Vogliamo un lavoro dignitoso: sulle assurde condizioni di lavoro alla E-Care
Quando si parla di recupero crediti istintivamente vorremmo girarci dall’altra parte, e anche quando non ci riguarda direttamente, il sentimento che suscita questa attività è solitamente di fastidio se non di rabbia. Eppure succede che a svolgere effettivamente questa attività, al di là delle società che ne gestiscono il servizio per conto di qualche altra azienda e ne fanno motivo di lucro, non solo ci sono comunissime persone che se potessero scegliere farebbero tutt’altro nella vita piuttosto che essere il bersaglio della rabbia di chi, soprattutto in un momento di crisi come questo, non ne vuole neanche sentir parlare di debiti, anche se poi è il loro pensiero fisso…ma accade anche che, sempre più spesso, questi lavoratori svolgono un’attività tanto complicata in condizioni lavorative e salariali a dir poco pessime. È quanto accade alle lavoratrici e lavoratori della E-Care, una società che si occupa di servizi di customer care, di assistenza alla vendita e recupero crediti per conto di notissime aziende quali Acea, Eni, Poste Italiane, etc.
Parliamo nello specifico delle lavoratrici e lavoratori che si occupano del servizio di recupero crediti stragiudiziale, ovvero la fase bonaria del recupero, quella in cui si tenta una conciliazione e una soluzione immediata, senza l’intervento di avvocati e giudici. Si tratta pur sempre di un’attività molto particolare, che richiede l’impiego di personale qualificato, pronto a fronteggiare situazioni complicate, delicate e anche rischiose. Eppure, per cominciare: il loro contratto di riferimento prevede una paga misera di 6,51 euro lordi l’ora da cui si sottrae la qualunque. Se c’è necessità di andare banalmente in bagno, bisogna segnalare questa interruzione di lavoro come pausa e quindi vengono sottratti dei minuti dalla paga finale. Infatti, la paga non è propriamente di 6,51 euro lordi l’ora, è al minuto! dipende da quanti minuti effettivamente si è lavorato, perché a fine mese si dividono i 6,51 euro per 60 minuti e si fa il calcolo di quanto si è lavorato minuto per minuto. La pausa, quella che riguarda i call center, regolamentata dal dlgs 81/2008 secondo cui il lavoratore ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti (2 ore) passati davanti al monitor, semplicemente non viene riconosciuta, perché si tratta di lavoratori di serie b, non sono mica lavoratori con un contratto “serio”, per lo meno determinato… così ne dà spiegazione il responsabile! Per cui, se decidi di tutelarti e fare la pausa che ti spetta, semplicemente ti sottraggono altri minuti e quindi altri soldi dalla tua paga.
È vero poi che il contratto che hanno questi lavoratori è non solo uno di quei contratti atipici odiosi che non ti tutelano su nulla, ma oltretutto fasullo. Si tratta del contratto di collaborazione coordinata e continuativa, che il Jobs Act avrebbe dovuto limitare nell’uso, in teoria, ma che ancora è diffusamente utilizzato, in pratica. Secondo le disposizioni si possono ancora stipulare co.co.co. solo in specifiche situazioni e comunque a condizione che il lavoratore sia libero di organizzarsi, scegliendo dove e quando lavorare. Insomma, se le prestazioni di lavoro sono organizzate dal committente bisognerebbe applicare la disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Eppure non accade esattamente questo alla E-Care: le lavoratrici e lavoratori gestiscono il backoffice, inseriscono pagamenti, reclami, hanno rapporti diretti con E-Care. La mail personale dei singoli lavoratori porta il nome della società, Sistemia, che gira alla E-Care diverse commesse provenienti dai diversi committenti, che a Sistemia garantiscono il 20% sui recuperi gestiti, ma che poi effettivamente non gestisce perché li gira a E-Care a cui dà l’8% sui recuperi…il classico meccanismo di Matrioske societarie che deve necessariamente basarsi sullo sfruttamento dei propri dipendenti per tirare fuori un fetta di guadagno per tutte le società coinvolte. Ancora, si lavora su turni lavorativi fissati, decisi, imposti dal responsabile. Non c’è nulla della collaborazione coordinata e continuativa, è a tutti gli effetti un lavoro subordinato.
Infine c’è la beffa delle provvigioni: se fino a qualche tempo fa al lavoratore veniva riconosciuta una percentuale pari all’1% sui soldi recuperati, da un po’ di tempo a questa parte i datori di lavoro hanno trovato un nuovo escamotage per abbassare ulteriormente il costo del lavoro. Adesso, a fine mese, calcolano la produttività personale di ogni lavoratore, e dal rapporto tra quanto recuperato e le ore impiegate, viene riconosciuta una percentuale di provvigione che si rifà a parametri assurdi. Da quanto calcolato dai lavoratori edalle lavoratrici, per provare ad avere quel famoso 1% riconosciuto su qualsiasi recupero fino a poco tempo fa, adesso bisogna invece recuperare circa 23,000.00 euro al mese. Una somma impossibile da raggiungere. E se si recuperano SOLO 15,000.00 euro al mese, che è comunque una enormità, non spetta nulla al lavoratore. E tutto questo ovviamente con la costante e martellante pressione quotidiana del responsabile del settore outboundche ad ogni piè sospinto vuole sapere dal singolo lavoratore quanto è stato recuperato.
Queste sono le assurde condizioni di lavoro e salariali dei lavoratori e lavoratrici della E-Care e prenderne coscienza, prendere coscienza dell’ingiustizia che si sta vivendo, non è cosa da poco.Vogliono che ci abituiamo a questa loro ‘normalità’ di sfruttamento e di ricatto costante. Dobbiamo ritrovare la forza di imporre la nostra normalità, fatta di lavoro dignitoso, di una giusta paga, di condizioni di lavoro rispettose della persona, di tempo libero da passare serenamente con i propri cari. Accorgersi che la ‘normalità’ che stiamo vivendo in questi giorni è ingiustizia è il primo passo per riprendersi tutto questo.
11/5/2017 http://clashcityworkers.org
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