Brexit, alla fine l’unico potere che lor signori vogliono difendere strenuamente è quello delle banche
Giornali inguardabili, opinionisti che sembrano astrologhi da call center, ideologia di bassa lega distribuita a pacchi, come vuol fare Draghi con l’elicopter money; cancellerie europee nel panico più completo, molto più preoccupate dei loro rispettivi equilibri interni che non del futuro dell’Europa.
La Brexit ha ottenuto alcuni “effetti collaterali” non di poco conto. Addirittura c’è chi pensa di ritornare alle urne. Che fine farebbe la credibilità della politica, già sottozero? Sulle conseguenze politiche, meno che mai su quelle economiche, c’è da prendere tutto con molta cautela. Difficile che i tecnocrati di Francoforte e di Berlino abbiano una qualche forma di resipiscenza per quanto riguarda l’austerità, e tutto il resto. Il massimo che sono riusciti a pensare, solo pensare, per carità, è un Vecchio continente a due velocità, il che vorrebbe dire maggiori tutele per una elite e più povertà per gli altri.
Dalla loro hanno comunque un lungo periodo, circa due anni, per consumare il distacco vero e proprio con Londra. E non è poca cosa. Basta dare un’occhiata ai primi smozzicati resoconti politici per rendersi conto del muro di gomma che circonda la vera sostanza del problema, ovvero i rapporti economici contenuti nei vari trattati commerciali. In questi due anni, paradossalmente, Londra potrebbe fare la parte del leone, considerando che la voglia di “Brexit” ormai agisce come un virus.
I rapporti di forza sono i rapporti di forza. E per il capitale è ciò che conta davvero. E i rapporti di forza passano per le banche in questo momento. Per dirla con le parole di Emiliano Brancaccio: “Se ci saranno forti ripercussioni sul settore bancario la situazione potrebbe precipitare anche nei rapporti interni all’eurozona”. Tutte le maggiori istituzioni del settore, per il momento, hanno deciso di far quadrato. E questo sembra bastare. Insomma, per la parte vincente del capitale, quella finanziaria e speculativa, si tratta di attestarsi, più faticosamente delle altre volte, su un nuovo punto di equilibrio. E da lì continuare a cavare profitti come se niente fosse. Ciò che verrà deciso realmente nei prossimi vertici europei non sarà certo il futuro dei cittadini europei o dei ventitre milioni di disoccupati ma gli assetti di potere delle banche francesi e italiane rispetto a quelle tedesche. Tutto qui.
Da un punto di vista strutturale, si stanno fronteggiando due opposte linee economiche. “C’è una lotta in corso tra le tendenze liberoscambiste del grande capitale e le pulsioni protezioniste dei proprietari più piccoli e maggiormente in affanno”, sottolinea sempre Brancaccio. Difficile dargli torto. Difficilie non registrare il dato che è questa la “continuazione della guerra” con altri mezzi; di quella guerra che prevede la distruzione di ricchezza, di risorse umane, con mezzi non convenzionali, e di strutture produttive.
Per chi era già in una situazione di difficoltà, come l’Italia, non cambierà molto. Non a caso, la parola “rischio”, per il momento, viene associata solo a quei risparmiatori che avevano deciso di affidare i propri sogni a qualche allegra speculazione sui mercati dei titoli. Al resto, cioè alla possibilità che si torni a ballare sullo spread, ci pensa la Bce, almeno per il momento.
Fabio Sebastiani
26/6/2016 www.controlacrisi.org
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