Le ragioni dei “donatori di lavoro”

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La costanza e la determinazione cui Pietro Ichino ricorre – per supponenza e, talvolta, distorcere la realtà – meriterebbero migliore causa rispetto a quella cui pare votato: sostenere, senza se e senza ma, le ragioni dei padroni (altrimenti detti:”donatori di lavoro”).

Dopo aver contribuito – molto positivamente, dal suo punto di vista – a rendere assolutamente insignificante la presenza o meno della c.d. “giusta causa” nei licenziamenti individuali, il senatore ex “montiano” rientrato nel Pd “renzianizzato”, ha continuato con l’ineffabile “Contratto a tutele crescenti” nel quale, come a tutti noto, di “crescente” – a tutela del lavoratore – non c’è assolutamente nulla; a parte l’indennità a seguito di un licenziamento che può avvenire in qualsiasi momento e per qualunque motivo.

A parte i casi di discriminazione, si dirà. Il punto è che l’eventuale discriminazione, a danno del lavoratore, è – a suo carico – tutta da dimostrare!

Oggi siamo alla strenua difesa dei c.d. “buoni lavoro”; i “voucher”, come meglio noti.

Anche in quest’occasione, evidentemente, le preoccupazioni del senatore milanese sono tutte volte a sostenere la tesi secondo la quale il referendum proposto dalla Cgil (abrogativo dello strumento) è una vera e propria iattura e diventa assolutamente indispensabile garantire la sopravvivenza dei voucher.

La sua ultima “trovata”, a sostegno della salvaguardia di tale tipologia contrattuale, è costituita dal fatto che i voucher rappresenterebbero, in termini di ore lavorative, una frazione risibile delle ore di lavoro complessivamente svolte nel nostro Paese.

In questo senso, la Cgil denuncia che i circa 130 milioni di buoni lavoro venduti nel corso del 2016 rappresentano, di per sé, un’evidente prova di abusi generalizzati e, a sostegno, richiama i dati e le rilevazioni che emergono dalla Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione.

Ichino sostiene, invece, che quelle stesse ore lavorative svolte attraverso il ricorso ai voucher – rappresentando appena o 0,2/0,3 per cento delle ore di lavoro regolare della forza-lavoro nazionale – non costituiscono l’evidenza di un abuso generalizzato nel lavoro accessorio.

Si tratta, in realtà, di un’evidente forzatura.

Anzi, a mio avviso, Ichino arreca una chiara offesa all’intelligenza dei suoi interlocutori quando – fidando nella loro stupidità – ritiene possibile convincerli che alla modesta incidenza delle ore di lavoro a mezzo voucher, sul totale nazionale delle ore di lavoro regolare, corrisponda, automaticamente, una reale garanzia circa il corretto uso degli stessi.

Al riguardo, sarebbe sufficiente leggere correttamente i dati congiunti, forniti nella Nota, del Ministero, Istat, Inps e Inail – senza, quindi, alcuna visione “di parte” – per rilevare alcuni (elementari) elementi che non possono essere sottaciuti e che rivelano una realtà ben lontana da quella prospettata dal senatore milanese.

E’ evidente, ad esempio, che quando, dai dati e dalle rilevazioni nazionali effettuate dai suddetti Enti, emerge che ai voucher fanno ricorso più le medio-grandi imprese – in particolare nei settori alberghiero, commercio, ristorazione, industria e terziario – piuttosto che le famiglie – per quei “lavoretti” di “nicchia”, cui i voucher erano stati inizialmente indirizzati – esiste un problema di uso distorto dello strumento. Le stesse amministrazioni pubbliche ne fanno un uso abbastanza “disinvolto”.

La stessa Uil – sì, proprio quell’Organizzazione sindacale favorevole al “Libro bianco”, agli accordi separati, alla contro-riforma del contratto a tempo determinato, al superamento dell’ art. 18 dello Statuto, alla riforma Fornero, al Jobs act, al contratto a tutele crescenti e a tutto quanto ne è scaturito – si è resa promotrice di un “Rapporto”, pubblicato pochi mesi or sono, nel quale si evidenziano le innumerevoli storture cui si prestano i voucher. A cominciare da quei lavoratori pagati per la prima ora a voucher e per le successive a nero; il tutto “in barba” a tutti gli sforzi sulla “Rintracciabilità”.

Al riguardo, non sono poche le fonti ministeriali che denunciano una serie di problematiche legate a una reale efficacia delle attività ispettive. Non ultima la misura delle sanzioni. Esse, in effetti, sono talmente esigue da spingere i datori di lavoro a correre tranquillamente i rischi connessi alle risultanze di una visita ispettiva.

In sostanza, quindi, di là di quanto si sforza di rappresentare il buon Ichino, i voucher si prestano a una serie infinita di abusi.

D’altra parte, lo stesso Inps – come riportato da Antonio Aloisi e Valerio De Stefano, attraverso le pagine di Linkiesta – non ricorre ad alcuna perifrasi per definire i voucher: ”La punta di un iceberg sotto cui si nasconde un “nero” di proporzioni ingenti”.

Renato Fioretti

Esperto Diritto del lavoro. Collaboratore redazione di Lavoro e Salute

6/3/2017

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