Pubblico impiego, l’autunno è caldo tra buste paga in picchiata, esuberi dalle Province e rinnovo del contratto
Secondo una recentissima indagine la stragrande maggioranza delle buste paga del pubblico impiego, ovvero quelle degli impiegati e degli insegnanti si sono ridotte dello 0,3%, mentre ad aumentare sono i redditi delle fasce alte, cioè magistrati e dirigenti. Secondo i dati contenuti nell’annuario statistico della Ragioneria generale dello Stato, ed elaborati dall’Adnkronos, le retribuzioni complessive dei giudici nel 2013 sono aumentati dello 0,6%, pur con tutto il blocco dei contratti. E questo ha fatto sì che l’assegno degli insegnanti e degli impiegati, quindi, sia diventato meno di un quarto rispetto a quelli delle fasce più alte. Un fenomeno che i sindacati segnalano da tempo e che è legato all’anzianità di servizio. Per le fasce basse porta ad una diminuzione perché comunque l’effetto drenante del mancato rinnovo è più forte della progressione.
In sette anni il pubblico impiego ha infatti perso, come ricordano i Cobas in un documento – quasi 7000 euro di potere di acquisto “tra contratti non rinnovati, fondi della contrattazione decentrata bloccati, mancate progressioni economiche per non parlare delle ripercussioni negative sulle future pensioni calcolate come saranno solo sulle contribuzioni versate”.
Proprio nei giorni scorsi, Cgil cisl uil hanno scritto una lettera al Ministro Madia per riprendere la trattativa sui contratti pubblici, una lettera “che sembra in realtà una supplica”, sottolineano polemicamente i Cobas, al Governo Renzi, “priva di contenuti e ancor piu’ di prospettive”, secondo la valutazione di Federico Giusti, che nei Cobas si occupa proprio di Pubblico impiego.
Per settimane Cgil Cisl Uil “si sono visti segretamente con il Governo per discutere di tutto (riduzione dei comparti contrattuali della Pubblica amministrazione a 4) ma non di quello che realmente serve: contratti rinnovati con reale aumento del potere di acquisto, stipendi in linea col il costo della vita e servizi adeguati”. Va ricordato che la sentenza della Corte Costituzionale n. 178/2015 ha dichiarato “incostituzionale” la sospensione della contrattazione collettiva (sono 5 anni) non ha sancito l’obbligo del rinnovo contrattuale né tanto meno ha determinato una retroattività (rinnovo per tutti gli anni perduti).
“La verità è sotto gli occhi di tutti e sancisce la sconfitta politica, sociale e culturale del sindacato cosiddetto rappresentativo –continua Giusti – rappresentativo nel senso che resta il migliore interlocutore per il Governo che non vuole ostacoli e opposizione alle manovre in atto. In questi mesi perfino il tavolo con Cgil Cisl Uil è stato disatteso, il Governo va spedito verso l’approvazione di decreti legislativi che stravolgono i diritti inalienabili (salute, lavoro, istruzione…) e cancellano migliaia di posti di lavoro e di servizi nella Pubblica amministrazione”.
Il ministro della P.A, Marianna Madia, nei giorni scorsi ha dato mandato all’Aran, il braccio operativo dell’esecutivo nelle negoziazioni, per riaprire il tavolo convocando i sindacati sulla questione dei comparti, che in base alla riforma Brunetta, rimasta inattuata, dovrebbero essere ridotti da undici a non più di quattro. Intanto, sempre sul fronte Pubblica Amministrazione, è entrato in vigore il decreto che detta tempi e criteri per l’operazione mobilità. Un crono-programma scandito tappa per tappa, con le prime scadenze ad appena dieci giorni. Tra le date da appuntare c’è sicuramente il 31 ottobre, termine entro cui le Province dovranno stilare gli elenchi con tutti gli esuberi. Si preannuncia così un autunno cruciale per i dipendenti pubblici. In realtà per come il Governo ha scritto il provvedimento di abolizione delle Province non c’è alcuna sicurezza del passaggio “da posto di lavoro a posto di lavoro”. Anche perché i comuni sono soggetti a precisi vincoli di spesa.
Per tornare alle buste paga, il valore medio della retribuzione complessiva nel pubblico impiego nel 2013 è di 34.505 e rispetto a due anni prima risulta dell’1,4% inferiore. Il taglio generalizzato non sembra però toccare i primi classificati che, nello stesso periodo, hanno visto crescere il proprio reddito dell’8,6%. Ai vertici della classifica, a notevole distanza dai colleghi in toga, si posizionano i prefetti con 91.184 euro, seguiti dai diplomatici con 88.492 euro. Rispetto all’anno precedente in entrambi chi ha scelto la carriera prefettizia registra una riduzione dell’1,5%, mentre per chi si è dedicato alla carriera diplomatica il calo è stato del 4,4%. Per chi ha scelto la carriera penitenziaria, invece, il calo è stato del 2,4% portando il reddito del 2013 a 79.549 euro. Retribuzioni molto elevate vanno anche al personale delle autorità indipendenti, con 83.062 euro.
Dal lato opposto della classifica, gli insegnanti si trovano in compagnia dei dipendenti delle regioni e autonomie locali (29.626 euro), e dei dipendenti ministeriali (29.899 euro). Rispetto all’anno precedente non si registrano variazioni per i primi, mentre per il secondo gruppo c’è un leggero aumento (+0,7%).
Fabio Sebastiani
4/10/2015 www.controlacrisi.org
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