Se vogliamo prevenire le patologie dei figli curiamo prima i genitori

disagio giovani
Stiamo assistendo ad un fallimento del ruolo genitoriale di massa che indirettamente grava sulla salute mentale dei figli. Se mancano i punti di riferimento i figli cresceranno senza una direzione e ci sarà chi compenserà e chi devierà.
I disturbi psicopatologici di bambini e adolescenti si stanno aggravando in termini di intensità e di frequenza e non possiamo stare inermi a guardare questa lenta ed inesorabile distruzione di massa. Se vogliamo fare prevenzione dobbiamo accettare questa condizione e cambiare ciò che non funziona. Se prima di fare i cambiamenti non aggiustiamo ciò che non funziona, prima o poi i cerotti si staccano.
La prima infanzia è una fase estremamente delicata in cui si pongono le basi solide su cui si costruirà un’identità stabile, una personalità forte, un’adattabilità del bambino, poi adolescente e infine adulto. E’ un periodo di plasticità neuronale e muscolare in cui il bambino è fortemente condizionabile in termini positivi e negativi, anche e soprattutto dall’apprendimento indiretto, ossia dall’esempio delle figure che lo accudiscono e dalle esperienze di vita che caratterizzeranno la sua vita.
I bambini hanno bisogno del legame, del confronto con il genitore, delle relazioni sociali, dell’attività fisica, di esprimersi da un punto di vista psicologico e fisico sentendosi contenuti da un adulto in grado di fargli da guida, di dargli la mano quando serve e di dirgli “vai ce la puoi fare da solo” quando necessario.
Hanno bisogno di chi non fa da paracadute solo per un egoismo personale, perché si fa prima, perché è meno faticoso, perché non si ha voglia di discutere con il figlio senza capire che se lo si cresce con la consapevolezza che avrà sempre e comunque un paracadute non spiegherà mai le sue ali. Deve crescere con la consapevolezza di un legame stabile, di essere riconosciuto e accettato, di avere un porto sicuro che gli permetterà di partire, di osare, di sperimentarsi perché sa che avrà dei pilastri su cui contare.
Ciò che invece tristemente vedo è che non si prende più in braccio un figlio per calmarlo, non ci si siede più con lui per farlo ragionare e capire cosa sta accadendo e di cosa ha bisogno, si dà uno smartphone, un tablet, una sorta di ciuccio digitale che serve da calmante e da ansiolitico. E’ più facile, è più rapido, i bambini vengono anestetizzati davanti agli schermi e il genitore può fare i benemeriti affari suoi in santa pace.
Posso comprendere i casi straordinari di necessità, ma ciò che distrugge un figlio è la continuità, la sistematicità, non l’occasionalità. Oggi siamo arrivati anche a non far camminare più i figli, a non insegnargli neanche dove mettere i piedi. Sono dotati di scarpe con le rotelle, di hoverboard (gli skate elettrici) per cui si vedono bambini sfrecciare da soli e genitori che non si rendono conto dell’importanza di prendere la mano di un figlio e di camminare al suo fianco.
Il problema non è solo psichico, emotivo e di acquisizione di competenze psichiche, è anche fisico, mi trovo sempre più bambini che non sanno correre, saltare, andare in bicicletta, fare una capriola, che sono completamente scoordinati e non hanno il senso dell’equilibrio. I bambini hanno bisogno di sporcarsi le mani e di sbucciarsi le ginocchia, di confrontarsi con gli altri coetanei, non solo con la tecnologia e con gli adulti, non devono solo competere a chi è più bravo, più bello, a chi fa più cose, a chi è più talentuoso, a chi si mette meglio in posa, a chi fa i video e i selfie più belli e prende già tanti like sui social. Hanno bisogno di litigare e di fare pace, di capire i propri limiti, il senso dell’amicizia che non è essere amici suoi social o mandarsi i cuoricini su WhatsApp, le distanze, l’empatia e il rispetto.
Devono crescere sviluppando le capacità di problem solving e le capacità intellettive attraverso la sperimentazione e le prove ed errori. Se si vuole insegnare ad un figlio ad essere responsabile bisogna prima essere responsabili e comportarsi da genitore responsabile.
Inoltre ci si deve ricordare che “in motu vita est”, la vita è movimento. La staticità spegne, blocca e porta ad una morte psichica. Affrontare la vita di petto e in maniera dinamica è il segreto per non ammalarsi e per non farsi schiacciare dagli eventi, anche se troppo spesso questi bambini non sanno neanche cosa sia la motivazione, la grinta, il credere in se stessi ed in qualcosa o qualcuno e il senso della fatica. Rischiano di aver perso una partita in partenza perché nessuno ha “perso tempo” ad insegnargli a giocare la loro partita.
Allora non gridiamo allo scandalo, non arriviamo sempre dopo per chiederci il perché, la famiglia deve essere  una risorsa fondamentale nella crescita di un figlio da cui non si può prescindere ed è lì che dobbiamo investire se vogliano evitare di continuare a parlare di patologia, disagi e devianza e smetterla di essere il Paese del dopo, della pietà e dello scandalo, ma iniziare ad essere il Paese del prima.
Marilena Pallareti
Docente, Forlì
Collaboratrice radazionale del periodico lavoro e salute www.lavoroesalute.org
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