MORIRE DI LAVORO: SAMUEL REMEL COME…
Nella patria di Bernardino Ramazzini (Carpi) si sono bevute tranquillamente dosi di amianto certamente da evitare. E martedì 10 marzo 2020 si è consumata l’ennesima tragedia, questa volta ai danni di un lavoratore immigrato ghanese, SAMUEL REMEL.
Pare di essere tornati alle origini delle analisi marxiste sulla «accumulazione capitalistica primitiva». Alcuni comparti lavorativi infatti hanno visto attecchire forme di effettivo neoschiavismo (logistica, agricoltura, gig-economy, ma anche nel telelavoro e nel mitico smart-working). In effetti il padrone sfrutta chi può e come può (per come gli viene consentito dalla complicità dei “decisori politici”). Statisticamente il dislivello di potere gioca a sfavore degli immigrati tuttavia il “filo conduttore” non è il colore della pelle ma lo sfruttamento.
Si pensi a Paolo Guarino di 65 anni, morto in un cantiere edile a San Benedetto del Tronto (ne ha dato notizia «il manifesto» del 19 febbraio). Immigrato pure lui ma dal salernitano. Morto per un infortunio che pare identico, nella dinamica, a quello di Reuf Islami.
Le ultime fredde statistiche Inail (che pure, per le note ragioni, sottostimano il “fenomeno”) parlano di incremento di mortalità occupazionale fra i lavoratori nati fuori dall’Italia.
Nonostante lo sbandieramento propagandistico e quotidiano di “scelta green” e/o “industria 4.0”, algoritmi, “internet delle cose” eccetera l’operaio ghanese faceva manutenzione su ingranaggi che lo hanno ucciso.
DA DECENNI – O DA SECOLI? – SI SA CHE LA MANUTENZIONE VA FATTA SU IMPIANTI FERMI. Ma rallentare non si può…
Reuf e Paolo Guarino lavoravano in scavi non puntellati!
Non serve “intelligenza artificiale” per prevenire queste morti sul lavoro! Bastano e avanzano le semplici capacità cognitive umane!
Se queste minime misure vengono violate – paradossalmente anche nella patria di Ramazzini – vuol dire che la pelle dell’operaio, a prescindere dal colore, NON VALE NULLA.
Torna ancora in mente Reuf Islami, operaio “clandestino” ucciso dalla omissione di misure di sicurezza in lavori edili IL 21 MARZO 2001 in via Ranzani a Bologna, nell’ambito di una attività di subappalto connessa a lavori pubblici.
E’ penosa l’attività di rimozione che il Comune di Bologna sta portando avanti sull’omicidio di Reuf Islami (**). Accolta in parte la nostra proposta di “ricordare” l’evento, la commissione toponomastica avrebbe optato per la apposizione di una targa senza intitolare a Reuf un toponimo; ma poi della targa il Comune di Bologna si è vergognosamente dimenticato (benché un assessore di turno abbia sostenuto che la targa era un problema di costi).
In verità l’assetto territoriale del luogo dell’omicidio è cambiato: quella che era una piccola e angusta area chiusa sbocca ora in una via aperta. Dunque l’ipotesi di intitolare la strada a Reuf torna di attualità.
E’ quello che noi ancora oggi rivendichiamo, senza l’illusione di voler affermare i diritti dei lavoratori attraverso la toponomastica ma quantomeno rigettando amnesie politiche e ipocrite rimozioni.
Noi metteremo fiori virtuali per Reuf il 21 marzo ed esprimiamo solidarietà ai familiari e compagni di Samuel perché la sua morte – lo sosterremo come parte civile nell’inevitabile (auspichiamo) procedimento penale – pur se non è risarcibile con il denaro almeno costi cara ai responsabili.
PER IL 21 MARZO CHIEDIAMO UN GESTO CHIARO DA PARTE DEL SINDACO DI BOLOGNA: SULL’OMICIDIO DI REUF NON CONSENTIAMO AMNESIE.,
NEL PROSSIMO DOCUMENTO-COMUNICATO FAREMO UN APPELLO PER ORGANIZZARE IN TUTTE LE PROVINCE (O TERRITORI SUBPROVINCIALI) ISTRUTTORIE PUBBLICHE CONTRO GLI INFORTUNI MORTALI E PER IL DIRITTO ALLA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO.
Vito Totire
per il coordinamento di AEA (Associazionre esposti Amianto), del circolo Chico Mendes e del Centro Francesco Lorusso
(*) cfr Reuf Islami: 17° anniversario della morte (sul lavoro)
18/3/2020 www.labottegadelbarbieri.org
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