Siracusa, la chiusura di due impianti è un atto dovuto.

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Pochi giorni fa la magistratura è intervenuto sul petrolchimico di Siracusa chiudendo due impianti. Un atto dovuto, anche perché i dati epidemiologici non lasciano scampo a deresponsabilizzazioni. Il petrolchimico di Siracusa ricade in uno dei 39 siti di interesse nazionale (Sin) da bonificare ed e’ uno tra i piu’ inquinanti d’Europa. Sembra, questa di Siracusa, una storia molto simile a quella di Taranto, dove tutto è iniziato da una precisa presa di posizione della procura. Quando toccherà a Brindisi?

La scorsa primavera Legambiente ha anche dato il via ad una mobilitazione popolare sul territorio per denunciare in nome del popolo inquinato la situazione del petrolchimico. “Ci auguriamo che questo sequestro – conclude il direttore generale di Legambiente – possa rappresentare davvero una nuova pagina per il risanamento ambientale dell’area industriale siracusana. È ora che l’Italia dica davvero basta a vecchi impianti obsoleti e
inquinanti ed abbia il coraggio di riconvertire l’industria del secolo scorso, ormai in stato comatoso, alla green economy piu’ innovativa”.

Sono decenni che i cittadini e i medici di Siracusa denunciano l’alta incidenza di tumori e altre patologie. Le stesse autorita’ sanitarie, nello studio Sentieri, acronimo di Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento, avevano pubblicato un rapporto 2014 (sulla rivista Epidemiologia & Prevenzione) dal quale a Siracusa risultavano in eccesso il melanoma, i tumori del pancreas, del polmone, della mammella e della vescica, sia per gli uomini che per donne: ma l’elenco delle patologie in eccesso rilevate e’ molto piu’ lungo e vanno da quelle all’apparato respiratorio a quello digerente. L’Agenzia Europea per l’Ambiente in un rapporto della fine dello scorso anno, aveva attribuito a un singolo inquinante (biossido di azoto) ben 21 mila morti premature l’anno in Italia, un record europeo. Tale inquinante e’ rilasciato, oltre che dalle auto diesel e da altre fonti, dagli impianti industriali come quelli sequestrati.

I Siti di Interesse Nazionale per le Bonifiche Ambientali (SIN) sono oggi 39. Sono aree “di cui tutti sanno”, da Brescia a Taranto. Per esempio, nell’area di Brindisi, pochi giorni fa sono stati resi noti dati allarmanti, con un eccesso di mortalita’ e morbilita’ riconducibile agli impianti termoelettrici e al petrolchimico. La ricerca ha sottolineato il nesso tra funzionamento degli impianti (in particolare quelli a carbone) e danni sulla salute che risultano maggiori quando a funzionare erano piu’ impianti. A Brindisi, peraltro, dove e’ ancora in funzione una delle piu’ grandi centrali a carbone d’Europa, permane un eccesso significativo di mortalita’ e morbilita’, nonostante il rispetto delle attuali: segno che gli effetti dell’inquinamento tendono a permanere nel tempo e che i limiti non sono adeguati a evitare i danni.

E proprio per quel che riguarda le centrali a carbone, pochi giorni fa Wwf Italia, Greenpeace Italia e Legambiente, hanno lanciato una raccolta di firme per chiedere al Governo italiano la chiusura definitiva di tutte le centrali a carbone entro il 2025. Moltissime le adesioni di associazioni e gruppi, tra cui Accademia Kronos, Associazione Comuni Virtuosi, Cittadini per l’Aria, Earth Day Italia, Focsiv (Federazione Organismi Cristiani
di Servizio Internazionale Volontario), Fondazione Univerde, Marevivo, Quale Energia e tanti altri.

In questi giorni si sta definendo la strategia energetica dell’Italia (Sen), con un documento in consultazione fino al 31 agosto. Successivamente
verra’ ultimato e pubblicato il testo definitivo della Strategia. E’ quindi importante che i cittadini italiani facciano sentire la propria voce in questi mesi. L’Italia ha l’occasione di decidere di uscire dal carbone, dismettendo il combustibile fossile piu’ altamente nocivo per il clima, salvando migliaia di vite e cambiando le sorti del futuro energetico del nostro Paese.

Fabrizio Salvatori

25/7/2017 www.controlacrisi.org

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