Tali comportamenti possono inquadrarsi in un vero e proprio disturbo della condotta in età infantile o adolescenziale e preludere a un disturbo antisociale di personalità negli stessi soggetti divenuti adulti
Adolescenza, quel disagio psichico di massa sfogato nelle sevizie sugli animali
Settecento i cani uccisi nel 2013 in Italia da minorenni, bruciati vivi, uccisi a bastonate o impiccati: questa la denuncia dell’Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente (AIDAA). Di questi casi, non sempre riportati da giornali e televisioni – recita il comunicato -, oltre 400 non potranno essere perseguiti penalmente in quanto gli assassini dei cani hanno un’età compresa tra i 10 e i 12 anni.
“Molti di loro hanno filmato torture e massacri e li hanno postati in rete. Dei 700 omicidi dei cani, secondo una stima raccolta consultando gli articoli di giornale e i servizi radio-televisivi in cui si parla di questi orrori, ben 330 sono stati commessi in orario in cui i giovani assassini dovevano essere a scuola”. Questo fenomeno è maggiormente diffuso nelle regioni del sud, al primo posto in Sicilia a Palermo e Catania, seguono Puglia, Campania e Sardegna, mentre al centro nord (dove i casi sono comunque pochissimi) ai primi posti spiccano Lazio, Abruzzo e Veneto.
Per fronteggiare istituzionalmente queste manifestazioni, a novembre 2013 il Ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha accolto in Aula al Senato un Ordine del giorno del settore Educazione-Scuola della LAV (Lega Antivivisezione) sul Decreto scuola per “l’inserimento delle materie relative alla tutela ambientale e alla protezione e ai diritti degli animali nei piani di studio a partire dalle scuole elementari, ma poi anche in tutte le scuole di ogni ordine e grado”. Già con il Protocollo rinnovato nel 2010 LAV e Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca si impegnavano a promuovere congiuntamente nelle scuole attività dedicate al rispetto dei diritti di tutti gli esseri viventi e alla sensibilizzazione su tali tematiche di docenti e studenti, e già la L. 189/2004 art. 5 contro i maltrattamenti degli animali sottolineava l’importanza di portare queste tematiche all’interno delle scuole; tuttavia se insegnare o meno il rispetto dei diritti animali è attualmente una scelta lasciata ai singoli docenti.
Violenze e maltrattamenti sugli animali da parte di ragazzi non vanno dunque sottovalutati o considerati fenomeni isolati: dietro questi episodi si ravvisa una situazione di disagio psicologico che sfocia in rabbia contro creature inermi, talvolta non esente da una componente esibizionistica, come dimostrano i video messi in circolazione in rete. Patrizia Lucignani de LaNazione.it –Toscana poco più di un anno fa ha proposto un’illuminante intervista alla psicologa e psicoterapeuta Lia Simonetti, nella quale vengono approfondite le implicazioni psicologiche che si celano dietro questi fatti.
Tali comportamenti possono inquadrarsi in un vero e proprio disturbo della condotta in età infantile o adolescenziale e preludere a un disturbo antisociale di personalità negli stessi soggetti divenuti adulti, in base ai criteri precisati nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali utilizzato da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo – sostiene la Simonetti. “Spesso questi soggetti presentano situazioni familiari e sociali in cui la violenza, intesa nella sua accezione più ampia, pervade l’ambiente relazionale e caratterizza un modello di vita che, anziché favorire le abitudini collaborative, promuove quelle competitive, per cui si legittima un esercizio di potere fino alla sopraffazione nei confronti di individui e specie considerati deboli (animali, ma anche bambini, donne, anziani, omosessuali, soggetti marginalizzati, immigrati) da parte di altri che si sentono gerarchicamente superiori”.
La reazione di fronte al soggetto debole – prosegue la dottoressa – può sfociare in empatia e compassione oppure in proiezione negativa: se i nostri sentimenti d’inadeguatezza non sono stati elaborati può accadere che trasformiamo il debole nella nostra occasione di rivalsa, facendone quindi una vittima incolpevole. “Siamo tutti portatori di sentimenti negativi quali aggressività, violenza, desiderio di sopraffazione; sta a ciascuno di noi, facendo riferimento alla propria griglia morale, decidere come indirizzare queste pulsioni. La capacità di attribuire dignità all’altro si sviluppa grazie a un’educazione familiare e sociale che prima di tutto ci veda destinatari di riconoscimento personale e di cura intesa come responsabilità”.
Bisogna anche tenere presente che spesso il comportamento di un ragazzo nel gruppo è diverso da quello che ha quando si trova da solo, tanto che per sentirsi parte del gruppo ed essere accettato difficilmente si tirerà indietro di fronte alle iniziative del branco o alla “forza” del leader, anche quando le azioni proposte sarebbero inaccettabili per la coscienza individuale e sociale – nota ancora la Simonetti. “Ecco allora che, in un gruppo nel quale il concetto della dignità dell’altro non sia fortemente consolidato, torturare e uccidere un animale indifeso costituisce per il ragazzo fragile una dimostrazione di virile brutalità che gli conferisce da parte del gruppo stesso una autorevolezza altrimenti irraggiungibile”.
In conclusione, la dottoressa ribadisce che la violenza verso gli animali abbraccia un fenomeno più ampio che impone a ogni società civile un risanamento: da parte dei genitori e delle famiglie da un lato, e dalle istituzioni dall’altro, allo scopo di “diffondere una cultura di rispetto verso ogni essere vivente, umano e non, promuovendo l’idea che lo sviluppo dell’empatia è l’unico elemento efficace nella prevenzione della violenza”.
Claudia Galati
25/02/2014 www.controlacrisi.org
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