L’economia mondiale e il decreto “Cura Italia”: La macchina del debito continua
L’economia mondiale, a distanza di 13 anni dalla disastrosa crisi finanziaria, sta vivendo una grandissima crisi economica dovuta ad un calo della domanda che potrà essere affrontata solo con l’avvio di massicci investimenti pubblici per opere socialmente ed ecologicamente utili e diffuse e con una nuova finanza partecipata, pubblica e sociale.
In trent’anni abbiamo assistito ad almeno tre grandi shock, nel 2001 con le Torri gemelle, nel 2007/2008 con la grande Crisi finanziaria ed ora con la Pandemia.
Viviamo in un costante stato di emergenza e tutti i responsabili di questa instabilità mondiale sono stati lasciati sostanzialmente al loro posto. Sono stati lasciati liberi i sistemi responsabili degli stati di emergenza globale.
Mentre invece le forti limitazioni alla libertà individuale per tutti gli altri hanno determinato lo sviluppo del capitalismo della sorveglianza e l’avvio della società pianificata e strumentalizzante. I controlli dei Big Data in Cina e soprattutto in Corea del Sud hanno dimostrato la loro efficacia, senz’altro, ma la loro applicazione permanente limiterebbe ulteriormente il funzionamento di ogni democrazia. Se questi sistemi di controllo sociale dovessero essere estesi e pianificati a scopo preventivo, saremo tutti più controllati di quanto già facciano e forse diventeremo da merce a manipolabili e sostanzialmente privati di ogni forma di autentica libertà. Ciò che fino a poco fa era inaccessibile potrebbe diventare manipolabile a livello globale.
Sullo sfondo il sistema finanziario con la funzione delle Borse, che ricordo sono solo i mercati regolamentari, che registrano perdite secche e attacchi speculativi, ora forse in minima parte in fase di blocco, ma con lo spread in aumento che pagheremo tutti.
Ciò premesso, cosa potrà mai fare un decreto seppur necessario, in parte corretto e comunque indifferibile?
Le misure adottate dal governo italiano, in materia economica, con il decreto “Cura Italia”, non saranno sufficienti, dicono i professionisti e dall’opposizione. È vero, ma il motivo non è legato alla sola quantità di risorse messe a disposizione, che ovviamente sono della prima emergenza, ma al fatto che non vengono previsti interventi importanti a privati non dipendenti, ai soggetti economici marginali, fragili e ai meno abbienti.
Gli interventi si possono distinguere (a parte quelli di copertura connessi all’emergenza sanitaria) in due categorie: gli interventi di ristoro immediato delle perdite subite dai vari percettori di reddito e gli interventi diretti a far fronte a problemi di liquidità di imprese e famiglie. Appartengono alla prima categoria l’estensione della cassa integrazione in deroga e altri sussidi per autonomi e altre categorie. Sono invece interventi sulla liquidità quelli che rimandano i pagamenti di tasse, contributi, rate di mutuo e altre scadenze connesse ai crediti bancari.
Scomparse, per il momento, le misure annunciate relative alla sospensione delle bollette, che restano in vigore solo per la prima zona rossa degli 11 comuni. Mai pervenuti annunci relativi alla sospensione dei canoni per le abitazioni, esigenza molto avvertita, e previste solo misure che coprono, sotto forma di credito di imposta, il 60% dei canoni per negozi.
Molte delle misure riguardano i dipendenti che non potranno essere licenziati e che possono godere della Gig, ma le indennità per gli altri soggetti, ovvero il denaro fresco, di cui tanto si parla, è davvero poco. Con 600 euro a lavoratore autonomo, una tantum, si potrà forse solo consentire una sopravvivenza, sempreché le effettive erogazioni siano fatte in tempi rapidissimi snellendo la burocrazia.
Le perdite secche che le imprese subiranno stanno per essere affrontate prevalentemente con prestiti facilitati e dilazioni di prestiti, che sostanzialmente provocheranno maggior debito privato. Ma già molte banche consigliano di pagare le rate di fine mese, salvo poi verificare dal prossimo. E che ne sarà di tutti quei prestiti non dipendenti dal sistema bancario, ma finanziario?
“La parte restante del “buco” di reddito è bene che rimanga a carico dei “produttori” di reddito (redditi da lavoro) o è bene mettere in campo un aiuto pubblico, cioè una immediata copertura da parte dello Stato, con sostegni “a fondo perduto” per essere chiari, di almeno una parte delle perdite?”
Come dichiarato autorevolmente, “Il rinvio dei pagamenti non significa però che essi siano stati cancellati. E, non basta intervenire dal lato della liquidità. Non sappiamo ancora quanto lungo sarà il periodo di arresto dell’economia e quindi il danno economico effettivo in termini di perdita di produzione e di reddito, ma si porrà il problema di come evitare che questo determini una riduzione prolungata di capacità produttiva e quindi una recessione oltre il breve termine. Ciò significa che la decisione politica riguarda l’opportunità e la possibilità che lo Stato copra parte delle perdite subite dalle attività economiche per un fattore esogeno come quello determinato dal contagio.”
Ma esiste un altro contagio evitabile e ingiusto. Parlo di quello speculativo della finanza deregolamentata verso la quale si deve procedere con misure drastiche come l’immediata applicazione delle norme in vigore sullo stop alle contrattazioni speculative, timidamente avanzate dalla Consob. Altra misura fondamentale è la sospensione del pagamento degli interessi sul debito pubblico che, fino a prova contraria, non dovrebbe servire, come dimostra la pandemia, a sentirci in colpa, ma a liberarci da un male invisibile, pericoloso e drammaticamente vincolante. Esistono responsabilità precise per la mancata o insufficiente ricerca scientifica preventiva rispetto alle epidemie. Gli stessi soggetti che non hanno finanziato la ricerca oggi lucrerebbero sul differenziale tra stati deboli e forti per assicurarsi lauti guadagni, approfittando del necessario aumento del debito. Sui titoli pubblici in questo momento storico non dovrebbero essere applicati interessi passivi e benché meno comportamenti speculativi.
Le crisi strutturali che si sovrappongono sono diverse: sanitaria, umanitaria, economica e democratica. Solo una grande ricostruzione dell’architettura del mondo, che affronti contemporaneamente le questioni climatiche, economiche, finanziarie, sociali, sanitarie e democratiche, potrà ridare speranza al mondo.
Fino ad allora tutti i movimenti sociali dovranno prepararsi ad un conflitto senza precedenti, ma senza paura e senza il timore di non essere all’altezza. Non possiamo delegare le scelte storiche al sistema che le ha prodotte. Ma incombe sulla futura lotta per la giustizia globale il controllo individuale e collettivo ora a maggior ragione giustificato dal “Bene Superiore” sanitario.
Antonio De Lellis
18/3/2020 www.italia.attac.org
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