Gli invisibili del COVID-19
Times Square e Fifth Avenue deserte. Ma le carceri di New York stracolme come sempre. Il contrasto non potrebbe essere più acceso. Si è spenta l’icona imprescindibile di Manhattan: la folla scalpitante sui marciapiedi. Divenuta “epicentro dell’epicentro” (Figura 1), la Grande Mela è l’olografia di sé stessa. Sull’isola di Rikers Island però non è cambiato nulla: il virus è arrivato anche dentro la prigione più famosa della East Coast, incastrata tra Bronx e Queens. Nel momento della massima emergenza sanitaria a New York, nessuno parla dei suoi oltre 5 mila detenuti. Nessuna notizia nemmeno degli oltre 70 mila homeless accampati sui gradini delle 468 stazioni della subway newyorchese[1]. All’elenco degli assenti dalle cronache drammatiche del coronavirus in USA si aggiungono migranti e milioni di undocumented privi diregolare permesso. Questi invisibili sono deboli, vulnerabili, senza accesso garantito alle cure, vittime potenziali di un virus ancora più aggressivo: l’oblio. Per loro la battaglia contro il COVID-19 è ancora più ardua. Non possono lavarsi le mani, né praticare adeguatamente il social distancing. E sono costretti a condividere spazi e ambienti sovraffollati.
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Marzia Ravazzini
31/3/2020
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