Messaggio e comprensione

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Secondo l’analisi di Mimmo Candito, su La Stampa del 10/01/2017, l’80 % degli italiani non capisce quello che legge. Guardiamo, tocchiamo, leggiamo, ascoltiamo e non comprendiamo. Il dibattito dovrebbe interessare tutti, perché l’allarme è tangibile, riscontrabile da chiunque. La situazione è critica, ad esempio molti hanno la sensazione di un mondo che sta cambiando, ma non avvertono il timore logico di una guerra mondiale. Viviamo attraverso immagini e riflessi di immagini, le parole hanno perso il loro valore, l’esattezza, la determinazione.

Cerco un esempio pratico. Scrivere “passeggiavo tra gli alberi”, non è come scrivere “passeggiavo tra i pini”. Tanto più il linguaggio è grossolano, tanto più è evidente il distacco tra messaggio e comprensione. L’80% degli italiani, sempre secondo alcuni sondaggi e parametri con la documentazione Istat, non riesce a sintetizzare ciò che ha letto. A tutti capita di passeggiare tra gli alberi, ma se passeggi tra i pini, possibile che tu sia in montagna o magari in una città come la mia: Pescara.

Le venature, le articolazione di un linguaggio corretto solleticano la logica e l’impronta emozionale di qualsiasi discorso.

L’incapacità di produrre un’opinione sensata è una normalità, come parlare con qualcuno e rendersi conto di aver parlato a un muro. La nostra nazione é come quella Iberica, le capacità intellettive sono quasi la metà dei paesi nord europei.

Cito Noam Chomsky, perché opportuno : La cosa più mostruosa è proprio questa: siamo sicuri che dobbiamo esportare il nostro modello di civiltà nel resto del mondo perchè questo è (dal nostro punto di vista) l’unico modo decente per vivere

La cultura è l’insieme di un vissuto, l’interesse costante verso i cambiamenti strutturali, capacità di analisi. Cultura è la volontà di aggredire il lassismo, andare fino in fondo e creare, deliberare la propria identità, la propria opinione. Cito anche Ferdinand de Saussure, fu il primo a parlare di Significante, Significato e (referente). La distanza dal suono emesso con le parole e il ricettore che analizza, prim’ancora di assimilare le parole, è notevole.

A parte il discorso tecnico, che forse interessa pochi, bisogna rimarcare che “L’ignoranza del tuo vicino è la tua ignoranza”. Non ci si salva schivando la massa, perché quel 20% capace di comprendere, spesso è il più egoista e il più competitivo, quindi rientra fedelmente in quell’accozzaglia di analfabeti funzionali. Per cambiare lo stato di fatto, i governi futuri dovrebbero puntare tutto sul sistema educativo. Una cattiva comunicazione incarna alla perfezione una civiltà votata allo sfascio.

Gli italiani conoscono meglio le regole del calcio, che le regole basilari della grammatica, questo è un altro punto a nostro sfavore.

Il problema non è risolvibile con una prescrizione medica. Tutta la nefandezza di un’epoca si concilia con un uomo che si ritira, che rinuncia al pensiero, che associa la libertà con il potere di comprare, consumare. La cattiva ricezione di un messaggio, comprende anche l’annullamento della persona. Diventa sempre più difficile parlare e trovare punti d’incontro. l’incapacità di unire la lotta è una costante del nuovo mondo e in questa laguna nuotano i furbi.

Emilio Garroni, val la pena ricordare un pensiero italiano, scrisse “se non percepiamo in modo completamente determinato, non possiamo neppure percepire in modo completamente indeterminato”. Ogni suono emesso corrisponde a un’immagine, una figura, quindi possiamo: o capire tutto o non capire, le vie di mezzo sono nostre supposizioni. I migliori rapporti, le più importanti relazioni devono la loro fortuna alla capacità di comunicare figure, che l’altro/a non ha difficoltà a comprendere, a recepire. Nel nostro vivere quotidiano è fondamentale chiarire ogni particolare con la persona amata. Rimane l’unico modo per accrescere e vivere nel sentimento comune, nell’idea comune, nel sogno comune.

Diventiamo sempre più analfabeti funzionali, dal momento in cui, ci vietano di chiedere chiarimenti. L’esempio pratico è la tv, presenza attiva in quasi tutte le case. Ogni fotogramma si assembla con la voce e, nel tempo della disfatta, diventa una verità inossidabile.

La nostra situazione prevede la sostanziale incomunicabilità, l’indeterminazione delle parole e la ricezione squilibrata.

Bisogna intervenire al più presto, perché non è mai troppo tardi, perché siamo già ai minuti finali della partita. Correre ai ripari, correre comunque, creare punti d’incontro anche nel nostro piccolo, stringere forte il pugno e relegare in uno stanzino, quel sentimento sbiadito, quel frustante oblio in cui versiamo. Il linguaggio chiaro non deve essere confuso con il linguaggio trasparente, sono due fenomeni diversi. La trasparenza di un messaggio non è dissimile da un vestito trasparente, dove l’immagine coglie aspetti nuovi, ma sempre offuscati, adombrati dalle nostre intuizioni.

Il linguaggio chiaro, accessibile, diretto e non essenziale, è l’unico strumento in mano a chi scrive, chi parla in pubblico. Il linguaggio chiaro è partigiano, da l’esatta posizione del pensiero, non possiamo sperare in un miracolo. Credere nell’uomo e nella sua capacità di cambiare il corso degli eventi, potrebbe essere un’illusione. Se, invece, lo avvertiamo come bisogno primario, possiamo correggere questo “male di vivere”, con un inchino a Montale e la pazienza dovuta al caso. Sicuramente, per qualcuno la malattia è inguaribile, la ferita sanguina troppo, per cui sente, come bisogno primario, il progressivo abbandono del campo, della terra.

In casi simili, la perdita è gradita.

Antonio Recanatini

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

23/1/2017 www.lavoroesalute.org

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