L’influencer, un eroe dei nostri tempi
Tutti voi conoscerete l’acqua minerale Evian. È già cara rispetto alle altre acque minerali: in rete la si trova in confezione da sei bottiglie in PET da 1,5 litri a 4,99 euro. Ma non è nulla al confronto della stessa acqua minerale griffata da Chiara Ferragni, che costa ben 8 euro per bottiglia da 75 cl in vetro.
Perché Chiara Ferragni è una influencer. Ma chi è un influencer? «Influencer: individui con un più o meno ampio seguito di pubblico che hanno la capacità di influenzare i comportamenti di acquisto dei consumatori in ragione del loro carisma e della loro autorevolezza rispetto a determinate tematiche o aree di interesse».
Dalla definizione possiamo innanzitutto capire che un influencer non è un titolo di studio, non è un lavoro, né tanto meno un’onorificenza. Influencer individua una persona che, soprattutto grazie alla rete, ha acquisito una notevole visibilità, è nota al pubblico, e già solo per questo è in grado di orientare i gusti del pubblico stesso.
Non servono grandi doti per diventare influencer. Giova sicuramente avere le spalle coperte in modo da non dover necessariamente lavorare e, soprattutto, essere belli. Chiara Ferragni è di buona famiglia lombarda, è sicuramente bella, non ha terminato l’università, ma questo non importa. In compenso ha sposato un famoso rapper, quale Fedez, e questo giova. Così come giova ed è in perfetta sintonia con il personaggio aver allestito un royal wedding di proporzioni stellari che ha avuto un Media Impact Value (è l’algoritmo che trasforma la viralità in valore economico, esiste anche questo…) pari a 36 milioni di dollari (vedi repubblica.it). Il che significa che ogni brand, ogni marchio utilizzato dalla Ferragni in funzione delle nozze, da Dior a Prada, da Lancome a Alberta Ferretti, ha ottenuto già solo per questo un ritorno economico notevole. Del resto, la Ferragni è una delle maggiori influencer al mondo.
Interessante questo fenomeno degli influencer. Esso si presta a una doppia lettura: l’influencer non è che l’estremizzazione della tendenza in atto da decenni nella nostra società di deificare persone non tanto per ciò che esse sono, ma per come esse appaiono. È il trionfo dell’apparire sull’essere. Amplificato dai social, da Facebook, da Instagram, amplificato dai selfie. Nel contempo, è il trionfo dell’individuo sulla massa. Ma è anche, nel ruolo che l’influencer svolge di orientare i gusti della gente, un consacratore della trasformazione della persona in consumatore, come già a suo tempo bene disse Pasolini: l’uomo vale non più in sé ma in quanto consumatore. Anzi, egli stesso diventa merce. Del resto, non è un caso che nel linguaggio giuslavoristico si parli ormai dei lavoratori di un’azienda come di “risorse umane”. L’influencer è il simulacro di una trasformazione ontologica dell’umanità.
Ma torniamo e concludiamo con un tema che mi interessa collegato all’influencer: il culto della personalità, dimodoché se sei bello e famoso puoi ambire a ruoli che in una società non malata mai ti spetterebbero. Un classico è l’essere eletto in parlamento in virtù di caratteristiche che nulla hanno a che spartire con la capacità di gestire la cosa pubblica. Gianni Rivera, ottimo calciatore, divenne deputato nelle file della DC. Gerry Scotti, simpatico presentatore, lo divenne nelle file del PSI. Cicciolina, nota pornostar, nelle file dei radicali, e via discorrendo.
Volete un esempio recente? Il libro più venduto da Amazon è Un capitano di Francesco Totti. E se Totti si presentasse alle (forse) prossime elezioni non vi è alcun dubbio che verrebbe eletto. E magari potrebbe anche ambire alla carica di ministro. Ma quanto meno Totti in passato un merito lo ha avuto: giocava bene al pallone. L’influencer, boh?
Fabio Balocco
22/8/2019 https://volerelaluna.it
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