Democrazia, solidarietà, Europa e popoli
La politica economica europea sta delineando una nuova traccia per il dopo-Draghi intesa alla introduzione di un meccanismo economico a salvaguardia della rigidità politica attuale e se possibile ancor più stringente di quanto sia oggi nel continente unito. Tale meccanismo sembra confezionato per favorire e proteggere le economie di punta, in particolare quella tedesca.
Si tratta di un sistema di sostegno economico sempre più simile al Fondo Monetario Internazionale (FMI) amministrativamente svincolato dalla BCE.
Il valore “morale” che sostiene la unità europea è senza dubbio il superamento della spinta sovranista e del cosiddetto populismo. Si tratterebbe di favorire la integrazione dei popoli, ma nella realtà il sovranismo ( che poi è il rispetto della identità e della volontà di una nazione) potrebbe mettere in crisi la ricchezza finanziaria accentrata e il populismo potrebbe condurre i cittadini a partecipare meglio e direttamente alle scelte europee, eventualmente in contrasto con il potere politico e amministrativo consolidato della Comunità, il cui motto è “non disturbare l’autista”.
A parole sui numerosi principi di libertà, uguaglianza eccetera sono tutti d’accordo, anche una tribù di formiche lo sarebbe. In pratica in Europa non c’è vero accordo né condivisione in materia economica, finanziaria e fiscale. Su questi ultimi temi, infatti, i paesi più forti sono, come abbiamo imparato sulla nostra pelle negli anni, più che sovranisti contrariamente a quanto professano per i propri denari e più che populisti con i loro elettori, magari al suono della Nona di Beethoven.
L’obiettivo di istituire una sorta di FMI europeo è ricercato e viene annunciato come il toccasana a difesa dei Paesi meno ricchi o di quelli con minore capacità di crescita poiché questo Fondo presterebbe soldi. Inutile tentare di controbattere che la ragione vera degli ancora attuali disastri del Sud America, dell’Africa e di molti Paesi dell’Asia dal secondo dopoguerra sia stato proprio basata sui prestiti offerti dal FMI. Governi postcoloniali e governi fantoccio si tenevano in piedi grazie ai prestiti sostanzialmente non-restituibili, perché estremamente gravosi, mentre governanti corrotti incameravano milioni di dollari e svendevano le ricchezze minerarie, agricole, zootecniche, della pesca e industriali dei propri territori che venivano sapientemente spogliati delle risorse con la creazione di un circolo vizioso di impossibilità a risarcire il debito. Guerre , false rivoluzioni, psuedodemocrazie e dittature sono state create e bloccate ad hoc per creare ulteriore danno ai popoli e diffondere sudditanza. Pochi stati, fra cui Cuba, hanno salvato almeno l’onore a prezzo di immani sacrifici, ma ciò accadeva in altri momenti storici e il governi di quel Paese si mosse in tempo e in maniera piuttosto decisa. Il contraltare quasi a bilanciare e stemperare la “cattiveria” della Ricchezza occidentale è stata la enorme messe di organizzazioni benevole di assistenza e cooperazione che, per lo più, soddisfacevano l’ego degli attivisti, consumavano ingenti risorse per l’automantenimento e immettevano sul mercato dei paesi poveri risorse anche alimentari che finivano, in gran parte, nel circuito malavitoso del mercato nero, risorse ovviamente acquisite nei paesi donatori.
Quindi due furono i risultati: uno era ( ed è) la totale sudditanza economica del Paese “aiutato”, l’altro la ingovernabilità del medesimo per la costituzione di gruppi di potere interno affamati, oppositivi tra loro e “mafiosi”. La storia ci ha mostrato e ci mostra innumerevoli esempi del genere. Solo un flebile ed effimero vento di révanche socialista ha tentato di smuovere quello status quo da metà anni ’60 a oggi, per finire miseramente.
In Europa non esiste il principio della solidarietà cui ci ha abituato la nostra Costituzione, nessuno ha intenzione di togliere un po’ a Paesi più ricchi per finanziare quelli più poveri. Il “fondo perduto” è esistito e in parte esiste ancora, soprattutto nelle nazioni sud europee ma va riducendosi sempre più e non bastano le retoriche politiche, mentre lo scarso lavoro che c’è porta e porterà sempre più in competizione i cittadini prima a livello delle classi meno abbienti che perderanno definitivamente i diritti e le garanzie di minima e poi le classi medie le quali, ancora, detengono un po’ ricchezza in termini di denaro liquido. E’ noto come l’obiettivo finanziario attuale sia quello di togliere liquidità ai cittadini ( e quindi potere). Le stesse banche non sanno che farsene dei liquidi dei propri correntisti perché gli investimenti sono sempre meno e mantenere ferma la moneta costa. Il paradosso è doppio: assenza di sviluppo, presenza di capitali fermi per mancanza di idee o piani di incremento del lavoro e quindi della economia diffusa. Non serve molta ricchezza detenuta nelle mani di pochissimi, bensè lavoro e dignità diffusa fra tutti i cittadini.
In un mondo che cresce in popolazione e rallenta in sviluppo i capitali in risparmi serviranno a garantire ancora un paio di decenni di sopravvivenza all’occidente mentre contemporaneamente l’Oriente decrescerà in quanto a espansione perché non potrà vendere il sovraprodotto se gran parte dei cittadini del mondo continuerà a rimanere povera in canna.
Questo semplice scenario prepara tempi piuttosto bui in particolare per i nostri figli,.
Cosa chiedono i cittadini ai propri governanti: chiedono lavoro, chiedono equità di salario, mantenimento di diritti e riappropriazione dei diritti perduti. Questo viene richiesto soprattutto in vista di un rimescolamento di popoli come sta accadendo attualmente in Europa affinché l’afflusso di poveri disgraziati non sia solo un espediente per un più vasto sfruttamento sociale che porterebbe guai molto peggiori di un po’ di irrequietezza “populista”.
Speriamo che i nostri politici che andranno a Bruxelles a contrattare siano in grado di tenere testa al “movimento finanziario mondiale”.
Roberto Bertucci
redazione periodico Lavoro e Salute
23/5/2018
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