Reddito e solidarietà: la crisi sanitaria non sia pagata da chi (non) lavora
La crisi del Coronavirus sta opprimendo la vita di tutti noi, particolarmente i più fragili e deboli. Anni e anni di politiche neoliberiste e di tagli allo Stato sociale hanno reso molto più difficile mettere a punto la resistenza all’emergenza sanitaria e lo stato degli ospedali lo dimostra ampiamente.
La paura è diventata l’elemento dominante delle nostre vite e nella paura si sono allentati i legami sociali e politici e la nostra stessa capacità di affrontare questa emergenza con lucidità e visione collettiva.
Quel che è peggio, la crisi durissima che si annuncia rischia di essere pagata dai più deboli in particolare i lavoratori, le lavoratrici e tra loro i più fragili di tutti, i precari, le figure atipiche del lavoro, coloro che restano ancora senza garanzie.
Facciamo appello alle strutture sindacali, politiche, di movimento e a tutta la società affinché il tema del reddito di solidarietà venga posto al centro dell’attenzione. Non possiamo far finta di non vedere che la chiusura delle attività quando avviene realmente si scarica su chi non ha risorse e risparmia invece chi le risorse le ha accumulate negli anni con speculazioni finanziarie e ipersfruttamento del lavoro.
Non possiamo permettere che all’emergenza sanitaria si sommi una devastante emergenza sociale e lavorativa. Servono misure emergenziali e servono ora:
- utilizzare gli strumenti esistenti estendendo a tutti e tutte coloro che si fermeranno dal lavoro una cassa integrazione in deroga, senza vincoli di sorta, che protegga il posto di lavoro e garantisca il reddito;
- garantire la totale fruibilità degli ammortizzatori sociali come Naspi, Dis.Coll e gli assegni ordinari dei Fondi di solidarietà;
- un monte ore di ferie straordinarie, pagate con risorse pubbliche, per i lavoratori che intendano usufruirne senza la sciagurata raccomandazione di assegnare ai lavoratori oggi le ferie di riposo che normalmente spettano;
- se tali misure non bastano estendere il reddito di cittadinanza, un «reddito da quarantena», a coloro che verranno colpiti dalla crisi;
- bloccare licenziamenti e mancati rinnovi contrattuali fino al termine dell’emergenza;
- garantire continuità di reddito ai lavoratori free lance che non possono lavorare;
- bloccare rate mutui e affitti per chi non può lavorare;
- garantire il diritto di cittadinanza ai migranti che rischiano di perdere il diritto di soggiorno con la perdita del posto di lavoro;
- assicurare un congedo parentale retribuito al 100% per chi ha figli minori fino a 14 anni e senza limiti d’età per chi ha figli disabili per l’intero periodo di quarantena;
- garantire l’effettivo blocco della produzione per motivi di sicurezza a eccezione dei gangli vitali e degli approvvigionamenti essenziali a partire dalla filiera alimentare;
- rigida e assoluta dotazione di tutte le protezioni necessarie per coloro che resteranno al lavoro con un piano di ispezioni a tappeto, tra cui ovviamente i lavoratori e lavoratrici del sistema sanitario;
- provvedere fin d’ora a un piano di rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale per rimettere lo stato sociale al centro delle priorità politiche;
- mettere in campo da subito un piano straordinario per garantire nuova e buona occupazione e un rilancio dell’economia appena l’emergenza sarà finita.
- in tal senso moratoria immediata su tutti i parametri dell’Unione monetaria al di là di piccoli aggiustamenti dettati dalla flessibilità o dalle pallide politiche di sostegno della Banca centrale europea;
Ci sarà tempo per fare il bilancio di una crisi che oggi appare ancora senza sbocco. Serve un dibattito pubblico per costruire un «movimento di salute pubblica» che ribalti i dogmi dell’economia degli ultimi quarant’anni. Intanto è urgente affrontare l’emergenza in modo solidale. Reddito e solidarietà è il nostro appello. È il momento di condurre insieme questa battaglia.
Per adesioni scrivere a: redditoesolidarieta@jacobinitalia.it
Redazione Jacobin Italia
13/3/2020 jacobinitalia.it
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