L’ALTRA LOTTA ALL’ANALFABETISMO.
La lotta all’analfabetismo (termine peraltro discriminatorio poiché non tutti i paesi utilizzano l’alfabeto) deve porsi sempre tre obiettivi imprescindibili: ridurre l’abbandono scolastico ai minimi termini attraverso politiche educative inclusive, accrescere fra gli adulti il numero degli alfabetizzati mediante metodi e programmi efficaci, sviluppare altrettanti programmi di post alfabetizzazione per tesaurizzare il lavoro svolto.
La situazione educativa mondiale continua ad essere un dato allarmante: quasi un miliardo di persone non sa leggere e scrivere e centinaia di milioni di bambini non hanno accesso all’istruzione primaria. Questi dati potrebbero mutare a seconda delle stime e delle ricerche messe in atto dalle varie organizzazioni nazionali ed internazionali esistenti, nonché da un differente modo di interpretare il fenomeno e la popolazione. In quasi tutti i paesi la popolazione censita è inferiore alla popolazione esistente, ciò contribuisce ad una falsificazione delle statistiche pubblicate.
Il problema principale sta nella mancanza di una pianificazione, e l’universo del problema tende ad essere sottostimato.
Lo stato di analfabetismo, oltre a rappresentare un problema soggettivo, è un fattore che incide negativamente anche sulla condizione sanitaria e lavorativa dell’individuo, poiché più facilmente produce marginalità sociale, economica e politica.
I dati dimostrano che il titolo di studio è un indicatore altamente predittivo della mortalità di una persona, poiché tende a decrescere pressoché regolarmente mano a mano che aumenta il livello di istruzione. Fra gli adulti di sesso maschile, l’analfabetismo è associato ad un tasso di mortalità da tre a quattro volte più elevato che fra i laureati; fra le donne la differenza è più contenuta, ma sempre significativa.
Esso innesca degli effetti peggiorativi sulla situazione economica di un paese nonché sulla sua vita democratica e sulla possibilità di partecipare alla vita sociale. Le parti del mondo che spiccano nella lotta all’analfabetismo sono l’Oriente con la pulsione trainante della Repubblica Popolare Cinese, e il Latinoamerica.
Senza ombra di dubbio nei paesi caraibici e sud americani l’esperienza della rivoluzione cubana1rappresenta il primo tentativo riuscito di sensibilizzazione, presa di coscienza del popolo e volontà politica di sconfiggere l’analfabetismo, nonché di proseguire con il post-alfabetizzazione. Lo Stato cubano, a differenza di un Occidente impegnato ad esportare guerra, ha messo a disposizione il metodo di alfabetizzazione Yo sì Puedo 2, premiato dall’UNESCO per la sua efficacia ed adottato da oltre 30 paesi al mondo. I risultati di tale metodo hanno permesso all’Unesco di dichiarare territori liberi dall’analfabetismo paesi come: Venezuela, Bolivia, Ecuador e Nicaragua.
La lotta all’analfabetismo (termine peraltro discriminatorio poiché non tutti i paesi utilizzano l’alfabeto) deve porsi sempre tre obiettivi imprescindibili: ridurre l’abbandono scolastico ai minimi termini attraverso politiche educative inclusive, accrescere fra gli adulti il numero degli alfabetizzati mediante metodi e programmi efficaci, sviluppare altrettanti programmi di post alfabetizzazione per tesaurizzare il lavoro svolto.
Sono numerose le avversità da superare per valorizzare il lavoro e renderlo efficiente; nel contesto dei paesi del cosiddetto terzo mondo tra le principali difficoltà all’alfabetizzazione degli adulti e alla proficua partecipazione dei minori alla scuola ci sono i problemi legati alla vista. Tale ostacolo è in primo luogo dovuto alla carenza di occhiali e di medici specializzati. Altro inconveniente soprattutto in ambito rurale, è la difficoltà di illuminare i contesti educativi: nella maggior parte dei casi non c’è energia elettrica. Sicuramente il principale problema nella rottura di questa gabbia è il tempo a disposizione: diventa dunque basilare la riduzione dell’orario di lavoro. È sicuramente la volontà politica di uno stato a determinare la riuscita di un tale sforzo.
Anche i paesi del cosiddetto primo mondo sono in realtà alle prese con il fenomeno dell’analfabetismo che, avendo assunto una veste differente, è anche più facilmente oscurato. Parliamo dell’analfabetismo funzionale ovvero l’incapacità degli individui di utilizzare le abilità acquisite in modo efficace, anche perché nel posto di lavoro non vengono offerti momenti formativi per riaffermare e migliorare le proprie competenze.
Si aggiunge poi l’analfabetismo di ritorno delle persone anziane che hanno perso le capacità acquisite nel tempo; l’alfabetismo informatico, di chi ignora o non sa operare con le tecnologie più recenti; e forse il più importante oggi giorno è “l’altro analfabetismo”, ovvero il non saper leggere e scrivere nella lingua del paese in cui si risiede che è differente da quella materna: l’immigrato, il migrante o il clandestino magari hanno una laurea nel paese d’origine, ma uno scarso livello di comunicazione orale e scritta nel paese in cui vivono.
Un fenomeno in preoccupante crescita è poi l’abbandono scolastico, figlio della crisi economica e culturale dell’ultimo decennio, il quale pregiudica il tasso di analfabetismo assoluto e funzionale dei prossimi anni.
A questo punto sorgono spontaneamente alcune domande, magari da sviscerare con il contributo dei commenti e/o con un nuovo articolo: l’utilizzo della tecnologia nasconde le lacune di una popolazione? Le nuove pratiche multimediali sono di aiuto alla comunità per contrastare la tendenza all’analfabetismo? Le tecnologie nella scuola sono uno stimolo in più o un deterrente?
Concludo ricordando che il concetto principale che sta alla radice dell’analfabetismo inteso come sovrainsieme di tutti gli analfabetismi particolari, è quello politico di cui lascio esprimere meglio di me un autore tedesco:
Il peggiore analfabeta
è l’analfabeta politico.
Egli non sente, non parla,
né s’importa degli avvenimenti politici.
Egli non sa che il costo della vita,
il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina,
dell’affitto, delle scarpe e delle medicine
dipendono dalle decisioni politiche.
L’analfabeta politico è così somaro
che si vanta e si gonfia il petto
dicendo che odia la politica.
Non sa l’imbecille che dalla sua
ignoranza politica nasce la prostituta,
il bambino abbandonato,
l’assaltante, il peggiore di tutti i banditi,
che è il politico imbroglione,
il mafioso corrotto,
il lacchè delle imprese nazionali e multinazionali.3
1Si veda a tal proposito il film di Luis Rogelio Nogelio Nogueras e Octavio Cortàzar, El Brigatista, che mostra come il governo rivoluzionario ha sconfitto l’analfabetismo nell’isola. https://www.youtube.com/watch?v=I1gJdjyBMRM
2Io sì posso.
3B. Brecht, Der politische Analphabet, Hauspostille, 1927. Traduzione italiana L’Analfabeta Politico.
Angelo Caputo e Silvia Simbolotti
31/1/2015 www.lacittafutura.it
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