AMBIENTE E SALUTE. L’umanità ha dichiarato guerra al mondo e sta vincendo la sua battaglia. Le conseguenze saranno nefaste.

Enzo Di Maio: L’umanità ha dichiarato guerra al mondo e sta vincendo la sua battaglia. Le conseguenze saranno nefaste.

 

Malata d’ambiente
Giulia Lo Pinto
Come spiegare che ho una vita non vita?
Come spiegare che non ho più la padronanza di me stessa, che non posso più gestire la mia vita, i miei pensieri, le mie parole, il mio lavoro, le mie decisioni, i miei sentimenti, le mie emozioni e sensazioni, i miei affetti? Come spiegare che tutto ciò che ti circonda ti può essere nocivo, nemico, letale, distruttivo; che tutto quello che con tanta fatica e soddisfazione hai creato, comprato, indossato, non puoi più tenerlo, senza sapere e capire perché? I tuoi mobili sono soffocanti e repellenti ma nessuno ti ha mai detto perché. Lo scopri quando ti dicono che contengono formaldeide e che quindi tu ne sei intossicata. I tuoi vestiti e tutto il loro contenuto sono contaminati e allora cominci a lavarli ripetutamente ma più li lavi e più senti che c’è qualcosa che ti fa star male.
Mi sto facendo la doccia e mentre mi lavo i capelli ho un malessere, ma poi mi passa; uso il bagnoschiuma ed ecco un altro malessere e poi passa. Uso il balsamo e ancora la stessa cosa. Passo al dentifricio: conati di vomito, tosse; bevo tanta acqua e piano piano mi passa. Metto la crema sul viso, ancora un malessere; mi trucco, uso solo prodotti buoni e costosi sulle cui etichette c’è scritto “nessun grasso animale, no profumo”, ma ho come dei colpi di tosse convulsa. Penso di essermi raffreddata: mi vesto, metto il mio profumo come tutti i giorni, fa parte di me, dei miei gesti quotidiani, ma nuovamente tosse. Sembra asma. Ma io non soffro d’asma!!!
Ho un dolore improvviso alla testa ed uno strano bruciore e penso: “Forse mi sta venendo l’influenza”. Poi ci rifletto e mi accorgo che non ho mai avuto problemi di salute e non mi sono mai ammalata prima dei 31 anni. Si, i miei 31 anni: piccola, magra, atletica, in perfetta salute, memoria incredibile, forza fisica quasi fuori dal normale, instancabile. Non ho mai avuto paura di niente, riuscivo a fare tantissime cose. Ero e sono ipercinetica e iperattiva. Un giorno esco per andare al lavoro, entro in macchina. Dal condotto dell’aria avverto qualcosa, come un odore amaro. Chiedo al mio compagno ma lui non lo sente. Insisto, sento la bocca impastata, come se uno strato di polvere appiccicosa si fosse fermato nel palato, nella gola fino ad arrivare nello stomaco, la lingua è come stordita, gonfia. Non capisco, sono cose nuove per me, non le comprendo. Scoprirò, dopo, che sono polveri sottili, smog, nemico invisibile ma tangibile. Faccio rifornimento di carburante: “Oh, cavolo, cosa mi succede?”. La benzina, il diesel è come se lo avessi bevuto, mi brucia la stomaco, ho mal di testa, bruciore, nausea e subito dopo dolori muscolo scheletrici. Divento di un colore tra il giallo ed il verde. Boh!?! Dopo qualche chilometro mi sento meglio, sono come sgualcita. Vado a fare colazione. Cappuccino e cornetto: al primo sorso penso “Cosa succede? Cosa ha questo cappuccino? Sa di detersivo.”Ne faccio fare un altro ma anche questo ha lo stesso sapore. Mi indispettisco, mordo il cornetto: colpo di tosse. “Cosa contiene il cornetto? Fa schifo, ha un sapore strano!”. Penso sia andato a male, lo butto, ho un sapore orrendo in bocca e devo toglierlo. Così prendo una pasta all’uvetta e sento di nuovo un sapore amaro in bocca. Capirò, dopo, che sono i conservanti, il detersivo delle stoviglie ed il sale chimico usato per pulire la macchina del caffè che mi fanno questo effetto.Vado in negozio, devo allestirlo per l’apertura. Mi assalgono gastroreflusso, acidità, mal di stomaco, nervosismo. “Cosa mi succede? Io non sono una persona malaticcia e volubile!”. Mi sento gonfia. In futuro saprò che sono la concia della pelle e la formaldeide usata nell’industria dell’abbigliamento a farmi questo effetto. Ed in seguito saprò che lo stesso vale anche per calzature, mobili, ferramenta, nautica, casalinghi, sanitaria, profumeria. Praticamente non posso più lavorare. Decido di andare dal parrucchiere all’ora di pranzo; mangio un panino. Mentre mi lavano i capelli il panino torna su. E’ come se mi avessero messo in una centrifuga, ho di nuovo mal di testa, senso di spossatezza, dolori al fegato, dolori articolari. Giorno dopo giorno sto sempre peggio, senza riuscire a capire o a darmi spiegazioni. Sto male ed una molteplicità di sintomi si impadroniscono di me, giocando a nascondino, appaiono e scompaiono, come in un gioco di prestigio. Un momento ho una forza quasi sovrannaturale e poco dopo mi appoggio ovunque senza forze. Finalmente è ora di andare a letto, non vedo l’ora di prendere il mio libro, amo leggere! I libri fanno parte di me, hanno un ruolo importante nella mia vita. Ho la fortuna di non dormire mai e leggo per nottate intere. Apro il mio libro, uno strano bruciore mi assale, la testa, le narici, nausea, tachicardia. Non capisco. Mi alzo per farmi una tisana. Sto meglio, torno a letto e riapro il libro. Ma questa volta in una frazione di secondo vomito la tisana sul libro senza potermi fermare. Ripenso alla mattina e deduco che sto ancora male a causa della colazione o del panino che ho mangiato a pranzo. Non avevo ancora capito. In seguito ho dovuto portare via tutti i libri da casa mia. Giuro che mi ha fatto più male separarmi dai miei libri che da tutto il resto. Niente aveva più valore dei libri, neppure anelli, collane e altre cose costose. Inizio a fare esami, indagini diagnostiche, a consultare professori e luminari. Sempre la stessa risposta: “Signora, lei è in ottima salute, si vede anche dal suo aspetto. Sicuramente è stress!”. Che parola insignificante, la si usa ormai con troppa facilità, anche per guardarsi allo specchio! Ancora ricoveri, cliniche, ospedali, a pagamento e non.
E ancora diagnosi: “Si riscontra visibile perfetta forma fisica e clinica….la paziente soffre di stati d’ansia…..somatizzazione ecc.”. Boh? Ma cosa dicono? Mah! Io non ho mai sofferto di ansia, non ne ho neppure il tempo e neanche la conosco. Fra un esame, un ricovero, un luminare e l’altro, continuavo a lavorare e ogni giorno scoprivo qualcosa da eliminare dalla mia vita: profumi, detersivi, pesticidi, spray e soprattutto deodoranti per ambienti a spina. Con uno di questi deodoranti sono andata in shock anafilattico e mi sono salvata solo perché ero a 400 metri dall’ospedale San Camillo di Roma. Mi sono risvegliata attaccata all’ossigeno, con 2 flebo ad entrambe le braccia. Cosa sta accadendo alla mia salute? Perché mi dicono che io sono sana se ho tutti questi problemi? Di nuovo un calvario: ospedale, clinica, professori ecc. Dopo 7 anni la mia malattia ha un nome: Sensibilità Chimica Multipla Sistemica Complessa – MCS.
E’ una sindrome immunotossina, multi organo, multi sistemica, progressiva, invalidante al 100%.
Non avevo compreso un granché, o non volevo. Era tutto così incredibilmente sconosciuto a tutti!
La mia ASL, tramite il mio medico, mi comunica che il numero verde per le malattie rare segnala l’ospedale S. Orsola di Bologna come centro di riferimento. Li contatto immediatamente, ma rispondono al telefono solo 2 ore ogni Venerdì. E’ un servizio diretto dal Dottor Francesco Saverio Violante, medico del lavoro. Non commento. A fine 2006 e inizio 2007 mi hanno intervistata telefonicamente per mesi. Così decido di andare da loro personalmente. Mi ricevono al quinto piano, nel reparto di Medicina del Lavoro, un reparto in corso di ristrutturazione. Avrei dovuto capire l’inadeguatezza del posto già da dove mi avevano ricevuto. Mi fanno una serie di test psicologici e fanno lo stesso le altre 4 volte successive. A mia richiesta se potevano farmi visite ed esami in day-hospital mi sono sentita rispondere che quello era il protocollo. Avrò chiesto 20 volte se esisteva un centro specializzato al mondo ma la risposta era “no”. I test a cui mi sottoponevano venivano fatti da 2 laureande che facevano pratica e da un medico del lavoro, il quale lavorava lì part-time e solo per 9 ore al mese. Il 13 Luglio 2007 vengo sottoposta a quasi 7 ore di test psichiatrici e quando chiedo che cosa stanno scrivendo e se chi ha la mia malattia ha bisogno di indagini diagnostiche particolari, ricoveri, cure adeguate in ambienti protetti, mi sento rispondere che questo è tutto ciò che passa il Ministero della sanità e che devo accontentarmi. Dopo un anno e mezzo di test psicologici e psichiatrici peggioro progressivamente. Non cammino quasi più, parlo malissimo e ad intermittenza; non tollero più alimenti, vestiti, tutto ciò che mi circonda. Forse sto morendo. Per 63 giorni vengo portata al mare lontano da tutto e da tutti, in un fazzoletto di spiaggia. Dormo all’aperto su una brandina di tessuto. Mi lavo con acqua in bottiglia, e quel poco che mangio è cibo cotto nella ceramica. Riesco a riprendermi pian piano ma è inutile cercare di descrivere il disagio di chi mi stava vicino facendo la guardia affinché di notte non fossi avvicinata da animali liberi. E’inutile che parli di tutto quello che può comportare il vivere allo stato selvaggio.
Ma alla fine ho vinto io. Sono quasi nove anni ormai che la mia famiglia e tutti quelli che mi stanno intorno usano solo quello che tollero, che cercano di evitare il più possibile quel che mi fa stare male. Ma nessuno può alleviarti il dolore che hai nell’anima, quello che ti rende consapevole di quanto soffrono le persone che ti amano perché si sentono impotenti, dell’angoscia che le accompagna perché hanno paura che tu possa morire. Il terrore tangibile che io ceda psicologicamente per una situazione così assurda, fantomatica, si legge nei loro occhi anche se sorridono. E’ tutto visibile. Mi fa male ricordare mia madre che piangeva tenendo le braccia dietro la schiena per non abbracciarmi, perché non la tolleravo più. Singhiozzando mi diceva: “Non ti abbraccio perché ho paura di farti stare male”. E’ ancora bruttissimo ricordare quando arrivavo a casa di mia madre e lei e le mie sorelle facevano le corse per coprire i mobili con l’alluminio perché sentissi meno la formaldeide, chiudere il cane nell’orto, staccare la spina del televisore o qualsiasi cosa elettrica perché ero anche elettrosensibile. Si cambiavano in fretta d’abito perché non avessi fastidi. Mia madre si lavava convulsamente la gamba su cui aveva messo la pomata per i dolori. Andavano a chiedere ai vicini di ritirare i panni perché sentivo l’ammorbidente ed il detersivo. E cosa dire di quando era ora di andare a letto e bisognava cambiare ripetutamente le lenzuola finché trovavo quello più sopportabile per me? E cosa dire della carta igienica comprata in 5 posti diversi perché sentivo l’odore dei detersivi? Proibivo a tutti il dentifricio e li obbligavo a lavarsi i denti con il bicarbonato. Nel raccontare questa piccola parte della gestualità quotidiana violata, vorrei far capire che ci vuole, oltre che una gran forza di carattere, anche un grande senso dell’umorismo per sdrammatizzare questa assurda condizione. Soprattutto ci vuole grande equilibrio e stabilità psichica. Ma, come ho già detto, ho avuto la fortuna di avere persone che hanno capito una realtà sconosciuta e che mi conoscevano bene, che mi hanno rispettata senza umiliarmi e farmi pesare le privazioni a cui dovevano sottoporsi per causa mia. Ci sono dei malati che vorrebbero farmi tacere perché hanno paura di essere presi per matti o per persone con dei problemi psichici. Ma io non sono d’accordo. E’ vero che situazioni e condizioni del genere possono farti entrare nel tunnel della depressione, della disperazione, soprattutto se non si è creduti dalla famiglia stessa, se si è derisi per il proprio comportamento o sminuiti dal medico e da chi non sa o non vuole sapere. Ma io credo ancora nelle persone se queste vengono informate adeguatamente, senza fare terrorismo, spiegando che non tutti necessariamente si ammalano. Tornata dagli Stati Uniti ho cominciato una battaglia, forse inutile, ma che disturba un po’: una raccolta di firme per l’apertura di un centro adeguato in Italia. Inoltre cerco di dare anche informazioni cartacee che spiegano la malattia. E’ incredibile quante persone allergiche, o con altre patologie hanno eliminato il chimico e tutto ciò che eliminiamo noi e quante lo hanno fatto dopo. Ho cominciato a scrivere riguardo a tutto ciò che è collegato all’argomento. La cosa più devastante è stata effettuare un sondaggio tra i malati di SLA ed i loro familiari. Tutti quanti avevano i miei disturbi, ma la cosa peggiore è che l’ipersensibilità verso la chimica veniva fuori dopo che la malattia era conclamata. Capisco che è difficoltoso comprendere ma, per assurdo, l’ipersensibilità al chimico è una difesa, è come una spia sentinella che ti avverte prima che il danno diventi irreversibile.Sono di fronte al mare, al porto di Gaeta. Riconosco la barca Walkiria, la barca del bimbo che vive sul mare. Ricordo che ci hanno fatto anche un film e ricordo che anche lui ha la sensibilità chimica ed è per questo che i suoi genitori, per salvargli la vita, hanno donato la loro esistenza al mare. E vi dirò che la realtà è completamente diversa dalle belle storie dei film. Ci ho messo 3 giorni prima di avere il coraggio di presentarmi, ma ci sono riuscita. Mi hanno accolto con gentilezza ed ho trovato delle persone eccezionali e Niki è un bimbo, ormai un ragazzo, veramente unico e speciale. Tramite le loro indicazioni mi sono rivolta al Professor Giuseppe Genovesi, endocrinologo, immunologo, psichiatra, docente universitario al Policlinico Umberto I e alla Sapienza di Roma: l’unico, attualmente, che può diagnosticare tale patologia.
Dopo aver ricevuto le risposte degli esami mandati all’estero, mi viene fatta immediata certificazione per ottenere il permesso di viaggiare con un aereo di Stato per andare a Dallas dal Professor J. W. Rea, il primo al mondo ad aver scoperto la patologia 40 anni fa. Da lui si sono recate 50.000 persone e sempre da lui sono andati tantissimi medici provenienti da tutto il mondo al solo scopo di imparare: Canada, Usa, Svezia, Danimarca, Giappone, Cina, Inghilterra, Austria, Belgio, Germania, ecc. Loro hanno riconosciuto la malattia e si sono mobilitati per fare una diagnosi, per trovare una cura e per formare il personale. Premetto che sono 40 anni che il Professore J. William Rea si deve difendere dagli attacchi di case farmaceutiche ed assicurazioni che cercano di screditarlo. Una di queste è l’American Board che porta avanti la denuncia di tre anonimi contro il Professor Rea. D’altronde la sensibilità chimica non si può curare con i farmaci in commercio perché contengono elementi chimici, coloranti e conservanti. Lascio trarre a voi le conclusioni. Questa malattia, senza voler fare terrorismo, è la prova lampante di un sistema ottuso, corrotto, ipocrita, omertoso, complice della consapevolezza dell’esistenza di una pandemia chimica, correlata alle malattie più spietate e alle sindromi più diffuse. A Marzo 2008 mi accompagnano al S. Orsola di Bologna, ma questa volta mi presento di fronte al poliambulatorio per MCS. Devo percorrere l’interno dell’ospedale sorretta da entrambe le parti per non cadere. Ho le gambe malferme. Mi trascinano per non farmi prendere ulteriori esposizioni e finalmente arrivo. Telefono al reparto di medicina del Lavoro. Avverto che sono di fronte al laboratorio, che è chiuso e che non c’è nessuno. Si alterano a causa della mia presenza. Dopo aver sentito tutti quegli odori ho necessità di andare in bagno. Noi malati di sensibilità chimica ne abbiamo bisogno perché i nostri reni vengono come martellati dalle esposizioni. Dopo più di 40 minuti arriva il medico part-time, assunto da Violante. Quando apre lo studio mi accorgo che manca il bagno. Mi dice che se voglio andare in bagno devo rientrare in ospedale, fare il percorso già fatto e oltrepassare la sala d’aspetto.
Provano ad accompagnarmi, si sente a distanza il detersivo ed il deodorante per ambienti. Ho una specie di attacco d’asma e così mi riportano velocemente fuori perché era impossibile per me entrare in quel bagno. Il dottore mi dice che per il mio stato, anche se grave, non c’è possibilità di ricovero e mi consiglia delle cure omeopatiche per poter guarire. Tali sono le direttive del Dottor Violante. La stanza dove il dottore part-time mi ha ricevuta, è piccola, ha odore di tinteggiatura, un mini lavandino, una scrivania grandissima con formaldeide, un mobile, un lettino, un carrello con guanti per me non adatti, ma la chicca più gustosa è…..un computer ed una stampante, quindi Toner! Comunico al medico che mi brucia la testa, che mi sento male e quindi gli chiedo di aprire la porta. Lui si risente e dice che sono l’unica a lamentarmi. Sto veramente male, vengo riaccompagnata nella macchina, decontaminata per giorni prima di poterci entrare, ma i miei reni non reggono. Ricordo l’umiliazione delle persone che guardavano i miei pantaloni visibilmente bagnati, le lacrime che bruciavano sulle mie guance come se fossero acido, le persone che mi sostenevano e cercavano di farmi ridere, che sdrammatizzavano per non farmi assalire dalla vergogna. Prima di andare a Bologna avevo mandato una persona di fiducia in un’agenzia investigativa: 230 euro per affittare una microcamera alta 4 cm e larga 1. L’avevo cucita all’interno della mia tracolla. Tutto quello che ho appena descritto è stato videoregistrato. Ovviamente ci sono delle cose che non posso raccontare perché sono ancora oggetto di indagine. Ci sono persone che non vogliono che io parli di queste registrazioni perché vogliono proteggermi. Ma io invece lo dico e se le indagini non saranno portate avanti, beh, farò immettere tali immagini nel web.
Di ritorno a Forlì faccio esposto ai NAS di Bologna. In tutto siamo in 7: 4 in Italia e 3 in clinica a Dallas dal Professor Rea. E’ inutile dire che noi dell’esposto abbiamo avuto tutti un diniego alla nostra richiesta di poter andare alla clinica di Dallas. Il parere negativo partiva dal Dottor Violante di Bologna, essendo lui il referente per il centro. Vi lascio immaginare il seguito della richiesta alla mia ASL: Violante si costituisce parte civile e mi nega il permesso di partire. Avevo già fatto richiesta nei mesi precedenti alla Presidenza e al Ministero della Sanità, ma il “no” era già arrivato 4 volte. Cade il Governo. Faccio nuovamente richiesta per l’aereo di Stato documentando la situazione. La nuova Presidenza del Consiglio risponde “si” e mi mette in contatto con la Prefettura di Forlì e con l’aeronautica.
Ci sono state tante minacce, hanno provato a ricattarmi, impaurirmi, ma non ci sono riusciti.
So che sembra tutto assurdo, ma ho le prove di tutto quello che vi racconto e anche di ciò che non posso raccontare. Dopo tanta fatica, con la collaborazione incredibile del personale dell’Aeronautica, il 19 Agosto 2008 il FALCON 50 parte dall’aeroporto di Forlì.
Arrivo a Dallas in Texas, un taxi appositamente decontaminato ci accompagna al Marriott dove il Professor Rea da anni ha ristrutturato una parte di appartamenti con materiali ecocompatibili.
Dopo 2 giorni vengo visitata in clinica. Il primo impatto è stato tremendo per vari motivi. Non conosco l’inglese e non capivo niente di ciò che veniva detto. La clinica non era bellissima, ma il motivo l’ho capito solo in seguito, quando ho compreso la necessità di coprire tutto con l’alluminio ed il perché dell’assenza di fronzoli che potevano essere nocivi per la salute mia e degli altri pazienti. Non voglio parlare degli incontri sgradevoli, fatti con alcuni italiani, malati attualmente in clinica. Ma ho il piacere di raccontarvi di Antonella, una giovane mamma malata che era a Dallas con la sua bambina meravigliosa di 2 anni e suo marito, anche lui una persona eccezionale.
L’unico vero aiuto che ho ricevuto è stato da parte di Antonella che, sapendo perfettamente inglese, tedesco e cinese, quando sono rimasta veramente sola è stata per me fondamentale. Ma non è solo per questo che le ho voluto subito bene. Mi sono legata a lei per la sua limpidezza, la sua voglia di vivere per continuare ad amare sua figlia, la mia dolce principessa. Però Antonella aveva molti problemi di salute che non le permettevano di andare costantemente in clinica. Io avevo affittato una macchina, un po’ grande, ma l’unica che tolleravo. Dopo 5 giorni e 5 notti sono riuscita a decontaminarla. Nel frattempo cominciano ad arrivare le prime risposte alle indagini genetiche e diagnostiche. Tutti mi guardavano come se fossi un fantasma ed io non capivo. Antonella traduceva le parole del Professor Rea che si dimostrò davvero sorpreso del mio stato clinico. Pensava che avessi meno problemi ed invece geneticamente ero messa molto male. Vari organi risultavano compromessi; anche il sistema nervoso centrale autonomo era compromesso. Ecco perché prima di partire per Dallas avevo perso l’uso delle gambe e della parola. Encefalopatia tossica: tutto compromesso. Rea si volta verso di me e in un italiano stentato mi dice “Lo Pinto grande problema!”. A me venne spontaneo ridere per come si era espresso e gli risposi “Professor Rea, sta a guardare il capello! Ho la MCS, cosa vuole che sia il resto?”. Mi aveva capito anche se non parlavo inglese. Io mi guardavo intorno e vedevo tanta tristezza, angoscia, sofferenza, Ma la cosa più visibile era la depressione di tutti quelli che arrivavano in clinica, quasi in un’altra dimensione. Nessuno sorrideva e scherzava, a parte me ed Antonella. Per noi ogni scusa era buona per ridere.
Dopo giorni di esami era arrivato il momento di detossificare e testare vari alimenti. Bisognava fare tutto quel che serviva. E’ stata dura ma pian piano sono riuscita a fare la terapia del calore per detossificare. Ho capito dopo qualche giorno quanto fosse importante. Ero sola con me stessa, non sapevo la lingua, dovevo provvedere a fare la spesa e a farmi da mangiare. Era quasi un anno che non cucinavo, che non tolleravo nessun odore, soprattutto l’odore dei cibi cotti. Passava il tempo e riuscivo a fare sempre più cose. Le mie giornate trascorrevano velocemente. Solo quando dovevo fare dei test le giornate diventavano interminabili. Ginnastica prima della terapia del calore, terapia del calore, testare e provare i supplementi testati, un po’ per volta. L’ossigenoterapia è stata un gran problema inizialmente. Non riuscivo a far capire ai medici che percepivo l’ottone dentro al gorgogliatore di vetro. Avevo un filtro attaccato alla bombola, atossico, rettangolare, 50cm x 35 cm che si gonfiava durante la terapia e faceva in modo che l’ossigeno non arrivasse direttamente per non compromettere polmoni e cervello. Ma io sentivo l’ottone. Così mi hanno procurato un prototipo in acciaio. Con quello era tutto perfetto, ne esisteva solo uno e ancora adesso lo tengo sempre con me. Non potevo fare le flebo perché, essendo da sola, non sarei stata in grado di tornare in clinica. So che può sembrare un controsenso ma per stare bene prima devi stare male, detossificare non è uno scherzo. Sono accadute tante cose, ho visto persone provenienti da ogni parte del mondo, e tutte loro avevano in comune la stessa cosa: la paura. Io avevo preso la decisione di non avere paura, tanto non capivo quasi niente di quel che dicevano. Ci sono stati momenti bruttissimi, mi assaliva la disperazione e quando stavo male mi chiedevo se sarei riuscita a tornare viva a casa. Mi deprimevo quando andavo a fare la spesa e non riuscivo ad entrare o quando non capivo cosa c’era scritto sulle etichette della roba che compravo. Ma poi tornavo a ripetermi “Devo farcela, ho la mia famiglia che mi aspetta, le persone che amo”. Ho la fortuna di non avere il gene della depressione, di non soffrire di solitudine, di voler sdrammatizzare. Ma capisco chi non riesce a reagire come me, so che non è semplice. Comunque ci vorrebbe troppo tempo per raccontare tutte le cose importanti. Ci sono state delle complicazioni, io miglioravo ma c’era qualcosa che si era impadronito dei miei organi (BLASTOCISTIS HOMINIS) un parassita killer che proliferava dentro di me, che si era accomodato senza chiedere permesso e aveva preso il sopravvento.
Vomitavo sangue dopo i più tremendi accertamenti, fatti per escludere il peggio. Abbiamo trovato ospiti. Di solito le persone normali prendono antibiotici mirati, ma noi malati di MCS non possiamo. Hanno cominciato subito a testarli su di me ma io non ne tolleravo nessuno. Ne hanno fatto arrivare uno sperimentale dall’Arkansas ma il tentativo è fallito. Il mio corpo non tollera farmaci. Stavo migliorando anche se ero consapevole di avere poche possibilità, anzi nessuna, di guarire. Ero arrivata troppo tardi, ma per me la cosa più importante era l’aver riconquistato la padronanza di me stessa, dei miei movimenti, della parola, della mia vita, anche se momentaneamente. La decisione di tornare, dopo che la gravità della mia salute era certa, come era certo il tempo della mia permanenza: era troppo oneroso. Le mie risorse economiche scarseggiavano. Decido, con il parere del Professor Rea, di spendere i soldi rimasti per comprare tutto il necessario per proseguire le cure a casa, anche perché da sola in America non potevo provvedere alla mia sopravvivenza. Il personale della clinica mi ha aiutato a capire cosa devo fare, mi hanno scritto, passo dopo passo, cosa devo fare per mantenere stabile il mio miglioramento.
Ho chiesto al referente di Houston di poter rientrare in Italia. Ho comunicato la mia decisione alla Presidenza del Consiglio, al Ministero degli Esteri, all’Aeronautica, alla Prefettura, all’Asl ed al mio medico. Burocraticamente è stato veramente sconvolgente anche chiedere il rientro. Quando si è malati è tutto più difficile. A Novembre rientro in Italia migliorata del 50% e forse del 70%.
Porto all’ASL tutto quello che avevo fatto a Dallas, comprese le fatture per avere il rimborso delle spese sostenute: 286 pagine in totale. Con mia grande sorpresa la ASL si rifiuta non solo di rimborsarmi ma anche di farmi continuare le cure. Fa scadere gran parte dei farmaci e, cosa ancora più vergognosa, si rifiuta di farli arrivare, consapevole che posso ottenerli solo tramite loro, perché con le leggi attuali, li requisiscono alla frontiera. Inoltre sono farmaci che non devono essere irradiati per non subire alterazioni, dato che non contengono coloranti, conservanti e additivi.
Attualmente mi è rimasto solo qualche supplemento e sto facendo flebo con parte di farmaci ormai scaduti. Il mio medico ha dovuto mettere per iscritto la sua autorizzazione nella somministrazione di tali farmaci per non abbandonarmi anche lui come hanno fatto le Istituzioni. Sto peggiorando giorno dopo giorno ma non mi nascondo. Finché avrò un filo di forze continuerò ad imporre la mia presenza “disturbando” le Istituzioni. Ho pestato troppi piedi, tolto troppi coperchi, messo in pericolo troppi interessi. Ma a dispetto loro sono ancora viva, nella mia assurda situazione. Sono fortunata perché ho una famiglia intelligente, che mi è stata vicina cercando di non farmi pesare lo stravolgimento di tutti quanti. Ho una famiglia che ha capito che c’era qualcosa che andava oltre una semplice malattia. Sappiate che non tutti i malati hanno la possibilità di essere compresi, il più delle volte vengono abbandonati dagli affetti e, peggio ancora, dalle famiglie. In questa malattia si viene calpestati, derisi, offesi, non creduti. C’è chi si è tolto la vita, chi non è riuscito a resistere all’umiliazione di un orrendo sistema traviato, all’inadeguatezza di medici male informati o volontariamente bendati per non vedere, sordi per non sentire. Non si deve fare terrorismo sulle malattie ma bisogna prendere atto del fatto che questa è una pandemia chimica. Il nostro Ministero della Sanità si è scrollato di dosso questa responsabilità, dando libertà di decisione alle Regioni riguardo al riconoscimento o meno di questa scomoda patologia. L’Emilia-Romagna e la Toscana sono state le prime nel riconoscere questa patologia ed in seguito lo hanno fatto anche altre regioni.
Ma di fatto, l’Emilia-Romagna ha negato volutamente aiuto a chi è affetto da questa sindrome, cercando di psichiatrizzare tutti i pazienti che riferiscono questi sintomi, sottraendo il vero protocollo per il riconoscimento e applicandone un altro, falsando i dati comunicati al Ministero della Sanità, alla Giustizia.
Dovremmo chiederci chi ha messo quel gruppo di incompetenti, impreparati, parassiti del sistema sanitario al comando per il riconoscimento di una malattia così complessa, importante, determinante per il futuro dei nostri figli, per il futuro della nostra Terra. So che è difficile, dopo tutte queste omissioni, dover ammettere l’esistenza di una cosa così grande correlata alla maggior parte, se non a tutte, le patologie più gravi. Sarebbe come confessare che le statistiche di tolleranza dei farmaci, degli alimenti, dei prodotti per la pulizia, di ciò che indossiamo, di quel che facciamo entrare nel nostro mercato attraverso accordi internazionali, sono false. Non riesco a continuare perché le cose che offendono la mia intelligenza sono davvero troppe. Non è necessario studiare e laurearsi per capire cosa si nasconde dietro questo ignobile scempio umano. Le persone affette da questa sindrome sono più di 700.000 e più del triplo non sa di averla. L’Emilia-Romagna, il 9 Settembre 2009, ha cancellato dall’elenco delle Malattie rare la SENSIBILITA’ CHIMICA MULTIPLA dichiarando che l’apposito centro specializzato rimane ma che ci si può curare in qualsivoglia ospedale. Sono inorridita dal fatto che le nostre Istituzioni permettano a questi ciarlatani di fare false dichiarazioni, e che la giustizia non muova un dito per fare pulizia di questi delinquenti legalizzati. Ma forse vogliamo o preferiamo pensare che il resto del mondo dichiari il falso, pur avendo all’attivo 40 anni di ricerche e prove diagnostiche e genetiche? Qualcuno dovrebbe chiedersi perché tutti quelli che hanno firmato per togliere questa sindrome dall’elenco delle malattie rare, fanno parte tutti dello stesso partito. E ci si dovrebbe chiedere perché i tredici consiglieri dell’Emilia-Romagna e della Toscana fanno parte sempre dello stesso partito. Sono tutti soci della Glaxo Smith&Kline. Il mondo gira intorno ai soldi e allora va bene, è possibile anche questo, basta che curino veramente le persone e diano i supporti necessari a terminare la vita dei malati dignitosamente. Forse non riuscirò ad ottenere niente, ma sicuramente la mia vittoria più grande è quella di non aver accettato compromessi, non essermi fatta corrompere, non essermi intimorita. Ho deciso molto tempo fa che non mi sarei lasciata andare e sopraffare dalla malattia, ma preferisco farmi rincorrere da lei. Si, è vero, ogni tanto mi raggiunge, mi blocca, ma riesco ancora a darle del filo da torcere e a lasciarla dietro di me. Mi sono sentita dire più di una volta “Signora, prima o poi tutti dobbiamo morire!”. Si, è vero, ma in questo caso lo hanno deciso loro. Io una soluzione, anche se momentanea, l’avevo trovata. Loro mi hanno tolto il diritto di cura e di vita. Quando morirò sarà omicidio colposo, anzi premeditato. Ed io sono solo una dei tanti.
Lo hanno fatto consapevolmente e sicuramente, prima o poi, qualcuno si stancherà di essere complice. In queste morti annunciate io vi chiedo di salvaguardare i più piccoli perché abbiamo la loro responsabilità. Il futuro sono loro. Il cancro peggiore è quello contro la nostra società radicata e rappresentata da chi è più oscuro del male stesso.

Ringrazio infinitamente.

24/11/2014
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