritto a stabilire le regole della nostra salute sessuale e riproduttiva, perpetuando retoriche antiabortiste e promuovendo iniziative quali gli Stati generali della natalità, dove manifestare il proprio dissenso e contestare una ministra, secondo i meccanismi fondanti il concetto stesso di democrazia, è considerato una atto di censura, un affronto intollerabile  verso un immutabile, granitico, retrivo, potere costituito.

Per questo motivo Non una di Meno e la rete consultori invadono le strade e le piazze il 25 maggio: per ribadire alle persone al governo, alla Chiesa, a qualunque istituzione voglia opporsi al diritto di autodeterminazione di donne e persone gestanti. Per gridare, ancora una volta, con rabbia e con amore: Sul mio corpo decido io!

Ci vediamo in corteo il 25 maggio alle 16:00 a piazza Vittorio. Qui le iniziative in tutta Italia.

Benedetta Rossi

25/5/2024

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