Appuntamenti e informazioni per la campagna “Il giudizio universale”
Avremo ospiti i rappresentanti della campagna Giudizio Universale che, proprio durante le nostre feste, presenteranno la prima CAUSA contro lo Stato Italiano per aver violato la giustizia climatica.In molti paesi, movimenti e cittadini stanno citando in giudizio Stato, istituzioni e imprese per costringerli ad attuare politiche rispettose dell’ambiente e sostenibili.In Italia cittadini, studenti, scienziati, avvocati, attivisti e volontari di associazioni ecologiste, comitati territoriali, centri di ricerca e media indipendenti, persone e realtà impegnate quotidianamente per l’ambiente e per il clima, si sono riuniti nella campagna Giudizio Universale, convinti che bisognasse attivarsi anche legalmente per salvare se stessi e il Pianeta.
I fatti sono evidenti: scioglimento dei ghiacciai; incendi in Siberia; desertificazione; eventi climatici estremi; estinzione di interi ecosistemi.
La comunità scientifica si è espressa chiaramente, sostenendo che, continuando così, entro la fine del secolo le temperature aumenteranno di oltre 4°C e che ci sono solo undici anni per bloccare tutte le politiche che generano emissioni e modificano il clima.
L’allarme è stato completamente inascoltato dalla politica e dai governi.
Eppure un riscaldamento di anche solo di 1.5°C delle temperature significa interi ecosistemi distrutti ed estinzione di massa delle specie animali e vegetali; un aumento del 100% del rischio di inondazioni; 350 milioni di persone esposte a rischio idrico e siccità; 46 milioni colpite dall’innalzamento del livello dei mari; il 9% della popolazione mondiale esposta a ondate di calore.
Tutto questo porterà al collasso dei sistemi di produzione del cibo, metterà sotto alto stress le società attuali incrementando i conflitti e le migrazioni di massa di intere popolazioni.
I cambiamenti del clima inoltre si traducono sempre più in disuguaglianze e violazioni di diritti umani fondamentali.
E poi c’è l’Italia.
La geografia e la topografia del nostro territorio, che costituiscono l’unicità del nostro Paese, ne determinano anche l’estrema fragilità di fronte ai cambiamenti climatici. L’area mediterranea è infatti particolarmente a rischio: si riscalda una volta e mezzo più velocemente del resto del mondo, e con un riscaldamento di 2°C globale vedrebbe la propria disponibilità di acqua, già scarsa, ridursi di ben il 17%.
Anche la zona alpina è un hotspot dei cambiamenti climatici: lo scioglimento dei ghiacci perenni porterebbe alla perdita di fondamentali riserve d’acqua che alimentano le comunità che vivono alle pendici delle montagne, l’equilibrio degli ecosistemi verrebbe fortemente compromesso e aumenterebbe il rischio idrogeologico.
Di fatto, le temperature medie italiane sono già circa un grado e mezzo più alte rispetto al periodo preindustriale, con tutte le conseguenze in termini di disponibilità d’acqua, siccità, ondate di calore, ma anche fenomeni estremi come piogge, grandinate e nevicate forti e improvvise, inondazioni, trombe d’aria.
L’innalzamento del livello dei mari globale inoltre porterà alla scomparsa di molte aree, soprattutto costiere: esempi emblematici sono Venezia, la città sull’acqua, gran parte della Pianura Padana, la Liguria e tutte le regioni che si affacciano sul mare.
L’Italia è parte del cosiddetto gruppo dei Paesi sviluppati, quelli che storicamente sono i maggiori responsabili delle emissioni di gas serra a livello globale. Rispetto al 1990, al 2017 le nostre emissioni si sono ridotte di appena il 17.4% mentre già nel 2007 l’IPCC chiedeva che i Paesi sviluppati riducessero le emissioni del 25-40% entro il 2020.
Inoltre, parte di questa riduzione è dovuta sia alla crisi economica del 2008 e al conseguente calo della produzione, sia alla delocalizzazione di alcuni settori produttivi all’estero e non a politiche climatiche efficaci.
I nostri target di riduzione per il futuro sono del tutto insufficienti rispetto a quanto la scienza ci chiede per sperare di mantenere il riscaldamento globale sotto la soglia degli 1.5°C: anche la proposta di Piano Nazionale Energia e Clima presentata a fine 2018 è stata giudicata troppo poco ambiziosa.
I cambiamenti climatici non sono solamente un problema ambientale, che riguarda la natura, ma soprattutto una questione politica ed etica, in quanto mettono a repentaglio il godimento di una serie di diritti, in primis quello alla vita, alla salute e al lavoro, e colpiscono tutti ma non tutti allo stesso modo.
Se l’aria che respiriamo e la terra che calpestiamo sono le stesse per tutti, non sono uguali le capacità di adattarsi e reagire ai cambiamenti climatici per tutte le persone e per tutti i popoli. Il riscaldamento globale e le sue conseguenze porteranno e stanno già portando ad impatti disastrosi nell’intero pianeta, ma alcuni Paesi ne sono maggiormente colpiti. E questi Paesi spesso corrispondono a quelli meno sviluppati, che hanno contribuito meno al raggiungimento della situazione attuale, e che sono più impreparati a farvi fronte.
E chi non è in nessun modo responsabile della distruzione del clima e dell’ambiente a cui siamo arrivati sono le generazioni future, alle quali tuttavia stiamo lasciando un pianeta molto diverso da come lo abbiamo trovato.
A partire da queste richieste, i contenziosi legali per la giustizia climatica si sono moltiplicati negli ultimi anni: cittadini e associazioni si rivolgono ai tribunali per chiedere il rispetto dei propri diritti, contestando la responsabilità delle imprese più inquinanti e l’inazione degli Stati.
In quest’ultimo campo, dopo la prima importante vittoria nel 2015 della Fondazione Urgenda contro lo Stato olandese, obbligato dalla Corte a rivedere i propri target, sono aumentate esponenzialmente le azioni della società civile che mettono sotto processo i propri Stati: dalla Francia all’Irlanda, dal Belgio alla Svizzera, fino agli Stati Uniti.
La campagna Giudizio Universale sostiene che il nostro Paese non stia facendo abbastanza per tutelarci, per questo ha deciso di citarlo in giudizio, intentando un’azione legale che lo vincoli a fare di più e meglio.
Chiede: che lo Stato italiano riconosca la gravità della situazione in cui si trova l’Italia e agisca di conseguenza.
Chiede: che siano riconosciute le violazioni dei diritti umani causate dagli impatti dei cambiamenti climatici.
Chiede:che vengano adottati target di riduzione delle emissioni in linea con quanto ci chiede la scienza per mantenere il riscaldamento globale entro la soglia prudenziale di +1.5°C rispetto al periodo preindustriale.
Non mancate agli appuntamenti già fissati, aderite alla campagna come ho fatto io in qualità di Responsabile nazionale ambiente del PRC-SE, e contattate me o l’indirizzo mail della campagna per organizzare presentazioni in tutta Italia.
Elena Mazzoni
Responsabile nazionale ambiente PRC-S.E.
22/8/2019 www.rifondazione.it


Qui i link agli eventi fb delle presentazioni della campagna Giudizio Universale durante le feste di Verona e Padova:
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Per chi volesse sottoscrivere il mandato per fare causa allo stato italiano, a Padova l’8 settembre sarà con noi un avvocato di Giudizio Universale che spiegherà i dettagli e raccoglierà i mandati.
Qui il link alla pagina della campagna:
https://giudiziouniversale.eu/
Qui l’appello da sottoscrivere:
https://giudiziouniversale.eu/
Qui elenco associazioni promotrici ed aderenti:
https://giudiziouniversale.eu/
I dati riportati sono presi dalle seguenti fonti e dal sito della campagna Giudizio Universale:
http://www.isprambiente.gov.
https://www.ipcc.ch/
http://www.isprambiente.gov.
https://www.urgenda.nl/en/
https://laffairedusiecle.net/
https://www.
https://klimaseniorinnen.ch/
https://www.ourchildrenstrust.
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