L’obiezione di coscienza è un abuso di potere legittimato dallo Stato.

Non è corretto parlare di obiezione di coscienza in merito ai medici antiabortisti, in quanto l’obiezione di coscienza implica che al rifiuto di compiere un’azione imposta giuridicamente in virtù di proprie convinzioni etiche o religiose corrisponda una sanzione. Il diritto all’obiezione di coscienza venne introdotto in Italia nel 1972 in relazione al servizio di leva obbligatorio e prevedeva la sostituzione dell’anno di leva con un analogo periodo di servizio non armato e non retribuito presso strutture pubbliche o private. Il personale sanitario che impedisce a una donna di accedere legittimamente all’IVG o si rifiuta di somministrare la pillola del giorno dopo non è considerato sanzionabile quindi compie semplicemente un abuso di potere.

L’obiezione di coscienza, contemplata dalla 194, è prevista a fronte di interruzione volontaria della gravidanza, non è applicabile nei casi di aborto terapeutico. Il recente caso della donna di Catania morta di setticemia alla 19ma settimana di gravidanza in seguito al rifiuto di un ginecologo obiettore di asportare i feti in stato degenerativo fino a che il cuore non avesse smesso di battere è evidentemente un caso di omicidio colposo e si annovera tra i tanti casi di negligenza medica.

Il problema dell’obiezione di coscienza, incivilmente diffusa tra il personale ostetrico/ginecologico, sta rendendo inagibile l’applicazione della 194 soprattutto al sud, dove la percentuale dei medici religiosamente impossibilitati ad eseguire un aborto chirurgico è del 83%, in alcuni casi è addirittura l’intera struttura sanitaria a dichiararsi indisponibile a praticare l’IVG (l’obiezione di struttura non è prevista dalla legge). Mediamente, in Italia, solo 3 medici su 10 si dichiarano disponibili all’applicazione della legge.

Sulla base di questo dato, 7 italiani su 10, nella fascia di scolarizzazione più alta, sarebbero quindi cattolici osservanti. Seppure l’ISTAT abbia smesso di censire la religione degli italiani da quando ha registrato una crescente tendenza a dichiararsi atei, sono le inchieste condotte dalla chiesa a smentire che stiamo vivendo un’onda di rinnovata spiritualità religiosa.

A luglio 2016 il Consiglio d’Europa ha accolto un esposto della Cgil secondo cui il personale medico che non fa dichiarazione di obiezione di coscienza è soggetto “a diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti” e ha riconosciuto in Italia un’oggettiva difficolta’ di accesso alla 194 che viola i diritti umani. Il Parlamento Europeo nel 2015 ha votato a favore dell’aborto volontario riconoscendone la piena legittimittà in virtù del diritto delle donne ad avere il controllo del proprio corpo in ambito sessuale e riproduttivo. In 25 stati membri dell’UE l’aborto è considerato un diritto; in Svezia l’obiezione di coscienza non è contemplata e agli studenti specializzandi in ginecologia-ostetricia viene consigliato di scegliere un’altra specialità se dimostrano di avere problemi di qualche genere nei confronti dell’aborto. In generale è ammesso unamimemente che lo stato che si dichiara laico non può tollerare l’obiezione di coscienza sanitaria.

Mentre la ministra Lorenzin lancia il Fertility Day e declassa alcuni farmaci anticoncenzionali dalla fascia A, l’assessore alla sanità del Piemonte propone di escludere la contraccezione orale dai Lea, i livelli essenziali di assistenza garantiti dalla sanità pubblica a carico del servizio sanitario nazionale. Questa mossa farebbe risparmiare alla sanità piemontese 1 milione di euro, scaricando l’onere , ancora una volta, sulle donne, in particolare sulle fasce meno tutelate.

A questi evidenti attacchi al diritto della donna di gestire il proprio corpo portati avanti dalle istituzioni, bisogna aggiungere la tracotanza con cui i “movimenti per la vita” sono penetrati nei consultori in qualità di agevolatori della gravidanza, snaturandone la funzione sociale stabilita dalla legge 405/1975, che istituiva i consultori famigliari affermando il principio della gratuità del servizio e della contraccezione. Tra il diritto del medico a fare obiezione e il diritto del nascituro ad essere messo al mondo, l’unica a non avere diritti ancora una volta è la donna.

Chiara Marzocchi

Collaboratrice del periodico Lavoro e Salute

23/10/2016

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