Ibrahim muore a 24 anni di appendicite. La denuncia: “Malasanità e razzismo”
E’ successo a Napoli e non è solo l’ennesimo caso di malasanità. Ma una vicenda che tiene insieme incuranza, e un substrato, neanche troppo celato, di razzismo. A denunciarlo sono i familiari e gli amici di Ibrahim che da ieri chiedono verità e giustizia, come racconta la giornalista Francesca Fornario.
Ibrahim, 23 anni, originario della Costa d’Avorio, dal 2010 viveva a Napoli insieme al fratello, con regolare permesso di soggiorno. Qui lavorava e quando poteva dava una mano ai ragazzi dell’ex Opg occupato Je so’ pazzo per lo sportello legale dedicato ai migranti. “Parlava cinque lingue e per noi era una risorsa come mediatore linguistico – spiega Matteo del collettivo Je so’ pazzo a Redattore sociale -. Ci ha sempre aiutato per questo oggi non possiamo che denunciare la sua tragica fine, che rappresenta il simbolo di come in questo paese ci siano persone di serie A e di serie B, anzi nel caso di Ibrahim di serie C”.
Come raccontano amici e familiari l’odissea del ragazzo inizia sabato scorso, quando per un forte mal di pancia viene portato subito all’ospedale Loreto mare di Napoli: qui dopo un’iniezione di antidolorifico Ibrahim viene rimandato a casa. Ma continua a stare male, molto male. Così gli amici lo accompagnano nella vicina farmacia dove il titolare prova a chiamare un’ambulanza, ma nessun mezzo risulta disponibile. Provano allora a prendere un taxi, ma il tassista si rifiuta di farlo salire, nonostante abbiamo tutti i documenti in regola e i soldi in mano per pagare la corsa. Il dolore, intanto, non accenna a diminuire. L’ultima speranza è arrivare alla più vicina guardia medica: a piedi, sottobraccio, perché nessuno vuole far salire quel ragazzo. Neanche la volante dei carabinieri che i ragazzi incontrano sulla strada. Una volta arrivati, il dottore di turno si rende conto delle condizioni del giovane ivoriano ed è lui a chiamare l’ambulanza d’urgenza, che stavolta arriva. Ma è già troppo tardi: il ragazzo muore in ospedale poco prima di entrare in sala operatoria.
“Non è possibile morire a vent’anni per una banale appendicite. Non spetta a noi fare analisi cliniche ma quello che vogliamo denunciare è che un ragazzo ha dovuto aspettare 24 ore per essere accolto – continua Matteo – è stato rimandato a casa la prima volta senza nessun accertamento. Fossi stato io sarebbe stato diverso. Come diverso sarebbe stato l’atteggiamento di chi non ha voluto aiutarlo per strada solo perché nero: qui non c’è solo malasanità ma c’è anche tanto razzismo”. Per questo i ragazzi dell’ex Opg da ieri hanno organizzato presidi di protesta: questa mattina si sono ritrovati davanti all’ospedale per una conferenza stampa mentre domani alle 16 saranno davanti alla prefettura. Intanto i familiari di Ibrahim hanno presentato denuncia per omicidio colposo, mentre per ora non hanno ancora potuto vedere la salma di Ibrahim.
11/7/2017 fonte: www.redattoresociale.it
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