3 Giorni contro il CPR: 2° giorno.
Questa mattina il morale era alto, gli attivisti hanno detto che la raccolta di vestiario e quella alimentare, effettuate nella giornata di ieri, sono andate benissimo.
Nel pomeriggio, verso le 15 mi avvio verso l’ingresso del CPR di Torino, in Via S. Maria Mazzarello 31.
C’è il robottino artificiere. Non tira una bella aria.
Mi chiedo cosa ci faccia lì il robottino artificiere, ad un certo punto vengo invitato ad allontanarmi, anzi vengo obbligato ad allontanarmi, lì per lì non capisco, il funzionario della questura mi obbliga ad allontanarmi per “la mia incolumità personale” ma non mi spiega il perché, la tensione è palpabile.
Lo farà poi un, peraltro gentile, agente di Polizia Locale: c’è una borsa di quelle di plastica per riporre la spesa, sospetta all’angolo della strada.
La mia impressione da reporter, non certo da esperto di pubblica sicurezza, è però di un atteggiamento francamente esagerato, comunque il pacco si rivelerà più che innocuo.
E’ vero che è stata indetta una protesta contro il CPR, ma protesta, non attentato dinamitardo, e Alda Re, unica attivista ad entrare per fare la consegna, dichiarerà che all’interno del CPR erano presenti sia il robottino che cani anti-bomba.
In definitiva si stava trattando di una consegna di vestiario e generi alimentari.
Insomma, non è parsa certo una prova di forza da parte dello stato, ma una prova di debolezza e, se non paura, certamente di eccessiva preoccupazione.
Nella dichiarazione del video, Alda Re racconterà poi l’estrema tensione che c’era durante la consegna, e fuori onda, la minuziosa (esagerata?) perquisizione delle cose consegnate.
Tutti i pacchi di biscotti confezionati sono stati aperti e i biscotti esaminati minuziosamente, tutti i succhi di frutta aperti, versati in contenitori di plastica, esaminati e poi rimessi nella confezione originale.
La consegna è durata più di tre ore. Verso le 17.30 una delegazione formata da Avvocati: Gianluca Vitale, Elisa Costanzo, Marco Melano di Legal Team e Nadia Buso; un Medico: Ugo Zamburro; due attiviste per i diritti umani: Muna Korzhom, Nadia Peradotto; un’altro reporter oltre a me: Salvatore Cavalli; si presenta davanti all’ingresso chiedendo di entrare. Il funzionario della questura ci nega, da parte sua, il permesso, dichiarando che non dipende da lui concedercelo. L’avv. Vitale telefona in prefettura, dopo un paio di telefonate è chiaro che il permesso di entrare ci viene negato, ancora una volta è negato il permesso a membri della società civile di entrare in un CPR per rendersi conto della situazione nella quale versano gli “ospiti”.
Intorno alle 19 è partito un corteo che ha fatto un giro tra le vie prospicienti al presidio allestito in C.so Brunelleschi angolo via Monginevro.
Nel video che segue, Alda Re e l’avv. Vitale danno un’idea abbastanza precisa di ciò che è stata la giornata e di ciò che sono e rappresentano i Centri di Permanenza per il Rimpatrio.
Certo c’è molto da fare, sebbene la risposta delle raccolte di vestiario e cibo sia andata bene, occorre una grande mobilitazione da parte dell’opinione pubblica.
Da più parti ormai viene denunciato che la condizione nella quale versano gli “ospiti” dei CPR, che ricordiamo essere strutture private, è preoccupante, ci sono troppi decessi, e infine preoccupa ancor di più il fatto che la condizione dei “detenuti” dei CPR non possa essere accertata.
La sensazione, quindi, è che sia occultata per far si che non si conosca, ma se fosse una condizione decorosa: perché “occultarla”?
Fabrizio Maffioletti
1/2/2020 www.pressenza.com
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