Difesa della razza o del futuro?

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La difesa della razza, rivista italiana fascista del 1938 (Foto di Luca Cellini)

TEMPI

Tempi strani, tempi in cui si fa un gran parlare del fascismo, si riscrivono libri sulla storia, sul fatto che “in fondo il fascismo ha fatto anche cose buone”, son tempi in cui si tenta in ogni modo di compiere un’abile manovra di revisione storica, per dipingere il fascismo come portatore di istanze positive per il popolo, di avanzamento sociale e di messa in opera di valori come giustizia, ordine, onestà morale, disciplina etc.
Negli studi storici, da tempo è presente una interpretazione che vorrebbe leggere positivamente l’operato del fascismo almeno fino alle leggi razziali del 1938, sostenendo il mito di un Mussolini “buono” tradito dalla relazione con il vero “cattivo”, Adolf Hitler. Un punto di vista che si sposa perfettamente con l’autorappresentazione dominante degli “italiani brava gente”, vero e proprio mito fondativo nazionale che abbiamo bisogno di raccontarci, anche per non confrontarci con le pagine più violente della nostra storia. Non è infatti un caso che i crimini coloniali italiani siano assenti dalla riflessione pubblica (siamo buoni no? Quindi dobbiamo dimenticarci i gas usati contro gli Etiopi per ordine di quell’esempio di italianità del generale Badoglio, dobbiamo dimenticarci le bambine di 12 anni che venivano stuprate dai soldati italiani in Libia, dobbiamo scordarci delle legge razziali, delle torture perpetrate a migliaia di oppositori, le fucilazioni, la collaborazione alla deportazione, le stragi operate nei villaggi dagli squadroni della morte della decima mas, ci dobbiamo anche scordare lo stragismo e le evidenti connivenze tra apparati deviati dello Stato e formazioni di stampo fascista che mettevano le bombe nelle piazze e sui treni a partire dagli anni 70’ insomma, per mantenere la nostra immagine di “italiani brava gente pare che ci si debba scordare di un sacco di cose.

STORIA

Cerchiamo di ripercorrere cosa hanno significato venti anni della nostra storia sotto il fascismo. Storicamente il termine fascismo deriva dai “fasci” (in latino fascis) di combattimento fondati nel 1919 da Benito Mussolini, Il riferimento era ai fasci usati dagli antichi littori come simbolo del potere. L’ascia presente nel fascio simboleggiava il supremo potere di vita o di morte, mentre le verghe erano simbolo della potestà sanzionatoria, e materialmente usate dai littori per infliggere la pena della fustigazione.

Già dall’etimologia, si possono comprendere facilmente molte di quelle che sono le caratteristiche e i metodi che stanno alla base del fascismo: il culto del grande impero Romano, ma attenzione non tanto per l’avanzamento culturale, legislativo, architettonico, organizzativo e politico che aveva raggiunto rifacendosi a molti principi e della cultura greca ellenistica, bensì per la propensione colonialista dell’impero romano, per le modalità dell’uso organizzato della forza, il culto della giovinezza, il culto della nazione che domina le altre, il culto della violenza e il “principio mistico del capo”, che prevede una concezione gerarchica e piramidale del mondo che esalta l’obbedienza, cieca, irrazionale e totale.

Il fascismo, sul piano ideologico, è populista, fermo fautore della proprietà privata intoccabile pena persino la morte, della divisione della società in precise classi organizzate in strettissimo modo subalterno e fortemente controllate, è antiborghese, antidemocratico fortemente ostile alle istituzioni liberali e parlamentari e a ogni forma di confronto che metta in dubbio questa visione, a tal punto da espellere, confinare, punire severamente con anche la morte chiunque dissenta o proponga punti di vista differenti o divergenti.
Sul piano politico, fu un regime di carattere totalitario che fondò il proprio potere sull’uso sistematico della violenza e della repressione, in specie tramite un costante richiamo all’odio, al disprezzo e alla denigrazione, alla sopraffazione verso i partiti e i movimenti antifascisti o antinazionali, comunisti, socialisti, neutralisti, bolscevichi, liberali, pacifisti, repubblicani, democratici, popolari, di differente natura, tendente all’omologazione per generi che prevedono solo l’uomo come genere dominante e la donna come genere subalterno, nessun spazio per tendenze sessuali di altro genere che non quelle etero, con l’idea guida che vi possa essere solo una razza forte, scelta dal volere divino, e che domini su tutte le altre con ogni sistema possibile.

IL VENTENNIO

Nel ventennio, il partito nazionale fascista era l’unico partito ammesso; il capo del governo doveva rispondere del proprio operato solo al re e non più al Parlamento; qualsiasi forma associativa di cittadini doveva essere sottoposta al controllo ferreo della polizia; gli unici sindacati riconosciuti erano quelli fascisti, gli scioperi proibiti, le autorità di nomina governativa sostituivano le amministrazioni comunali e provinciali elettive, che venivano quindi abolite, i sindaci furono sostituiti dai prefetti a cui a livello locale fu dato molto potere, fu instaurato il confino per gli antifascisti e reintrodotta la pena di morte per punire coloro che attentassero all’ordine costituito secondo vari reati classificati come contro reati contro lo Stato.

Sotto il regime mussoliniano, tutta la stampa fu sottoposta al controllo del governo e veniva sistematicamente censurata qualora riportasse contenuti anti-nazionalistici o di qualsiasi critica verso il governo; fu instaurato infatti un controllo sistematico della comunicazione e, in particolare, della libertà di espressione, di pensiero, di parola, di stampa; venivano inoltre represse la libertà di associazione, di assemblea e di religione.

Il regime mostrò grande interesse anche per le tecniche di formazione e manipolazione del consenso: oltre la stampa, scuola, università, cinema, organizzazioni sportive e dopolavoristiche vennero integralmente “fascistizzate” decisiva fu, in questo senso, la politica religiosa, culminata con la stipula dei patti lateranensi nel 1929.

LA RAZZA

Nel 1938 il fascismo approvò le leggi razziali (che perseguitavano ebrei, rom, e anche gli omosessuali) e persino identificavano nei popoli italiani meridionali una specie di popolo “sub-italiano” frutto di anni di dominazione straniera e quindi che aveva perso il carattere originario italico e per questo considerati inferiori. Le leggi razziali non furono solo il segno della subalternità italiana nei confronti del nazismo, ma anche l’apice dell’espressione della cultura antidemocratica e anti-egualitaria di tutta l’ideologia fascista, il motto era “La difesa della Razza!”

Poi seguirono la guerra e le persecuzioni: milioni di morti sotto i bombardamenti, la polizia politica che torturava nei peggio modi i prigionieri, i partigiani di tutte le formazioni politiche, seguirono la collaborazione strettissima con il nazismo che prevedeva la deportazione di migliaia di ebrei, di zingari, di omosessuali, di prigionieri politici dentro i campi di concentramento, il tradimento di tutti i militari italiani che furono abbandonati a sé stessi dopo l’8 settembre e per di più non furono nemmeno avvisati dell’armistizio e perciò facile prede lasciati di fatto in mano alle truppe tedesche che deportarono in massa tutti i militari italiani che si rifiutarono di collaborare con il Nazifascismo, seguì poi, la devastazione, l’orrore, l’annichilimento della natura umana.

LA COSTITUZIONE

La nostra Costituzione, scritta e votata all’indomani della fine della guerra e della caduta del fascismo, è il frutto di un importante compromesso, politico e culturale. Un “compromesso” che nasceva dall’esigenza di scongiurare il ripetersi degli errori (e degli orrori) appena commessi, e di inaugurare l’ingresso dell’Italia in una nuova era, fatta di Libertà, Eguaglianza, Giustizia e Democrazia.
L’art. 21 infatti, di questo grande progetto, chiamato “Costituzione Italiana” sancisce chiaramente la libertà di pensiero, di espressione, di stampa, una libertà che ultimamente e a sproposito vengono invocate a tutela del diritto di rivendicare la propria fede e appartenenza all’ideologia fascista, o comunque, a una cultura che ne ricalca peculiarità e caratteristiche. La nostra Costituzione e la nostra legge rifiutano e perseguono a termini di legge il fascismo, non perché è una Costituzione comunista, o socialista, o di sinistra o altro, la nostra Costituzione fu scritta dalle macerie fumanti di due guerre, fu scritta da tutte le rappresentanze politiche e sociali che dal fascismo erano passate pagandone un carissimo prezzo, la Costituzione rifiuta il fascismo perché da quel bruttissimo film dell’orrore ci siamo già passati.
Per questo, essere fascisti non è un’opinione, ma una deviazione, culturale, storica, e politica, che racchiude in sé aspetti oltremodo pericolosi per la vita sociale e delle persone, sia nelle teoriche intenzioni, che nelle possibili e concrete conseguenze.  La storia insegna, a chi l’ha studia, che il fascismo non portò niente di buono, il fascismo come anche il nazismo sono stati sconfitti e messi al bando non tanto dai ricchi, dalle classi sociali alte, bensì dai popoli stessi che lo avevano subito.  Il fascismo anche quello attuale non ha in sé nessuna idea rivoluzionaria, né di progresso popolare, né di avanzamento sociale, ma solo un’idea estrema di controllo, di imposizione tramite l’uso estremo della forza, di proclamazione quasi sacra della legge del più forte sul più debole, crede in una precisa e ferrea organizzazione gerarchica sociale, una divisione netta tra comandanti che devono impartire ordini e farsi ubbidire con l’uso della paura e della forza e comandati che li debbono solo eseguire, subire, pena il contrario, orrori e violenze senza fine.

CORSI E RICORSI

Ciclicamente e in differenti contesti geografici il fascismo è stato usato a sommo studio dall’ideologia capitalista, e padronale, i cui vertici ogni volta intravedono all’orizzonte una seria minaccia di cambiamento sociale che, possa rimettere in discussione in qualche modo l’organizzazione di tipo padronale, verticistico, piramidale, violenta e profondamente antiumanista, ecco che il fascismo ritorna sempre a fare capolino come arma di annullamento e annichilimento delle coscienze, fino a riservarsi pure la possibilità di creare le condizioni ideali per la guerra come arma di autodistruzione di massa, ovviamente dei ceti sociali più bassi, le classi alte vengono sempre risparmiate dalla guerra, anzi solitamente ne escono ulteriormente arricchite e rafforzate. La guerra fra poveri in definitiva come purga sociale, dopodiché, terminata la sua funzione, si ricomincia come prima con lo stesso sistema che va avanti nel suo impianto base sociale da almeno 3000 anni.

Questo periodo storico, un’altra volta purtroppo è ritornato ad essere terreno fertile e humus ideale per nuovi fascismi, magari un poco diversi nella forma, perché si adattano nelle loro vesti ai tempi, ma uguali nella loro riproposizione del conflitto sociale fra poveri, anziché direzionato verso le classi più ricche che detengono il potere di risorse, mezzi produzione, e oggi persino dei mezzi di comunicazione di massa, attraverso i quali narrano una realtà di destabilizzazione e disorientamento sociale dilagante come se fosse frutto casuale o naturale quando invece è il preciso risultato delle politiche neoliberiste e di privilegio dei pochi applicate in scala globale.
Il fascismo andrebbe visto più come un sintomo acuto d’una malattia dell’ego delle persone, un morbo sociale che trova il suo terreno ideale proprio nell’applicazione dei concetti portati all’estremo dell’ideologia del capitale, che alla base di fatto prevede la consacrazione dell’individualismo e della legge del più forte il capitalismo mette in atto questo modello su un piano economico di tipo violento, ricattatorio, coercitivo e basato sullo sfruttamento delle persone, il fascismo persegue gli stessi fini però con una metodologia apertamente violenta sul piano fisico.

LA LEZIONE DELLA STORIA

Prendere coscienza di questo, essere consapevoli del contesto storico e sociale in cui nuovamente ci ritroviamo, raccontare, ricordare come, perché e da dove nacque il fascismo, può aiutare, certamente contribuire a mutare la situazione e gli equilibri in gioco, affinché  si  possa non ripassare dagli stessi sbagli, bisogna ricordare, avere memoria di quanto accadde, perché la storia si sa, è una maestra molto severa, fa ripetere la lezione, più e più volte, fintanto non la si sia ben imparata.  La questione in definitiva ancor più se fra l’essere fermi antifascisti o silenziosi spettatori di fronte alle derive fasciste, credo invece sia, se si preferisca scegliere fra scordarci del nostro passato per paura del futuro, o ricordarci di guardare bene in faccia il nostro passato per aver meno paura  del futuro.

Luca Cellini

24/4/2019 www.pressenza.com

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