La fabbrica della felicità, un romanzo di Giulio di Luzio per tutte le Porto Marghera
Sinossi
Sul finire degli anni Sessanta nasce la fabbrica della felicità. Così la chiamano i figli di contadini e pescatori, che abbandonano aratri e motopescherecci. Vaffanculo alla pesca e alla terra, dicevano, facevano un corso e il commendatore li assumeva a fare concimi. All’epoca abitavamo al quinto piano di un palazzone popolare in Via dei Mandorli. Ci facemmo la casa, la Fiat 600, i figli a scuola, la lira in tasca. Com’era buono il Commendatore Locatelli, un secondo padre con gli attrezzi nuovi alla palestra della mia scuola ed il parco giochi nella fabbrica. Ma il 26 settembre 1976 lo scoppio di un impianto rilascia sul paese decine di tonnellate di arsenico. A quell’episodio non ci pensava nessuno, che in quel paese prima dell’arrivo della fabbrica non c’era nulla. Ma negli anni Novanta il male moderno infioretta con parole irripetibili le diagnosi del medico di famiglia. Anche mio padre, Maurizio Russo, si ammala. Ma il suo punto di osservazione era cambiato: ora cercava la verità. Girava tutti le case come i venditori di scope per chiedere ai colleghi di raccontare la propria storia: non voleva arrendersi alla fatalità della malattia. Con l’aiuto di un giovane medico stila elenchi di dipendenti, mansioni, sostanze maneggiate per anni, la malattia. Dopo l’esposto i giudici rinviano a giudizio il commendatore ed i medici. Comincia il processo. Aveva alzato il polverone e tanti non lo salutavano più. Stai sputtanando il commendatore, lo rimproveravano in tanti e lui: ho la coscienza a posto e vado avanti. Ma la giustizia del più forte calpesterà la verità storica ed una nuova stagione di emigrazione si aprirà per i giovani. Il simbolo di mio padre doveva essere dimenticato e seppellito per sempre.
Esempio di letteratura civile di grande forza sociale con questo romanzo etico l’Autore si china su un’Italia dimenticata e restituisce alla scena pubblica la memoria di volti e voci, capaci di infrangere i muri della rassegnazione e dell’ingiustizia.
Scheda bio-bibliografica
Giulio Di Luzio è nato e vive in Puglia. Antimilitarista e obiettore di coscienza, dopo l’impegno politico giovanile in Autonomia Operaia, dagli anni Novanta trascorre un lungo periodo di precariato giornalistico, scrivendo su Bergamo-Oggi, il manifesto, la Repubblica, Liberazione, Il Corriere del Mezzogiorno. Ha già pubblicato le seguenti opere, che l’hanno portato a trasmissioni Rai Chi l’ha visto?, Rai News 24, Radio 3 Farheneit, Racconti di vita:
I fantasmi dell’Enichem 2003, A un passo dal sogno 2006, Il disubbidiente 2008, Brutti, sporchi e cattivi 2011, Clandestini 2013-Premio Internazionale Marisa Giorgetti 2014, Non si fitta agli extracomunitari 2014. giuliodiluzio.blogspot.com
Dalla prefazione di Gianni Vattimo:
…Il libro di Giulio Di Luzio è proprio un passaggio alla verità, realizzato attraverso il racconto di un’esperienza puntuale seguita in tutti i suoi momenti dalla “scoperta” iniziale fino alla conclusione, ineluttabile nel suo esito infausto, ma con un risultato “luminoso” nel senso dell’esempio che viene offerto al lettore – non solo una esortazione a prender coscienza del problema e a impegnarsi- ma anche l’immagine di un modo di affrontare la malattia senza lasciarsene stroncare, reagendo attivamente e facendone un luogo di impegno collettivo, coinvolgendo i compagni di lavoro e le famiglie in una ricerca che è insieme epidemiologica e fraternamente attenta alle persone e ai loro diversi destini…
14/12/2017 www.medicinademocratica.org
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