Isde: «5G innocuo? Chi lo dice non usi la scienza a sostegno di ciò che non può confermare»

«Chi sostiene l’innocuità delle esposizioni a campi elettromagnetici ad alta frequenza e del 5G non utilizzi la scienza a sostegno di argomenti che le evidenze scientifiche non sono in grado di confermare» è il duro attacco di Isde-Medici per l’Ambiente nei confronti dell’Anci, l’Associazione nazionale dei Comuni.
«La corposa spinta commerciale e pubblicitaria al 5G viene accompagnata da ampie rassicurazioni sull’innocuità dell‘esposizione alle radiazioni non ionizzanti ad alta frequenza (RF-EMF) emesse dagli impianti già presenti sui territori e da quelle che emetterà la rete 5G in fase di implementazione, nonostante le evidenze scientifiche disponibili appaiano tutt’altro che univoche e confortanti – scrive Isde in una nota – In situazioni caratterizzate da ampia incertezza, scambiare l’assenza di evidenza scientifica certa per evidenza dell’assenza di certezza è una operazione errata e densa di responsabilità da parte di chi sposa questo approccio. Su tecnologie ad elevato potenziale di rischio occorre molta precauzione. Il 5G ha queste caratteristiche, perché rischi seppure molto bassi ma applicati ad un numero enorme di persone hanno la possibilità di creare danni rilevanti alla salute. Di questo non sembrano rendersi conto interventi e documenti, come quello recente dell’ANCI».

«Si favorisca il dibattito pubblico»

«Anziché procedere per rassicurazioni, peraltro non basate su evidenze scientifiche perché ancora insufficienti a prendere decisioni, sarebbe necessaria un’iniziativa adeguata per favorire il dibattito pubblico e una posizione ufficiale da parte del Ministero della Salute – prosegue Isde – Un’iniziativa in tal senso, programmata per il 22 aprile dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), è purtroppo slittata a data da destinarsi a causa della pandemia da COVID-19. Abbiamo espresso critiche al recente rapporto dell’ISS che, pur segnalando un certo grado di incertezza sugli effetti a lungo termine legati ad un uso prolungato del telefono cellulare e ad un’eventuale maggiore vulnerabilità dell’infanzia e auspicando “approfondimenti scientifici” per chiarire “quesiti irrisolti”, non si esprime sull’opportunità di utilizzare evidenze disponibili, incertezze, prudenza e buon senso per tutelare al meglio la salute pubblica. Come osservato, il rapporto ISTISAN offre una sintesi parziale delle evidenze disponibili nel valutare le possibili ricadute sanitarie, non elabora alcuna proposta operativa e non utilizza mai le parole precauzione, cautela, responsabilità».

L’appello dei 350 scienziati

«Si deve anche rilevare che la quasi totalità dei sostenitori dell’assenza di possibili rischi sanitari da RF-EMF e 5G è rappresentata da figure non mediche che, a giudicare dal contenuto degli interventi, non mostrano un’adeguata conoscenza della letteratura biomedica di settore – è ancora Isde – Già nel 2017 un gruppo internazionale di oltre 350 medici e scienziati (tra i quali numerosi ricercatori esperti in RF-EMF) lanciava un appello alla prudenza rispetto alla prevista installazione della rete 5G, successivamente ripreso anche da autorevoli istituzioni internazionali».

«Lo SCHEER (Scientific Committee on Health, Environmental and Emerging Risks), organo scientifico consultivo del Parlamento Europeo, inserisce il 5G fra i principali rischi ambientali e sanitari emergenti a livello continentale. Il Parlamento Europeo, in riferimento al 5G, sottolinea le incertezze sui possibili effetti ambientali e sanitari, la carente diffusione di informazioni adeguate sui rischi, il problema dei limiti normativi, il richiamo alla prudenza della European Environment Agency (EEA) e la possibile alternativa, più sostenibile, della fibra ottica.5
I difensori del 5G, nella maggior parte dei casi, fanno appello a “evidenze scientifiche” quasi mai documentate o documentate in maniera incompleta, distorta e strumentale.
La classificazione IARC delle RF-EMF nel gruppo 2B (“possibile cancerogeno”) viene frequentemente riportata come prova di innocuità. È banale ricordare che se la IARC avesse considerato le RF-EMF certamente innocue per la salute le avrebbe classificate nel gruppo 3 (“certamente non cancerogeno”). L’agenzia ha ritenuto, invece, che gli studi prodotti dimostravano una possibile relazione causale tra uso del cellulare e insorgenza di glioma cerebrale e di neurinoma del nervo acustico. Successivamente sono stati prodotti ulteriori studi sulle relazioni epidemiologiche tra utilizzo del cellulare e tumori intracranici omolaterali al lato di utilizzo del cellulare, durata di esposizione (>10 anni) e tempo di utilizzo. Evidenze sperimentali hanno confermato la capacità delle RF-EMF di promuovere cancerogenesi in cellule di derivazione gliale. Un recente e autorevole studio, finanziato dall’American Cancer Society e dal National Institute of Health, ha anche dimostrato, nell’essere umano, un elevato rischio di cancro alla tiroide, proporzionale a durata e frequenza di utilizzo del cellulare, in presenza di specifici polimorfismi genic»i.

«Si ignorano le relazioni sui rischi»

«Numerose relazioni fisiopatologiche e di rischio sono anche emerse tra esposizione a RF-EMF e alterazioni riproduttive, neurologiche, metaboliche, microbiologiche. Tali evidenze, tuttavia, vengono costantemente ignorate. In riferimento al 5G, inoltre, viene spesso presentata in maniera inadeguata l’argomentazione dell’assenza di studi specifici sugli effetti biologici e sanitari delle onde millimetriche (MMW). Una revisione della letteratura pubblicata nel 1998 contava già 724 pubblicazioni internazionali sugli effetti delle MMW, molti dei quali indipendenti dagli effetti termici. In epoca più recente, ulteriori evidenze hanno confermato che le MMW sono in grado di alterare l’espressione proteica, di alterare il profilo metabolico dei cheratinociti umani, di stimolare la proliferazione cellulare, di alterare le funzioni di membrana e dei sistemi neuro-muscolari, di modulare la sintesi di proteine coinvolte in processi infiammatori e immunologici. L’esposizione a MMW è anche in grado di indurre aneuploidia e alterazioni cromosomiche in fibroblasti umani fetali e adulti, eventi riconosciuti come predisponenti alla trasformazione cellulare maligna».

«Normative inadeguate»

«In questo contesto, la tutela della salute pubblica dovrebbe essere garantita dalla specifica normativa di settore e dalle effettive capacità tecniche di monitoraggio dell’esposizione. Al momento attuale, tuttavia, entrambi appaiono ampiamente inadeguati ad affrontare il 5G per i seguenti motivi:

  • La normativa vigente non considera gli effetti “non-termici”, quelli derivanti da esposizioni croniche, né i diversi gradi di vulnerabilità individuale e, dal 2012, non prevede la valutazione degli “sforamenti” puntuali (come prevedeva la normativa precedente) ma solo le medie giornaliere di esposizione.
  • Le tecniche di monitoraggio ed i regolamenti che le disciplinano sono calibrati sulle attuali modalità di trasmissione radiotelefonica (3G-4G) e non sulle caratteristiche tecniche del nuovo network (ad es. MIMO, small cells, beamfoaming, mix di differenti frequenze), che genera esposizioni non ancora misurabili con criteri oggettivi e condivisi, in maniera efficace e concretamente utile alla valutazione del rischio sanitario.

Secondo recenti studi della Georgia Southern University le modalità di trasmissione proprie del network 5G potranno generare, specie in fase di downlink (onde che si dirigono dall’antenna verso l’utente), esposizioni notevolmente superiori a quelle attualmente prodotte dalla rete 3G-4G, con considerevoli rischi sanitari. Per altri autori, esposizioni da 5G compatibili con le linee guida ICNIRP non sarebbero neanche in grado di evitare adeguatamente danni termici secondari ad esposizioni acute».

«Nessuno può dire che le esposizioni attuali siano innocue»

«La realtà è che, in questo momento, nessuno al mondo è in grado di sostenere con argomenti scientifici adeguati che le esposizioni attuali siano innocue e, ancor meno, che lo saranno quelle (aggiuntive, non sostitutive) al “nuovo” network 5G. Si ricorda che questo, secondo stime AGCOM22, vedrà connessi alla rete circa un milione di dispositivi per Km2, con incremento delle esposizioni globali e mediante utilizzo addizionale di frequenze (le MMW) mai utilizzate prima su così larga scala – prosegue Isde – Dunque, la rete 5G è attualmente in fase di avanzata implementazione in contesti urbani caratterizzati dalla crescente esposizione negli anni a RF-EMF, senza che si abbia ancora piena consapevolezza delle possibili conseguenze sanitarie, in presenza di una normativa in parte inadeguata e in assenza di strumenti tecnici idonei al monitoraggio delle esposizioni prodotte dal nuovo network. Nessuno è contrario allo sviluppo tecnologico ma senza dubbio la realizzazione del network 5G appare del tutto prematura e avventata, sulla base delle informazioni disponibili. Inoltre, la rincorsa alla sua realizzazione sulla sola spinta di interessi commerciali non appare giustificabile».

«Avrebbe dovuto esserci un adeguato approfondimento scientifico preliminare al suo impiego su larga scala e la disponibilità di adeguati strumenti normativi e di monitoraggio avrebbe dovuto precedere la sua implementazione su scala nazionale e in aree densamente urbanizzate. In questo contesto assumere posizioni di cautela, come sta accadendo nel caso di molti Sindaci Italiani, appare del tutto giustificabile dal punto di vista scientifico ed etico. Al contrario, chi sostiene la posizione della “rassicurazione a tutti i costi” dovrebbe assumersi la responsabilità personale delle proprie affermazioni e, soprattutto, dovrebbe evitare di forzare la mano su evidenze scientifiche non così univoche e confortanti come si vorrebbe far credere.
A questo riguardo non condividiamo la posizione dell’ANCI1, che sembra voler quasi esautorare i Sindaci dal loro ruolo di responsabili della salute, arrivando ad affermare che: “alcuni regolamenti comunali […] fissano in modo ingiustificato limiti alle emissioni elettromagnetiche e di potenza, in difformità rispetto ai limiti stabiliti dalla normativa nazionale […]. A tale riguardo, si rileva che i valori delle emissioni da rispettare sono fissati dal D.P.C.M. 8 luglio 2003, ispirato ai principi di minimizzazione alle esposizioni e di precauzione.” Nel documento ANCI si forniscono rassicurazioni inopportune e non adeguatamente documentate, banalizzando le preoccupazioni che centinaia di Sindaci, raccogliendo le istanze che giungono non solo dalla comunità scientifica ma anche dal mondo giuridico23, hanno tradotto in atti amministrativi volti ad impedire l’avvio di tale tecnologia sui loro territori».

«Riteniamo infine assai grave che su una tecnologia, che non solo potrà arrecare rischi per la salute e l’ambiente – influendo negativamente ad esempio anche sugli insetti impollinatori – ma che porterà anche profondi cambiamenti nell’organizzazione sociale e nella vita dei singoli individui, sia mancato qualunque tipo di confronto e dibattito, sia per quanto attiene gli effetti biologici, che le ricadute di ordine più generale. Rinnoviamo pertanto la richiesta di confronto, da estendersi anche al Ministro della Salute e al Consiglio Superiore di Sanità, ed avanziamo formale richiesta che nell’attesa di tale chiarimento si attui una moratoria, come già successo in altri Paesi».

Nel pdf scaricabile, qui di seguito, la bibliografia completa dell’intervento di Isde.

Terra Nuova

Documenti allegati

20/5/2020 https://www.terranuova.it

www.isde.it
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