Gli adolescenti sono il nuovo capro espiatorio
L’anno scorso mentre ero sul tram per tornare a casa sono saliti accanto a me cinque ragazzi in età da scuola superiore, chiassosi fuori misura come lo sono spesso certi studenti in libertà non vigilata alle prime avvisaglie d’estate, appena scontata la “condanna” agli otto mesi di scuola. Mi ricordo il fastidio degli adulti, compreso il mio, costretti a fare da spettatori ai lazzi reciproci che si scambiavano. Il vocabolario era un turpiloquio continuo, in perfetta sintonia con la pochezza delle frasi scritte sulla maglietta di uno di loro che elencava le cinque ragioni perché una birra è meglio di una ragazza…
Negli sguardi obliqui dei presenti si potevano leggere con facilità
frasi mute del tipo: meno male che mio figlio non è come loro. Appena
fossero scesi dal tram quei giovani sarebbero tornati ad essere
testimonianza di un’adolescenza fastidiosa, da condannare o per lo meno
ignorare. La tolleranza nei loro confronti derivava solo dalla certezza
che a breve sarebbero scesi e tornati invisibili, estranei ed esterni al
mondo in cui viviamo. Estraneo ed esterno sono vocaboli che derivano
dal latino “extraneus” che è la base etimologica di “straniero”.
Oggi purtroppo più di ieri, qualcuno descrive gli adolescenti come
fossero gli «stranieri interni» di cui ha scritto Georg Simmel, quelli
che «non vengono oggi e domani vanno, bensì quelli che oggi vengono e
domani rimangono». (vedi la raccolta di saggi Georg Simmel Stile
moderno, Einaudi ndr).
Molto diversi per condizione e nascita dalle popolazioni che a ogni
età lasciano la propria terra per cercare l’Italia, ma la richiesta che
ci pongono è drammaticamente uguale e questa volta ineludibile: fare
loro spazio per vivere una vita degna di essere vissuta.
Una domanda scomoda che infastidisce molti. Quando, come adesso, il
futuro da promessa di miglioramento diventa una minaccia di regressione
la prima reazione è blindare la condizione presente, ma non si può fare
della adolescenza che esige e rappresenta necessariamente il nuovo
l’ennesimo nemico inventato, il nuovo capro espiatorio.
Certo gli atteggiamenti degli adolescenti possono risultare sbagliati
e allora devono essere stigmatizzati senza sconti né indulgenze di
alcun tipo, ma l’arroganza e la spavalderia che spesso mettono in mostra
serve a coprire una fragilità che segna questa generazione come nessun
altra prima. Scegliere la via del giudizio sommario è il più grande
errore che si può commettere.
Già ci siamo colpevolmente dimenticati dell’infanzia e dell’adolescenza
nei mesi difficili che abbiamo attraversato, chiudendo tra i primi le
scuole e riaprendole tra gli ultimi, senza nemmeno aver usato quel tempo
per decidere cosa fare per garantire a chi le frequenta il sacrosanto
diritto all’istruzione e alla socialità. Farne adesso addirittura gli
untori che portano ed espandono questo virus che ha cambiato la vita di
tutti, ma per prime e in maggior misura le loro, sarebbe pura ipocrisia.
L’adolescenza è un periodo della vita difficile, caratterizzato da un
cambio di pelle totale, dove «è più quello che si perde di quello che
si acquista» come ha scritto Tolstoj, accompagnato da una inquietudine
che inevitabilmente si trasforma in disubbidienza. Ma non è una minaccia
da combattere come invece purtroppo sta accadendo. I passeggeri del
tram che mi portava a casa possono cambiare di posto per allontanarsi
dal chiasso degli adolescenti; chi soffre le conseguenze della movida
notturna può condannare i loro comportamenti (dimenticando i propri a
quella età), ma non sarebbe male riconoscere che l’isolamento imposto
dalla pandemia ha chiesto proprio a loro la prova più dura. Quella è
l’età in cui si vive di contatti, di abbracci, di carezze.
Invece li abbiamo visti scoprire il loro attaccamento alla scuola;
sentiti riflettere sul valore e sul bisogno che hanno di quella sua
routine, come tutte spesso monotona ma che scandisce il tempo delle loro
giornate.
Nella loro primavera hanno vissuto una lunghissima eclissi di sole e
l’hanno superata. Per loro natura sono “fuori sistema”, ma proprio per
questo sono la risorsa più preziosa per un cambiamento che non è un
nuovo problema ma l’unica soluzione ai problemi di sempre.
Giuseppe Bagni
Presidente del Centro di iniziativa democratica insegnanti (Cidi) e membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione
13/8/2020 https://left.it
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