“Cancelliamo la Fornero!”… Anzi, tagliamo le pensioni
Promettere è facile, mantenere no. Il governo grillin-leghista si prepara a stendere il testo della nuova legge di stabilità, e la “coperta corta” tra crescita che rallenta (ed entrate attese che quindi diminuiscono) e parametri europei da rispettare comunque sta cancellando pressoché interamente il “programma” presentato per le elezioni dai due partiti della maggioranza.
La flat tax per i ricchi e le imprese è sparita da mesi, il “reddito di cittadinanza” torna a giorni alterni ma viene subito affossato dal ministro dell’economia, Tria, per evidenti problemi di copertura. Di Maio continua a ripetere che si può sfondare il tetto del 3% per il deficit, ma nessuno pare disposto ad andare oltre l’1,5%, visto che Bruxelles si aspettava addirittura lo 0,8; e ogni decimo di percentuale equivale a circa 1,8 miliardi di euro…
Resta il tema pensioni, ma anche qui le ipotesi in campo non sono esattamente quelle promesse. Anzi sono l’opposto.
I grillini appaiono fermi nella pretesa di tagliare le pensioni al di sopra dei 4.000 euro mensili netti, i leghisti resistono e parlano di applicare un “contributo di solidarietà” a quelle al di sopra dei 5.000.
I problemi di queste due proposte sono numerosi. Intanto, con una misura del genere si ramazza ben poco: 500 milioni nella versione grillina, 300 (forse…) in quella leghista. Robetta insignificante, sull’ammontare dei conti pubblici. In più c’è la quasi certezza che i ricorsi presentati alla Corte Costituzionale avrebbero vittoria facile.
Quel che sfugge ai grillini, infatti, è che qualsiasi sistema giuridico si fonda sulla non retroattività di qualsiasi legge. Che significa? Che non si può “ricalcolare” l’ammontare di una pensione – per quanto ingiusta e vergognosa sia – solo perché a un nuovo governo serve trovare soldi freschi. Così come non si può – se un nuovo governo volesse di nuovo proibire l’aborto – processare le donne che in questi decenni hanno usufruito di quella legge. Chiaro, no?
Questo però non significa che sia impossibile intervenire sulle pensioni in essere. Solo che l’intervento dovrebbe essere presentato come “temporaneo” e giustificato con problemi di “emergenza”. Si può per esempio – e già lo aveva fatto il governo Monti – applicare un “contributo di solidarietà”, ossia un prelievo che non tocca l’ammontare teorico dell’assegno pensionistico, pur erodendo la cifra netta consegnata ogni mese.
Trovato il trucco per diminuire gli assegni pensionistici, tra grillini e leghisti si è aperta una ignobile gara a chi vuol fare peggio. I primi insistono sulla loro proposta (economicamente inutile e giuridicamente aleatoria), i leghisti – più freddi e calcolatori – hanno invece presentato un’idea che si può definire soltanto infame: applicare il “contributo di solidarietà” a tutte le pensioni al di sopra dei 2.000 euro lordi.
Due conti rapidissimi: 2.000 euro lordi significano 1.400-1.500 euro netti. Sono gli assegni che ricevono ex insegnanti, operai qualificati (o che hanno preso salari più alti, negli anni ‘70), impiegati di medio livello, ecc. Vero è che il leghista Brambilla – l’ideatore della pensata – immagina un prelievo percentualmente crescente in base all’ammontare dell’assegno (es. lo 0,40% sui 2.000 euro, ossia 8 euro, e poi a salire), ma ciò non toglie che il progetto si quello di tagliare le pensioni già erogate e quelle future. Altro che “cancellare la Fornero”!!!
Non è finita, naturalmente. Quel miliardo e mezzo, forse 2, ramazzabile con questo metodo non verrebbe neppure usato per aumentare le pensioni minime, ma per “favorire l’occupazione giovanile”; probabilmente sotto forma di incentivi alle imprese!
Ovvio che nessuno di noi è contrario all’occupazione giovanile – anzi… – ma ci sono due menzogne che vanno subito smontate: a) dare soldi alle imprese, storicamente, non comporta che l’obiettivo venga raggiunto; b) togliere risorse a una voce di bilancio – il sistema pensionistico – e riversarle su un altro apre un’autostrada a rapine future, consegnando le pensioni ai progetti di qualunque governo si affaccerà in futuro. Una cassaforte facile da scassinare, visto che le proteste saranno comunque meno vigorose (per motivi di età) e consegnate alla lotteria delle prossime elezioni.
Questo è “il cambiamento” che l’attuale esecutivo è in grado di elaborare. Come Monti e Fornero, e anche peggio di loro…
Alessandro Avvisato
31/8/2018 www.contropiano.org
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