Per il ritiro di qualunque Autonomia differenziata

Il 16 gennaio il ddl Calderoli va in Aula in Senato, dopo il passaggio in commissione Affari Costituzionali, che non ha modificato in maniera sensibile il testo presentato dal ministro degli Affari Regionali; anzi, per volontà della maggioranza, è stato in alcuni articoli relativi al regime finanziario addirittura peggiorato.

Il calendario dei lavori prevede 3 giorni di discussione: entro 19 il testo dovrà essere licenziato; un passaggio fulmineo, uno strangolamento dei tempi di discussione del Senato considerando l’entità della posta in gioco, ovvero la devoluzione della potestà legislativa esclusiva su 23 materie che riguardano la nostra vita quotidiana (tra cui lavoro, ambiente,
sanità, istruzione, infrastrutture, rapporti con l’UE), e che determinerà nel Paese diritti diversi in base alla regione di residenza. Il tutto senza nemmeno la definizione dei LEP, Livelli essenziali di prestazione a garanzia dei diritti sociali, come previsto in Costituzione.

A nulla sono valsi i moniti di Unione Europea, Ufficio Parlamentare di Bilancio, Corte deiConti, Banca d’Italia, Confindustria e persino della Cei, che – con diversi accenti – hanno sottolineato come l’autonomia differenziata aumenterà le diseguaglianze tra Nord e Sud.
All’interno dello stesso territorio, da Nord a Sud, poi, chi è ricco sarà colpito dalla privatizzazione dei servizi, che però potrà pagarsi; chi non lo è, subendo un taglio dei servizi pubblici, vedrà lesa la garanzia al godimento dei diritti universali.

L’abbassamento delle condizioni di vita colpirà ovunque e chiunque.
Il governo ha deciso di procedere spedito, in parallelo con il progetto di premierato forte: un’altra picconata all’edificio costituzionale.

Da Catania a Torino, da Milano a Napoli, a Bologna, Trieste , Padova, Potenza, Bari il Tavolo No AD (composto da sindacati, associazioni, partiti politici, comitati) il 16 gennaio sarà in piazza per dire no alla divisione della Repubblica e alla istituzionalizzazione delle diseguaglianze, e per dire sì all’uguaglianza dei diritti da Nord a Sud e al superamento degli
squilibri territoriali.

Cittadine e cittadini consegneranno nelle prefetture un documento di protesta verso il governo con la richiesta che ritiri il ddl Calderoli; in Veneto verrà consegnato direttamente alla Presidenza della Regione, antesignana dell’autonomia differenziata.

A Roma, in piazza della Rotonda, il presidio si terrà dalle 15,30 alle 19,30 e darà vita a una staffetta che accompagnerà i lavori dell’aula del Senato per tutto il ristretto tempo di discussione. Ė prevista la presenza di senatori, di esponenti delle forze politiche, sindacali, associative.

Tavolo No Autonomia differenziata

Comitato Nazionale per il ritiro di qualunque Autonomia differenziata, l’uguaglianza dei
diritti e l’unità della Repubblica

https://perilritirodiqualunqueautonomiadifferenziata.home.blog/

Alla cortese attenzione del Sig. Prefetto di ____________
con preghiera di trasmissione al Governo

Oggi, 16 gennaio 2024, mentre in Senato si avvia la discussione del disegno di legge 615 per l’attuazione
dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, proposto dal ministro Calderoli e fatto proprio
dal governo Meloni, in tutto il Paese e nei pressi del Senato si tengono presìdi di protesta per chiedere che
esso venga bloccato.
Il ddl Calderoli mina l’unità della Repubblica e i diritti sociali, aggravando le già drammatiche disuguaglianze
e gli squilibri territoriali. Per questo, ogni presidio è a difesa dei principi della solidarietà, dell’uguaglianza e
dell’unità della Repubblica, come sanciti negli articoli 2, 3, 4 e 5 della Costituzione.
Contro il ddl Calderoli si sono svolte decine di manifestazioni, locali e nazionali, si sono fatte sentire tante
voci di denuncia da parte di costituzionalisti, economisti, sindacati, associazioni, forze politiche, che il governo
Meloni non ha volute ascoltare.
Le manifestazioni di oggi sono in continuità con la mobilitazione inaugurata nel 2018 dai Comitati Per il Ritiro
di ogni Autonomia Differenziata per denunciare e contrastare le prime pre-Intese di Lombardia, Veneto ed
Emilia-Romagna; dal luglio del 2019 questa mobilitazione si è via via organizzata in un Tavolo Nazionale
NO-AD, espressione di tutte le forze politiche, sindacali, associative e di singoli cittadini e cittadine che
vogliono fermare il ddl Calderoli.
Per aggirare questa resistenza e gli allarmi lanciati da più parti – perfino dalla Banca d’Italia e dalla
Confindustria – il governo aveva inserito nel ddl una condizione per l’attuazione dell’AD: la definizione e la
realizzazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP).
Ebbene, come era prevedibile e come noi stiamo sostenendo da cinque anni, il progetto di definizione dei LEP,
avviato con la Legge di Bilancio 2023, si è rivelato velleitario e pasticciato. Velleitario, in quanto ciò che non
si è fatto in 22 anni – da quando, cioè, la “controriforma” del Titolo V sancì l’obbligo della loro determinazione

  • non lo si poteva certo attuare in un anno. Pasticciato, perché il testo del ddl 615, come riscritto dalla
    Commissione, all’articolo 3, prevede che siano emanati decreti legislativi e non più DPCM (Decreto del
    Presidente del Consiglio dei Ministri), come originariamente voleva Calderoli; mentre il ‘Milleproroghe’ di
    quest’anno prescrive che la Cabina di regia, cui è affidata la definizione dei LEP, predisponga DPCM, in netto
    contrasto con quanto votato dalla Commissione del Senato.
    Tutte queste incoerenze non riescono a nascondere una realtà che è sotto gli occhi di tutti, tanto che persino
    l’Ufficio Parlamentare di Bilancio – oltre alla SVIMEZ – hanno evidenziato che per tentare di sanare i divari
    tra Nord e Sud e tra territorio e territorio all’interno delle singole Regioni sarebbe necessario uno stanziamento
    minimo di 90 mld di euro, cifra che nessun governo è in grado di stanziare.
    La determinazione dei LEP non è altro che uno specchietto per le allodole per manipolare Parlamento e
    opinione pubblica, per ottenere l’approvazione del DDL 615, che aggraverà le già drammatiche disuguaglianze
    presenti nella società italiana – quelle tra Nord e Sud del Paese, come quelle all’interno dei diversi territori. Il
    ddl Calderoli è una mina posta sotto i diritti di tutti i cittadini e le cittadine ovunque risiedano. Inoltre esso
    produrrà un’accelerazione dei processi di privatizzazione di sanità, istruzione, servizi pubblici, ricerca. Avrà
    poi l’effetto di spezzare in tanti accordi regionali i contratti nazionali, mettendo in concorrenza le Regioni
    attraverso una corsa al ribasso dei salari e delle condizioni di lavoro. Il risultato sarà un dumping sociale, che
    fino a ieri si attuava, purtroppo, solo in competizione con altri Paesi e che domani sarà invece messo in atto
    addirittura all’interno della Repubblica.

Persino la Commissione Europea, la Banca d’Italia, la Confindustria hanno denunciato questi rischi; ma il
governo, nel disprezzo totale di questi moniti, ha deciso di procedere comunque.
Il ddl Calderoli – questo sarà l’esito finale – spezzerà l’unità della Repubblica, creando venti micro-Stati, con
diversificazioni nel campo della legislazione, delle prassi regolamentari, dei servizi pubblici, delle condizioni
ambientali, dei rapporti con l’UE, via via consolidando anche culture locali separatiste e esclusiviste.
Per questo il progetto Calderoli è eversivo. Abbinato alla realizzazione del cosiddetto “premierato forte”
porterà – se approvato – al capovolgimento dei principi costituzionali sanciti dalla Assemblea Costituente e
concretizzati nella Carta del 1948. Non c’è dubbio, infatti, che non ci troveremmo più in una Repubblica
parlamentare, in un regime di democrazia rappresentativa, ma in venti micro-Stati nei quali il/la cittadino/a
verrebbe schiacciato tra due poteri accentrati: quello dei governatori regionali e quello del premier nazionale.
Tutti poteri autocratici.
Che il governo sia rimasto sordo a tutte le voci che si sono levate è scandaloso e, per fermarlo, non rimangono
che il Parlamento e una forte mobilitazione popolare. Con i nostri presìdi ci rivolgiamo ai Parlamentari:
certamente a quelli dell’opposizione, ma anche a quelli che, all’interno della maggioranza, hanno a cuore
l’unità della Repubblica, il ruolo sovrano del Parlamento, la democrazia rappresentativa, la giustizia sociale e
chiediamo loro di respingere il ddl Calderoli. I processi storici maturano lentamente, ma poi arrivano a punti
di rottura: la “riforma” del Titolo V della Costituzione, approvata nel 2001, ha previsto l’Autonomia
differenziata, che – rimasta “silente” per più di vent’anni – avrebbe oggi, se attuata, conseguenze gravissime,
delle quali ogni parlamentare porterebbe la responsabilità.
Fermatevi dunque, non seguite il governo su questa china pericolosa!
Votate NO al DDL Calderoli, difendiamo tutti e tutte insieme l’unità della Repubblica, garanzia di vera
uguaglianza dei diritti, di vera giustizia sociale, base necessaria per il superamento del divario tra Nord e Sud
e di emancipazione per le fasce più deboli della popolazione, ovunque risiedano.

Tavolo No Autonomia differenziata

Comitato Nazionale per il ritiro di qualunque Autonomia differenziata, l’uguaglianza dei diritti e
l’unità della Repubblica

13/1/2024

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