La cannabis che cura

La rubrica sulla Cannabis Terapeutica di Fuoriluogo.it

Numero 13 – Marzo 2019
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A cura di Francesco Crestani
Associazione Cannabis Terapeutica
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La Cannabis terapeutica funziona? Te lo dice l’app

Una app per cellulari viene usata in America per controllare gli effetti terapeutici della cannabis. I pazienti registrano l’entità dei sintomi prima e dopo l’utilizzo della pianta, nonchè il tipo di cannabis e la modalità di somministrazione. In tal modo sono state registrate quasi ventimila “sessioni” di terapia da parte di 3341 pazienti. Si è così dimostrata una riduzione media dei sintomi di 3,5 punti in una scala da zero a dieci su 27 categorie di sintomi. Il prodotto più usato era le infiorescenze seccate. In questa ricerca solo alti livelli di THC, e non di CBD, erano associati a riduzione dei sintomi.Gli autori fanno al riguardo alcune ipotesi. Una è che i livelli di CBD dichiarati nei prodotti in vendita in America siano inaccurati (per eccesso) come è stato già dimostrato in un altro studio. Al contrario che in Italia, dove i prodotti per terapia sono controllati alla stregua dei farmaci, in America il mercato è “libero” (negli stati ove è permesso). Altra possibile spiegazione è che il CBD abbia effetti a lungo termine, aldilà dei novanta minuti per i quali si riferivano le osservazioni dello studio, o che abbia effetti su altri sintomi non studiati nella ricerca, o che i suoi effetti non raggiungano la soglia della percezione.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6389973/

Per gli oncologi americani è un farmaco da “fine vita”

Un sondaggio tra oncologi americani ha dimostrato che l’83% degli specialisti riferisce che la cannabis può essere benefica negli stadi finali della malattia. Al contrario solo il 33% riferisce che può essere benefica nelle prime fasi. Le conclusioni sono interessanti, in quanto i medici che affermano che la cannabis possa essere utile nel fine vita riferiscono anche che la canapa possa essere un trattamento efficace nei sintomi frequentemente esperiti durante il corso della malattia tumorale (scarso appetito, cachessia, nausea, vomito, ansia).  La maggioranza degli oncologi che ritengono utile la cannabis nel fine vita riferiscono anche che ha meno rischi di dipendenza e di overdose rispetto agli oppiacei. La maggioranza inoltre nega che la cannabis possa avere effetti anti-tumorali.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30794936

Cancro: i malati stanno meglio

Se gli oncologi americani ascoltassero quel che riferiscono i malati, forse cambierebbero idea. Basterebbe vedere quel che pubblicano i medici del Minnesota. Il programma sulla cannabis medica del Minnesota registra routinariamente i punteggi dei sintomi dei pazienti. In questo caso sono stati studiati i sintomi dei malati di tumore durante i primi quattro mesi di partecipazione al programma. Si è visto così che si ha riduzione significativa di tutti i sintomi (ansia, perdita di appetito, depressione, disturbi del sonno, astenia, nausea, dolore e vomito). La proporzione di malati che riferivano una riduzione del 30% o più dell’entità sintomi variava dal 27% (astenia) al 50%(vomito). Effetti collaterali erano riferiti solo dal 10,5% dei malati.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30860938

Il CBD può normalizzare il cervello degli psicotici

In uno studio randomizzato, a 16 soggetti ad alto rischio di psicosi è stato somministrato CBD (600 mg), mentre 17 hanno ricevuto placebo. 19 persone sane sono state studiate come controllo. Tutti sono stati sottoposti poi a risonanza magnetica funzionale. Ne è risultato che il CBD può parzialmente normalizzare alcune alterazioni del cervello che sono associate al rischio di psicosi.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=wilson+cannabidiol+medial

Se lo stomaco non si svuota.

La gastroparesi è una malattia in cui lo stomaco si svuota con difficoltà, portando a vari disturbi (nausea, vomito). A 197 pazienti consecutivi è stato somministrato un questionario riguardante i loro sintomi e i trattamenti che facevano. Quasi la metà dei malati (il 46,7%) riferiva uso attuale o passto di cannabinoidi, incluso THC (63), dronabinolo (derivato sintetico, 36), e/o CBD (16). La maggioranza riferiva miglioramenti; la via più usata era il fumo.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30865015

Donne più soddisfatte a letto

E’ stato distribuito un questionario anonimo a 373 donne afferenti a un centro di ginecologia di Philadelphia. Il 34% riferiva di usare cannabis prima di fare sesso. La maggioranza aveva un aumento del desiderio, un orgasmo migliore e una riduzione del dolore.
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2050116119300091?via%3Dihub

E soddisfatte anche in caso di dolore

Che strategie adottano le donne australiane per i dolori da endometriosi? I metodi più usati, secondo un sondaggio, erano il calore, il riposo e gli esercizi di respiro. I metodi riferiti più efficaci erano la cannabis, il calore e l’olio di canapa/CBD, che avevano una efficacia rispettivamente di 7,6, 6,52, 6,33 su una scala di 10 punti.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6332532/

I bambini degli hospice inglesi

In Gran Bretagna circa 50.000 bambini sono affetti da malattie a prognosi infausta, e un terzo è ricoverato in hospice pediatrici. Ai 54 hospice per bambini del Regno Unito è stato inviato un questionario sull’uso della cannabis, non prescritta da medici. Hanno risposto 40 hospice; circa l’87,5% delle strutture era a conoscenza che i bambini usavano olio di cannabis a fini terapeutici. Le conclusioni sono che l’olio di cannabis è usato estensivamente, ma molti hospice non sono in grado di dare supporto nell’uso. C’è quindi bisogno di linee guida chiare su come approcciarsi a questo bisogno di cure.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=tatterton+walker

Cannabis al posto di altri farmaci

Ben tre recenti studi confermano la possibilità di sostituire o ridurre l’uso di farmaci grazie all’uso di cannabis. Nel primo studio è stato sottoposto un questionario a pazienti canadesi registrati per l’uso di cannabis terapeutica. Hanno riposto in 2032, e dolore e problematiche psichiche erano i disturbi più coinvolti. La sostituzione più frequente era per i farmaci di prescrizione, seguiti da alcol e tabacco. Gli oppiacei erano i farmaci più sostituiti, seguiti dagli antidepressivi. 362 pazienti avevano smesso del tutto di usare oppiacei. La dose media di cannabis era 1,5 grammi al giorno.
https://harmreductionjournal.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12954-019-0278-6

Un secondo sondaggio è stato fatto negli Stati Uniti, su 1321 partecipanti che erano in cura per dolore cronico. L’80% riferiva di aver sostituito con la cannabis i loro farmaci, 53% oppiacei e 22% benzodiazepine, in quanto riportavano meno effetti collaterali e una miglior gestione dei sintomi.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=shah+martin+lakkad

Infine è stato fatto uno studio di popolazione negli USA, su più di 4.800.000 persone, è si è visto che la legalizzazione della cannabis terapeutica era associata a minor rischio di uso di oppiacei, di uso cronico di oppiacei e di uso di oppiacei ad alto rischio. Come controprova si è controllato per i farmaci antilipidemici e antiipertensivi, e per questi non c’era alcuna variazione.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=pills+to+pot

Per cosa la usano gli americani?

Sono stati studiati i registri degli stati degli USA nei quali è permesso l’uso di cannabis terapeutica. Venti stati e il distretto di Columbia hanno registri al riguardo, e quindici riportano anche i dati sulla condizione che ha richiesto l’uso. La condizione qualificante più comune è il dolore cronico (64,9%), poi troviamo la sclerosi multipla, la nausea e il vomito da chemioterapia, il disordine da stress post-traumatico e il cancro. L’85,5% dei pazienti riferisce di efficacia “sostanziale o conclusiva”.  Il numero dei pazienti inoltre è aumentato in maniera enorme negli ultimi anni, e nostante ciò i dati sono sottostimati in quanto mancano i report di vari stati, soprattutto la California.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/pmid/30715980/

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