Braccia/1. Raccogliere la frutta nel saluzzese
Due
anni or sono l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) e la
Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di
lavoro (Eurofound) pubblicarono il rapporto Working anytime, anywhere:
the effects on the world of the work (“Lavorare in ogni momento e in
ogni luogo così come offre – impone – il mercato”). È la fotografia di
una nuova forma di nomadismo necessario per vivere lavorando nelle reti
“corte” del territorio, nelle reti “lunghe” transnazionali e nelle
piattaforme digitali. Una delle forme di nomadismo è data dall’impiego
delle “braccia” nei lavori in agricoltura, nell’edilizia, nella
logistica, nelle imprese di pulizia e nei servizi di ristorazione.
Ciascuna di queste attività ha una sua composizione sociale e, almeno in
parte, etnica, espressione di storie di gruppi di migranti, soprattutto
maschi ma anche donne. Parlare di lavoro oggi impone di aprire
una finestra su questo arcipelago raccogliendo dati, mettendo sotto
osservazione gli aspetti centrali della condizione dei lavoratori,
soprattutto migranti, usati per le loro braccia (il reclutamento, la
paga, la sicurezza e l’igiene, il cibo e il tetto), analizzando la
dimensione transnazionale dei lavori e del nomadismo nel Mediterraneo e
in Europa.
La prima tappa di questo percorso riguarda le condizioni dei raccoglitori di frutta nel saluzzese in questi mesi post Covid.
Quello che segue è, più che un articolo,
un resoconto di quanto abbiamo appreso e capito nel nostro primo
approccio conclusosi il 21 luglio.
Iniziamo
dal momento conclusivo, la visita in tarda serata al punto di
accoglienza dei migranti di Lagnasco (centro agricolo a sei chilometri
da Saluizzo): un piccolo capannone (evidenziato dal cerchietto rosso
nell’immagine pubblicata qui accanto), che poteva accogliere più o meno
venti persone che in quel momento si stavano disponendo per la notte
posando sul pavimento delle coperte. Il dormitorio si trova ai confini
del paese, separato dalla comunità dei residenti e collocato in un
piccolo spazio tra il muro di cinta del cimitero e quello di un grande
stabilimento di raccolta e stoccaggio della frutta, nel cui piazzale
sono depositati i cassoni per contenere la frutta raccolta dagli alberi
(quei parallelepipedi blu di 70-120 metri per 15-20 di altezza
evidenziati sempre nell’immagine). I migranti che lavorano dentro lo
stabilimento vivono in una casa, quelli che lavorano fuori vivono nel
capannone in attesa dell’ingaggio che li porterà, se assunti, a vivere
nell’edificio sul lato opposto della strada di ingresso nello
stabilimento (evidenziato in giallo), probabilmente più vivibile.
È stata, per noi, la prima rappresentazione di una organizzazione
produttiva del ciclo della frutta con aspetti modernissimi di
organizzazione, che usa esseri umani per i picchi di lavorazione e poi
li getta. Essi sono indispensabili in quel momento, ma né l’impresa, né
la comunità intende farsene carico. Quindi, più sono marginali e
invisibili meglio e la collocazione in un capannone fuori dell’abitato a
ridosso di un cimitero è considerata una buona soluzione per
l’“accoglienza”.
Per l’ingaggio questi lavoratori si sono
rivolti alla OP Lagnasco, un’impresa cooperativa di produttori con una
notevole capacità di raccolta, stoccaggio e distribuzione dei prodotti.
Si è evitato così che ogni singolo produttore si metta sul mercato da
solo, magari in concorrenza con gli altri. Ma imponendo, non a caso, la
concorrenza tra gli esseri umani che vendono le loro braccia e il loro
tempo. OP sta per “Organizzazione Produttiva”. Nel territorio le OP sono
otto, e quattro di queste controllano l’80% del mercato; hanno la forma
della cooperativa o dell’impresa o del consorzio di imprese private.
Divertente
è il messaggio pubblicitario dell’OP Lagnasco Group riprodotta
nell’immagine a fianco: “Coltiviamo la bontà”. Buoni con i consumatori,
non con i lavoratori in particolare quelli “usa e getta”.
Lagnasco è uno dei quattro Comuni, sui trentadue del territorio, che hanno adottato una misura per l’accoglienza (abbiamo descritto prima quale). Gli altri 28 non hanno predisposto nulla: evidenza clamorosa del fallimento del progetto di accoglienza diffusa che prevedeva diversi punti di accoglienza pubblici, abbandonati con la motivazione della epidemia da Coronavirus. Ne consegue che ogni lavoratore deve cercarsi un luogo dove dormire. Ciò fa sì che nel caso in cui il produttore che intende fare l’assunzione chieda il domicilio la gran maggioranza dei candidati al bracciantato tra le coltivazioni si trovi nell’impossibilità di rispondere. La Caritas ha offerto un proprio recapito per il loro domicilio ma il Centro per l’impiego non ha mai risposto. Quindi ognuno per sé e, con l’emergenza Covid, le forze di polizia per tutti.
Per l’incontro tra domanda e offerta di forza lavoro sono a disposizione diverse piattaforme digitali: quella chiamata “borsa lavoro” (invenzione di un ministro del lavoro del passato) gestita dal Centro per l’impiego e quelle della Coldiretti e della Confagricoltura più una rete privata. Ma la domanda di braccia stagna perché vale l’incontro diretto tra offerta e domanda di forza lavoro: il bracciante bussa alla porta dell’impresa agricola e si offre. In questo contesto parlare di “sanatoria” per i migranti è un’ipocrisia anche perché gli imprenditori cercano di non lasciare molte tracce dei rapporti di lavoro stabiliti temporaneamente.
Oltre alla grande questione del rispetto della dignità dei migranti che vengono nel saluzzese per lavorare ci sono altre due questioni relative al lavoro.
La prima riguarda la paga e l’orario di lavoro effettivi, quando è noto come sia abbastanza diffusa la pratica di pagare in modo regolare solo una parte delle ore effettivamente prestate.
La seconda riguarda la salute del lavoratore esposto ai rischi di infortunio e di malattia professionale o correlata al lavoro. La tipologia degli infortuni prevalenti è nota: il trauma per la caduta dei cassoni di frutta, la contusione per urto del carrello raccoglifrutta e l’infortunio in itinere per recarsi al campo molte volte in bicicletta. In tutti questi casi l’infortunio può comportare medicazioni o interventi del Pronto soccorso. Mentre l’Inail conosce i dati delle denunce di infortunio, il servizio sanitario conosce le medicazioni svolte nei suoi centri. Confrontare i dati è possibile, ma non viene fatto.
Esistono poi i rischi per la salute derivanti dalla movimentazione dei carichi pesanti e per la manipolazione con continuità della frutta da staccare dai rami. Ma soprattutto esiste il rischio di esposizione agli agenti chimici usati durante la coltivazione, che possono provocare sia danni gravi che sensibilizzazioni allergiche come dermatiti e asme. Per tutte queste esposizioni l’azienda deve avere fatto la valutazione dei rischi per i lavoratori interessati, compresi quelli temporanei per i quali è prevista per legge una specifica valutazione. Sulla base della valutazione ogni lavoratore deve essere informato sui rischi effettivamente presenti nel luogo dove andrà a lavorare «previa verifica della comprensione della lingua utilizzata» e su questa base deve poi essere formato ed addestrato. Ciò viene fatto anche per i lavoratori “usa e getta”? Cosa ne pensa il Servizio sanitario preposto alla vigilanza per i luoghi di lavoro?
Il 13 marzo dell’anno passato la Regione Piemonte annunciava: «Assicurare la regolarità dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro stagionale in agricoltura, affrontando in modo condiviso i problemi relativi alla sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, alla legalità, al trasporto e all’integrazione sociale e abitativa dei lavoratori, in gran parte di origine straniera: è l’obiettivo del protocollo d’intesa sperimentale siglato questa mattina in Sala Giunta tra Regione Piemonte, Agenzia Piemonte Lavoro, Prefetture piemontesi, Ispettorato del lavoro, Inail Piemonte, Direzione regionale Inps, Anci Piemonte, organizzazioni sindacali (Flai Cgil e Cgil Piemonte, Fai Cisl e Cisl Piemonte, Uila e Uil Piemonte), associazioni datoriali e cooperativistiche del settore agricolo (Coldiretti Piemonte, Cia Piemonte, Confgricoltura, Lega Coop e Confcooperative Piemonte), Arcidiocesi di Torino e Diaconia Valdese». A poco più di un anno si è solo sperimentato di “non sperimentare”.
Di seguito riportiamo un appunto di una riunione tenutasi a Saluzzo il 21 luglio tra soggetti individuali e collettivi che sono in campo. Pressoché tutto quello che verrà fatto per i migranti dipende e dipenderà da loro. Sono i protagonisti, assieme ai lavoratori interessati, che stanno svolgendo un’attività per dare dignità umana e diritto a un lavoro giusto a chi viene da lontano a fare un lavoro indispensabile ma volutamente svilito. Cercheremo di seguire, raccontare e sostenere queste battaglie civili e sociali.
Fulvio Perini, Davide Said
Appunto riunione martedì 21 luglio
Alle 19 c’è stato l’incontro tra Saluzzo Migrante (branca della Caritas) e Info Sanatoria Piemonte promosso dal Comitato Antirazzista Saluzzese, per conoscenza reciproca e per avviare una collaborazione con gli avvocati per le questioni che riguardano la sanatoria e il rinnovo dei permessi di soggiorno. All’incontro erano presenti Virginia Sabbatini per Saluzzo Migrante, una delegazione del Comitato, quattro avvocati dell’ASGI, una delegazione comprendente Carovane Migranti, CUB, Volere la Luna, due compagni di USB.
Virginia ha presentato il lavoro che sta svolgendo Saluzzo Migrante esprimendo considerazioni critiche sulla gestione di questo periodo di ennesima emergenza. Loro, dopo l’esperienza del Campo Solidale (2014-2016) non si occupano più dell’accoglienza che è passata alla cooperativa Armonia e al Consorzio Monviso Solidale. Ci siamo soffermati in particolare sul ruolo della Prefettura e sul fallimento dell’accoglienza diffusa che, di fatto, non è mai veramente decollata.
Nei prossimi giorni apriranno i containers a Verzuolo e Lagnasco, la “Casa del cimitero” a Saluzzo, un ex CAS per Busca e Tarantasca. A Savigliano ci sono già i containers, per un totale di 103 posti che non saranno sufficienti per tutti. L’impressione è che i numeri siano inferiori agli anni scorsi ma certamente qualcuno resterà fuori dalle accoglienze e gli arrivi proseguiranno.
Qui sotto il resoconto che mi ha mandato uno degli avvocati presenti:
«Scrivo un breve messaggio per provare a riepilogare quanto emerso nell’ incontro che si è tenuto ieri sera presso la Caritas di Saluzzo, chiedendo poi agli altri partecipanti di integrare e dare il loro riscontro. A mio avviso l’incontro è stato interessante e proficuo, nel senso che la rappresentante della Caritas ci ha illustrato bene la situazione, mostrando di avere effettivamente il polso di quanto sta accadendo. Oltre a illustrare la situazione e le principali problematiche, è emersa la volontà di provare a “unire le forze”: attraverso l’attività che questo nostro gruppo sta già svolgendo, si è proposto di tentare di dare un supporto alla Caritas e al loro sportello già esistente. Questo aiuto, nell’immediato e più concretamente, consisterebbe nel prenderci carico di alcune istanze/domande cui la referente non riesce da sola a far fronte (noi quindi nell’immediato faremmo: raccolta domande che arrivano al loro sportello, caricamento sul nostro drive, a turno si risponde come già accade ). Oltre a ciò, se vi è la disponibilità da parte nostra, la Caritas ci darebbe uno spazio presso il suo sportello (fisico) di Saluzzo così da consentire, soprattutto ad avvocati Asgi, di turnare ed essere presenti almeno una volta la settimana. Questo dipende da quanti di noi hanno la possibilità di darsi disponibili e hanno materialmente modo di recarsi a Saluzzo. Altra cosa emersa: la volontà e la disponibilità per gettare le basi per una “collaborazione” anche futura. Le necessità e le problematiche sono tante, quindi sul quel territorio vi è molto da fare e Caritas da sola non ha i mezzi per fare fronte a tutto. Ancora, la referente Caritas, in relazione alla questione sanatoria, ha evidenziato come uno dei problemi maggiori sia rappresentato dalla ritrosia / scarsa volontà dei datori di lavoro di fare le domande di regolarizzazione, unita a una scarsa o errata informazione del tema. La proposta che Caritas ci ha lanciato sarebbe quella di interloquire con i datori di lavoro e con gli enti che li rappresentano per dare loro una corretta informazione. Le tempistiche strettissime (dettate dalla scadenza delle domande al 15 agosto) sembrano però un grosso ostacolo alla realizzazione di un incontro / tavolo di discussione».
Dopo la riunione, che si è protratta più del previsto visti i numerosi interventi, gli avvocati sono andati con Virginia e altri a fare un giro per Saluzzo, alcuni di noi sono andati a Verzuolo e altri a Lagnasco, come avevamo concordato. Abbiamo distribuito i volantini di Info Sanatoria Piemonte e sentito cosa succede sul versante lavorativo, prendendo un po’ di contatti con i braccianti che abbiamo incontrato.
A margine dalla giornata, Carovane Migranti (https://www.facebook.com/carovanemigranti/) ha proposto di organizzare a Saluzzo un pezzo della Carovana 2020 che passerà da Torino il 29 agosto prossimo. Avevamo già collaborato con loro per la carovana 2018 organizzando l’incontro con i richiedenti asilo del CAS di Paesana che loro ricordano con entusiasmo. Si tratterebbe di organizzare l’accoglienza a Saluzzo quel giorno con un incontro con i braccianti e altre testimonianze.
(Lele)
5/8/2020 https://volerelaluna.it
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!