Firmata a Bologna la “Carta dei diritti dei lavoratori digitali”.
La nostra vicenda, infatti, nasce ben prima delle app e delle piattaforme. Se oggi sono milioni in tutta Europa a dover sopravvivere passando da lavoretto in lavoretto è perchè negli anni si è legittimata, culturalmente ancora prima che legalmente, l’idea che tutto sia legittimo pur di far soldi, incluso non pagare i propri lavoratori, mentre si è smantellato un welfare che non solo garantiva sopravvivenza a chi non aveva un lavoro, ma consentiva a chi lavorava di avere accesso a una vita degna. La nostra ribellione, dunque, non è mai stata solo nei confronti di aziende che fanno ricchezza senza restituire nulla, ma è soprattutto il rifiuto di un’idea di società assuefatta alla logica che sia inevitabile ridurre la vita delle persone a una merce.Oggi è una giornata importante non solo per i rider e per la città di Bologna, che ha dimostrato di saper ancora scegliere di stare dalla parte degli sfruttati, ma per tutti coloro che in questi anni sono stati costretti nella solitudine a dire di si a paghe da fame per lavori rischiosi. A cui è stata tolta la dignità del lavoro, che sono stati costretti a sopravvivere in un mondo sempre più disumano, subendo quotidianamente ingiustizie e soprusi. Non siamo solo noi ad avere a che fare con dei padroni-macchina, a essere messi sotto pressione da un sistema di valutazione, a dover lavorare senza un brandello di diritto, neanche quello a una paga sicura. Lo sfruttamento denunciato dai riders è soltanto la punta di un iceberg di uno sfruttamento prodotto da 35 anni di riforme fatte da governi di ogni colore. Il primo maggio abbiamo sfilato per le strade della città dietro uno slogan: non per noi ma per tutti. Vogliamo ribadirlo. Oggi vogliamo mandare un messaggio forte e chiaro a tutti coloro che non si sono rassegnati alle miserie del presente: si può fare, ci si può organizzare, si può lottare e si possono ottenere condizioni di lavoro migliori.Eppure, l’importanza di questa Carta non sta tanto nella sua volontà di restituire dignità a un lavoro che oggi non ce l’ha attraverso paghe e condizioni di lavoro decenti. La sua indicazione più preziosa sta nella costruzione di un presidio democratico laddove esso è stato sempre negato. In questi anni di neoliberismo e di austerity, infatti, non sono soltanto stati negati stipendi decenti, non sono soltanto stati legalizzati i comportamenti antisociali delle aziende fino a giungere alle piattaforme che non pagano salari, non pagano contributi e sottraggono risorse dalla redistribuzione fiscale, ma è stato negato persino il ‘diritto ai diritti’, per usare la celebre formula di Hannah Arendt. La più grande delle bugie di questi anni è che lavoratori e imprese sono allo stesso livello, che l’economia funziona meglio senza i sindacati e le organizzazioni autonome dei lavoratori. Senza diritti non si ha un’economia migliore, si ha semplicemente un’economia più ingiusta e una società più disuguale, i cui effetti e conseguenze sono oggi di fronte agli occhi di tutti.Ma non ci basta. Se oggi siamo qui a celebrare una battaglia vinta, domani saremo di nuovo in strada per vincere la nostra guerra: la guerra contro un modo di fare impresa dannoso per la società. RUB metterà in campo tutte le sue forze per fare in modo che a questa Carta, che per noi rappresenta soltanto una soglia minima di decenza da garantire a chi lavora nella città di Bologna, seguiranno accordi aziendali in grado di migliorare concretamente le condizioni di lavoro dei e delle rider. La sua attuazione non è per noi un dato sufficiente, ma faremo in modo che tutte le piattaforme operanti sul territorio cittadino si impegnino a rispettare i principi della Carta e quanto stabilito dall’art. 41 della costituzione secondo cui: ‘l’iniziativa privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana’.
Oggi facciamo inoltre un appello alla città, che in questi mesi ha dimostrato solidarietà alla nostra battaglia, a non finanziare più quelle imprese che pur di far soldi sono disposte a calpestare i diritti delle persone che lavorano. Quella che chiediamo non è solo solidarietà, ma consapevolezza. La consapevolezza che non può mai dirsi libera e democratica una società in cui chi lavora non è libero di lottare per una vita degna.
Oggi festeggiamo, da domani continuiamo ad andare avanti, non per noi ma per tutt*!
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