Xylella, decreti e dissenso
L’approvazione al Senato del Decreto Emergenze in Agricoltura è uno smacco per l’ambiente e la salute umana, oltreché per la libertà di ricerca. Anzitutto va ricordato che a tutt’oggi non vi è alcuna certezza scientifica né sulla conoscenza del fenomeno in questione, né sulle sue cause, né sui rimedi. Ciò nonostante, anziché sostenere e promuovere la ricerca scientifica, la gestione del fenomeno Xylella ha fatto leva sull’espianto di olivi e sul massiccio utilizzo di insetticidi neurotossici, come stabilito dal Decreto Martina del febbraio 2018 e dal Decreto Centinaio dell’ottobre 2018. In particolare, l’articolo 6 del Decreto Martina, disciplinando in modo restrittivo la detenzione e la movimentazione di materiale vegetale infetto dal batterio, ha finito per costituire un ostacolo concreto ad un approccio scientifico pluralista, ostacolo all’ombra del quale sembra essersi sviluppato un sostanziale monopolio scientifico dell’Università di Bari e dei laboratori ad essa collegati, come ha rilevato la Procura di Lecce.
Con la conversione del Decreto Emergenze, la disciplina posta dai Decreti Martina e Centinaio è stata rafforzata dalle sanzioni pecuniarie previste a carico dei soggetti che volessero opporsi agli espianti, sia pure allo scopo di promuovere analisi più approfondite e di fugare eventuali incertezze. A questo proposito basti ricordare il caso recente dell’olivo di Monopoli, in un primo momento dichiarato infetto e condannato all’espianto e in seguito salvato in extremis dai risultati di nuove analisi, caso che richiama alla mente la “incredibile sciatteria” nelle operazioni di campionamento di cui parla la Procura di Lecce.
È poi significativo rilevare che, ai fini delle sanzioni, il Decreto Emergenze distingue i soggetti che volessero opporsi agli espianti in due categorie: i proprietari, conduttori e detentori dei terreni ove insistano piante infette, da una parte, e tutti gli altri soggetti, dall’altra, riservando ai secondi sanzioni doppie rispetto ai primi. Poiché nella seconda categoria rientra chiunque si batta per promuovere, anche sul piano culturale, un approccio al problema Xylella diverso da quello fondato sugli espianti, mi pare che si tratti di un singolare e discutibile esempio di limitazione della libertà di espressione.
Ma non basta perché la disciplina approvata dal Senato sembra destinata a instaurare un regime permanente di emergenza, in quanto permette – per questa come per le future fitopatie che già si delineano all’orizzonte (l’HLB per gli agrumi in Sicilia, ad esempio) – di “attuare le misure fitosanitarie e ogni altra attività ad esse connessa … in deroga a ogni disposizione vigente”, scavalcando cioè fondamentali strumenti di salvaguardia degli equilibri ambientali e sanitari (quali la Valutazione di Impatto Ambientale, la Valutazione Ambientale Strategica e la Valutazione di Impatto Sanitario), con il rischio di compromettere ecosistemi, assetti idrogeologici e paesaggistici, nonché la salute delle popolazioni locali, atteso che la disciplina posta dai Decreti Martina e Centinaio si fonda, come già ricordato, sull’utilizzo massiccio di insetticidi neurotossici.
A questo punto non ci sarebbe da meravigliarsi se la normativa approvata il 15 maggio dal Senato – al pari del Decreto Martina, che è ancora sub iudice – finisse per formare oggetto, prima o poi, di un sindacato giurisdizionale.
Fanno infine riflettere due dati. Il primo è che l’impianto normativo varato dal Governo è stato ratificato dal Legislatore senza alcun emendamento di rilievo anche dopo che la Procura di Lecce ha nettamente evidenziato come la gestione dell’intera vicenda Xylella sia stata caratterizzata da “molteplici aspetti di irregolarità, pressapochismo e negligenza”, che si sono tradotti in “comportamenti assolutamente disarticolati, caratterizzati da scarsa trasparenza e professionalità e non consoni ad una corretta gestione dell’emergenza”. Il secondo dato è che, secondo consolidate strategie, nelle stessa giornata in cui il Decreto Emergenze era all’esame del Senato è stata fornita ampia diffusione a documenti a dir poco allarmistici sulla pretesa diffusione del batterio all’intera Europa.
Mi chiedo se sia questo il modo più corretto ed equilibrato per affrontare un problema che investe e coinvolge diritti e libertà fondamentali dei cittadini.
Luca Marini
Docente universitario di Diritto internazionale presso la Sapienza di Roma, è presidente dell’European Centre for Science Ethics and Law
16/5/2019 https://comune-info.net
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