Se lotti contro il caporalato senza retorica e provi a protestare davvero vieni denunciato

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Protestano contro il caporalato e vengono denunciati: paradosso o realtà? Accade nel nord Italia a lavoratrici e delegati dell’Adl Cobas. Del resto, basta un presidio, un picchetto, una manifestazione per vedersi accusati di violenza privata o beccarsi accuse ben piu’ gravi come quelle previste dal Pacchetto Sicurezza.
La nostra solidarietà ai compagni e ai lavoratori colpiti dalla repressione è scontata ma fa rabbia il senso di impotenza diffuso verso la criminalizzazione dei fenomeni sociali, la penalizzazione del conflitto nei luoghi di lavoro.
Il caporalato esiste in Italia ed è diffuso in ogni regione, non è prerogativa del Meridione, riguarda soprattutto la filiera alimentare e le vittime non sono solo migranti ma anche italiani senza reddito, lavoro, senza casa.
Il caporalato 4.0 è ancora da studiare, siamo fermi nell’immaginario collettivo allo sfruttamento intensivo nei campi durante la stagione estiva, pensiamo sia prerogativa solo del periodo piu’ caldo dell’anno.

Esistono gli strumenti giuridici, l’articolo 603-bis del Codice penale punisce proprio lo sfruttamento del lavoro attraverso l’intermediazione illecita . Soffermiamoci su questi aspetti: intermediazione illecita è il reclutamento di personale che poi, per indigenza o stato di bisogno, viene fatto lavorare in condizioni di sfruttamento, privato di diritti e talvolta della stessa libertà. Forse bisognerebbe allargare il ragionamento a tanti appalti dove la intermediazione è invece lecita e legale ma si verificano,sovente, casi analoghi di sfruttamento con le lavoratrici costrette a subire condizioni lavorative e di vita peggiori subendo sulla loro pelle i cambiamenti riorganizzativi. Chi si approfitta, come dice qualche circolare Inail, dello stato di bisogno dei lavoratori per reclutarli e impiegarli in condizioni di mero sfruttamento non dovrebbe forse essere accusato di intermediazione illecita?

E in tal caso migliaia di lavoratori e lavoratrici nei servizi non potrebbero denunciare i loro stessi datori di lavoro e le stazioni di committenza? Sappiamo come il ragionamento, giuridicamente parlando, non regga perchè esistono innumerevoli riferimenti normativi a rendere del tutto lecito il passaggio di appalti che massacrano la forza lavoro tuttavia, quando leggiamo cosa sia il caporalato., vengono in mente tante altre situazioni “legali”.
Sullo stato di bisogno meriterebbe aprire una riflessione perchè senza reddito o salario non si vive, allora chi oggi puo’ dirsi estraneo a questa condizione? La nostra è forse una mera provocazione ma in tempi lontani gli avvocati del lavoro e anche settori della Magistratura democratica sono partiti da considerazioni analoghe per approdare ad una nozione di diritto decisamente piu’ avanzato, accrescendo le tutele della forza lavoro.
Il caporalato 4.0 per Inail si basa sulla sistematica e continua violazione delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, ma questo non vale anche per molte altre aziende o pseudo cooperative?
E quando si parla di caporalato laddove il lavoratore è costretto a vivere in alloggi degradanti , sottoposto a continui controlli , non dovremmo rimettere in discussione anche gli strumenti di controllo a distanza attraverso gli smartphone, i cerca persone ormai diffusissimi in ogni posto di lavoro, pubblico o privato che sia?
Leggendo le circolari Inail si capisce che quanto viene imputato al caporalato puo’ avvenire, magari in forme diverse, anche in altri luoghi di lavoro. Poi un discorso a parte merita la strada giudiziaria tra intercettazioni per appurare i reati, la confisca dei beni e delle somme di denaro, l’utilizzo a fini sociali e lavorativi delle conquiste , una strada lastricata di crescenti difficoltà.
Ma il fenomeno caporalato risulta in continua evoluzione e spesso risulta legale cio’ che legale non è, per esempio con registrazione di ore o giornate lavorate inferiori a quelle effettivamente svolte, oppure pagando una retribuzione molto piu’ bassa di quella prevista dal contratto nazionale di riferimento, oppure applicando dei contratti pirata di associazioni sindacali e datoriali di comodo per abbassare il costo del lavoro e ridurre ai minimi termini le tutele collettive ed individuali.

In Italia ormai il caporalato non è assimilabile solo allo sfruttamento della forza lavoro migrante nel settore dell’agricoltura , piuttosto riguarda tante cooperative, o presunte tali, aziende e cambi di appalto, avviene applicando contratti di comodo e attraverso i processi riorganizzativi che permettono di aggirare le clausole sociali.
Allora se vogliamo combattere il caporalato 4.0 bisognerà rivedere il codice degli appalti, la legislazione in materia di lavoro per impedire contratti pirata, retribuzioni basse, processi riorganizzativi che aggirino l’obbligo della riassunzione alle medesime condizioni. Ma siamo certi che un Governo, qualunque esso sia, voglia porre fine alle imperanti ingiustizie nel mondo del lavoro? Sta qui la contraddizione principale, il caporalato ha fatto scuola e le sue dinamiche oppressive stanno mutando in corso d’opera allargandosi a settori e ambienti nuovi.

Federico Giusti

10/3/2019 www.controlacrisi.org

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