Come dopo la seconda guerra mondiale, nella seconda Repubblica sempre più italiani sono costretti a emigrare per mangiare e non cadere nella depressione presuicidio, come tanti hanno scelto negli ultimi anni di questa dittatura politico mediatica dei satrapi al potere. > Non è un paese per giovani, per adulti, per vecchi…
Italia, terra d’emigranti. L’”austerità espansiva” – una vera boiata fatta passare per una verità economica – ha prodotto un autentico miracolo: è esploso il numero degli italiani che se ne vanno.
Ma attenzione: non si tratta del fenomeno già censito e analizzato, quello per cui sarebbero soprattutto giovani, e in preferenza paureati, a cercare fortuna altrove. No. I dati pubblicati dal Centro Studi della Confederazione Nazionale dell’Artigianato indicano una realtà assai più composita e meno affrontabile a forza di luoghi comuni senza spessore.
Nel periodo 2007-2013, infatti, risultano emigrati all’estero 620mila cittadini di questo paese. Quasi il doppio rispetto ai 7 anni precedenti. Ma il fenomeno va accelerando con il persistere della crisi: solo nel 2013 hanno varcato i confini oltre 125mila adulti.
E qui si arriva al dato nuovo, incompatibile con le vecchie spiegazioni: il nuovo boom di espatri è trainato da emigrati con i capelli grigi: negli anni della crisi l’incremento degli espatriati italiani con un’età tra 40 e 49 anni è stato pari al 79,2%. +51,2% nella fascia 50-64 anni.
Altro che voglia di “mettersi alla prova”, “gusto per il rischio”, “ricerca di contesti meno oppressi da burocrazia e fisco”, ecc, insomma. Si emigra a qualsiasi età, soprattutto se si conosce già un mestiere e qui – quel mestiere – non riesci più a farlo perché l’azienda ha chiuso oppure ha cominciato a licenziare per mantenersi “competitiva”, specie dopo una svendita a multinazionali straniere. Oppure perché sei un buon artigiano che viene travolto dal lavoro in nero. Ma tra gli emigranti vanno conteggiati anche imprenditori che cercano di mantere la “competitività” cercando paesi col costo del lavoro più basso e tax free.
Classi sociali diverse, persino contrapposte, che non possono essere considerate come eguali sotto la definizione di “emigranti”. Ma che nel complesso fotografano un paese non più in grado di sviluppare sia l’economia che il benessere generale.
Resta da capire perché, sul fenomeno dell’emigrazione crescente, si preferisca veicolare una pseudo-spiegazione di comodo (“cervelli in fuga”, una minoranza, per quanto molto significativa) anziché affrontarla come il sintomo del declino. E agire di conseguenza. Un’idea, noi, ce la siamo fatta…
Redazione
18/8/2014 www.contropiano.org
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!