8M: clamoroso successo dello sciopero femminista
È ancora presto per fare un bilancio completo. Come sempre, di fronte a un evento di questa portata, ci vuole tempo per conquistare uno sguardo di insieme. A maggior ragione per l’estensione effettivamente globale dello sciopero. Così come non è semplice comparare quanto accaduto ieri con i due precedenti, l’8 marzo del 2017 e del 2018.
Alcune cose, da una prospettiva indubbiamente situata e parziale, possiamo però affermarle. Schematicamente, e promettendo fin da ora maggiori approfondimenti:
- La marea transfemminista si conferma il più imponente movimento di opposizione alla svolta autoritaria, sessista e razzista del capitalismo neoliberale. Essendo questa svolta mondiale, da Trump a Putin, da Orban a Bolsonaro, da Salvini a Modi, solo l’iniziativa transnazionale di Non una di meno ha avuto e ha la capacità di sfidare la barbarie machista sul suo stesso terreno;
- Grazie a Non una di meno, lo sciopero è tornato a essere uno strumento di lotta nelle mani di chi, precario e senza diritti, è sfruttato quotidianamente sul posto di lavoro, nel passaggio da un lavoro all’altro, tra ammortizzatori sociali e disoccupazione. Di più: lo sciopero femminista non limita la battaglia alla produzione (quanto avviene sul posto di lavoro), ma dispiega il conflitto anche nella riproduzione della vita, che riguarda le mura domestiche, la divisione sessuale del lavoro di cura, dunque anche l’ambito del welfare, così come alcuni tratti decisivi di tutto il lavoro contemporaneo (relazione, affettività, piena disponibilità del tempo etc.);
- In Italia, lo sciopero di ieri è stato effettivo, consistente, diffuso. Dalla Sanità alle Società di Stato, dai Trasporti alla Scuola, dalle Coop alla Logistica. Ciò nonostante la CGIL, per il terzo anno di fila e salvo alcune categorie del Lazio, abbia deciso di non raccogliere l’appello di Non una di meno e dunque di non proclamare lo sciopero generale – così come invece hanno fatto le sigle del sindacalismo conflittuale e indipendente, tra le quali anche noi. Questa linea, nelle parole scelte per chiarire a mezzo stampa, conferma una tendenza tutta italiana a marginalizzare la generazione precaria, tanto compianta quando col cervello fugge all’estero quanto maltrattata quando prova ad alzare la testa in terra italica. Una linea che ripropone il monopolio confederale dello sciopero e della rappresentanza, senza fare i conti con la realtà: quella di un’intera generazione di lavoratrici e lavoratori più qualificata e nello stesso tempo più povera, contrattualmente fragile, delle generazioni precedenti;
- Nelle mobilitazioni mattutine romane, alle quali le CLAP hanno maggiormente contribuito, importante è stata la partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori della Sanità (“Villa delle Querce”, Capodarco, ASL Rm1, ecc.) e delle Società di Stato (da SOGESID ad ANPAL Servizi, a SISTRI, ecc.). Vertenze esemplari che, in combinazione virtuosa con Non una di meno, hanno preteso un confronto diretto col Governo. Impossibile non rilevare che le interlocuzioni istituzionali, che pure potevano definire aperture sostanziali rispetto ai problemi posti, problemi tra l’altro già noti ai Ministeri, sono state inadeguate. Motivo in più per riprendere quanto prima l’iniziativa, affinché la battaglia contro appalti, esternalizzazioni, disparità e crisi occupazionali sia vincente, e imponga una decisiva inversione di rotta alle politiche pubbliche degli ultimi decenni.
Grazie a Non una di meno, alla sua forza dirompente. Grazie alle lavoratrici protagoniste dello straordinario sciopero di ieri. Grazie a tutte e tutti coloro che ieri, in centinaia di migliaia in ogni angolo del mondo, hanno occupato le strade e le piazze, contro la violenza e le discriminazioni di genere, contro lo sfruttamento che queste violenze sollecita e diffonde.
CLAP – Camere del Lavoro Autonomo e Precario
9/3/2019 www.clap-info.net
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