L’abortività in Italia nel contesto internazionale
Introduzione
La legge 194/78 consente alla donna di richiedere un’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) entro i 90 giorni di gestazione nei casi in cui “…accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito” (art. 4). L’Ivg dopo i primi novanta giorni “…può essere praticata quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna, o quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna” (art .6).
Questi criteri di accesso rendono la legge italiana come una delle meno restrittive al mondo¹ e assicurano alle donne la possibilità di effettuare l’Ivg in un contesto protetto alla presenza di personale medico e sanitario.
Questo viene confermato anche da uno studio internazionale² che classifica i Paesi secondo il livello di sicurezza delle procedure. Vengono qui selezionati Paesi che presentano criteri simili dal punto di vista dell’accessibilità al ricorso all’Ivg; tra questi sono stati ulteriormente selezionati quelli per i quali siano disponibili o calcolabili indicatori confrontabili e recenti. È stata data quindi priorità agli indicatori presenti nei database internazionali (Eurostat, Organizzazione Mondiale della Sanità) e solo laddove non fossero presenti si è provveduto a ricercarle nei siti dei singoli Paesi.
Il confronto tra i livelli di abortività viene contestualizzato presentando alcuni indicatori di intensità e cadenza della fecondità: tasso di fecondità totale (Tft), età media al primo figlio e percentuale di nascite da donne giovani (meno di 20 anni) (v. Figura 1).
Come è già noto, il dato italiano sull’Ivg tra i più bassi a livello internazionale: dalla Fig. 1A si osserva che, insieme alla sola Germania, il tasso di abortività volontaria risulta inferiore all’8 per mille e che gli altri valori più bassi (sotto il 10 per mille) si riferiscono a Portogallo, Slovacchia, Finlandia e Repubblica Ceca. Di contro i valori più elevati (oltre il 20 per mille) appartengono a Estonia, Svezia, e Bulgaria. Il calcolo dei tassi standardizzati (per eliminare l’effetto della struttura per età) riporta la stessa graduatoria con l’unica eccezione della Slovacchia che si frappone tra la Germania e l’Italia.
Non è certo una sorpresa osservare che, all’interno dei Paesi qui selezionati, le donne italiane abbiano il Tft più basso (pari a 1,34 insieme alla Spagna) e l’età media al primo figlio più elevata (31 anni): questo conferma quanto già risaputo, ossia che fanno meno figli e li fanno sempre più tardi. Un profilo simile lo presentano il Portogallo e la Spagna anche se quest’ultima ha un tasso di abortività un po’ più elevato (10,5).
I paesi dell’Est con più elevato ricorso all’Ivg (Estonia, Bulgaria, Romania e Ungheria) hanno anche un’età media al primo figlio tra le più basse e inferiore ai 28 anni. Invece paesi nord-occidentali con abortività più elevata (Svezia, Regno Unito e Francia) non si distinguono per un posticipo accentuato come quello italiano, presentando valori tra i 28 e i 29 anni.
I Paesi ovviamente presentano profili tra loro differenziati e non è possibile analizzarli nel dettaglio; in questo contesto l’obiettivo è solo quello di caratterizzare l’Italia in ambito internazionale.
Approfondendo maggiormente il fenomeno dell’abortività volontaria, osserviamo i tassi per classi di età nella Tabella 1 dove è stato evidenziato, per ciascun Paese, il valore più elevato.
Per l’Italia, così come per la maggior parte dei casi, la classe di età 25-29 presenta il valore più alto, quindi si tratta di donne relativamente giovani. Solo per la Slovacchia e la Slovenia i tassi più elevati si riferiscono alla classe di età successiva (30-34 anni).
In sei Paesi la distribuzione risulta più asimmetrica verso donne poco più che adolescenti (20-24 anni): Danimarca, Francia, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Ungheria.
Peculiarità delle giovani italiane
Il basso ricorso all’Ivg delle donne italiane già riscontrato con il tasso grezzo, viene confermato con riferimento a tutte le classi di età: l’Italia si trova sempre nella parte inferiore della distribuzione, presentandosi tra i Paesi con valori inferiori soprattutto per le donne più giovani (15-19 anni).
Questo non viene ‘compensato’ da una quota più elevata di nascite da donne adolescenti poiché anche in questo caso il valore pari a 1,4% risulta essere tra i più bassi.
Un recente studio per coorte³ ha mostrato un calo dei tassi di abortività per tutte le generazioni e per tutte le età con l’unica eccezione delle giovani (15-16 anni) delle più recenti generazioni; si tratta comunque di valori molto bassi e al di sotto del 4 per mille (su questo rimandiamo anche all’articolo di Castiglioni sempre su Neodemos). A questa fascia di età viene dedicata un’attenzione particolare in ambito di salute riproduttiva, tanto che a livello internazionale vengono raccolte informazioni su sessualità e contraccezione con dati quindi confrontabili tra i Paesi.
Emerge una peculiarità tutta italiana che per le giovani vede una copertura contraccettiva poco efficace (utilizzo della pillola solo nel 6% dei casi) con un ricorso elevato del preservativo (oltre il 70%); a questo si associano a una bassa percentuale di nascite e a una bassa abortività. In alcuni Paesi, invece, dove l’utilizzo della pillola risulta notevolmente più elevato (circa il 30%) è alta anche la quota di nascite adolescenziali (3,7% nel Regno Unito) e del ricorso all’Ivg (14,8 per mille nel regno Unito e 13,4 in Svezia). Questa particolarità trova una parziale spiegazione nel fatto che tra le giovani italiane l’attività sessuale e il numero di partner, seppur in aumento rispetto alle generazioni precedenti, non raggiungono i livelli dei Paesi nord europei. Qui i giovani escono presto di casa per motivi di studio, mentre gli italiani devono gestire anni di attività sessuale stando ancora in famiglia: questo limita certamente le occasioni e di conseguenza il rischio di gravidanze indesiderate.
Note
¹UN-Department of Economic and Social Affairs, Population Division, Centre for Reproductive Rights (2014), Abortion Policies and Reproductive Health around the World
²Ganatra B. et al. (2017), “Global, regional and subregional classification of abortion by safety, 2010-14: estimates from a Bayesian hierarchical model”, The Lancet, Published online September 27, 2017
³Ministero della Salute (2017), Relazione sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione della gravidanza. Dati definitivi 2016.
Fonti figure e tebelle
¹Fonte figura 1 Il tasso di abortività è stato calcolato considerando il numero di Ivg e la popolazione femminile presenti nel Database EUROSTAT. Per i seguenti Paesi invece i dati sono stati presi dai rispettivi siti: Svezia, Danimarca, Francia, Norvegia.Il Tft e l’età media al primo figlio sono stati presi dal Database EUROSTAT.La percentuale di nati vivi entro i 20 anni è stata presa dal Database OMS European Health for All.
²Fonte tabella 1 – Il tasso di abortività è stato calcolato considerando il numero di Ivg e la popolazione femminile presenti nel Database EUROSTAT. Per i seguenti Paesi invece i dati sono stati presi dai rispettivi siti: Svezia, Danimarca, Francia, Norvegia
Marzia Loghi, Alessia D’Errico, Angela Spinelli
18/12/2018 www.neodemos.info
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