Perchè votare NO al referendum

Mi pare che, negli ultimi giorni, si stia facendo strada una maggiore consapevolezza democratica, nonostante si sia scatenato il peggiore qualunquismo fascista di stampo antiparlamentare, fortemente alimentato dal M5S e da Fratelli d’Italia, che al Parlamento non hanno mai creduto. Il tema sul tappeto, infatti, attiene alla legalità costituzionale. Alludiamo ad una grande questione democratica contemporanea, la crisi della rappresentanza. Il M5S alimenta il senso comune qualunquista, contro la Costituzione, ponendo al centro , con penosa demagogia, la motivazione della riduzione della spesa (peraltro quasi inesistente).

Va messa in chiaro una questione centrale. Non è sufficiente la cosiddetta “correzione proporzionale” della legge elettorale , a cui si affidano, quasi disperatamente, i dirigenti del PD.Potrei qui illustrare decine di anomalie. Basti dire che, al Senato, nella maggioranza delle regioni, gli eletti non saranno più di quattro. E, in alcune regioni, uno solo.La Basilicata avrà, per bizzarria, dimezzato il numero degli eletti, meno del Trentino. Inutile ricordare che una lista del diciotto per cento rischia di entrare in Parlamento solo con un simbolico “diritto di tribuna”.

Un sistema che configura una democrazia “a numero chiuso”, che fa delle minoranze un deserto. Con la sopravvivenza oligarchica di tre ( al massimo quattro) liste. Con più di sette milioni di elettrici ed elettori che sarebbero orfani di rappresentanza. Non vi sono mediazioni possibili.

E’ mia convinzione che il taglio drastico dei parlamentari sia un macigno sulla rappresentanza costituzionale che la legge elettorale in discussione non sia in grado di sanare o riequilibrare. Combatto la posizione di Salvini e Meloni che pensano di trovare la strada spianata sia per l’elezione diretta del Capo dello Stato, sia per la cosiddetta “autonomia differenziata” (la riduzione, cioè, della Repubblica italiana in tanti staterelli regionali).

Le forze democratiche che indicano il voto “Sì” sottovalutano il fatto che, allo stato attuale dei sondaggi elettorali, con la riduzione drastica del numero dei parlamentari, Salvini e Meloni vincerebbero a mani basse, aggiudicandosi un numero di parlamentari in grado di cambiare anche l’art. 138 della Costituzione, cioè anche i principii fondamentali della Costituzione stessa. Da parte nostra, noi dobbiamo uscire dal politicismo, rilanciare la nostra visione costituzionale: le elezioni servono a formare la rappresentanza politico/parlamentare; non a dare l’investitura al governo. Riaffermiamo il carattere parlamentare del governo. Il Parlamento non è un organo della maggioranza, ma la sede primaria di rappresentanza, indirizzo,controllo. E la funzione dell’istituto della “fiducia” parlamentare è il cardine del governo parlamentare.

Con la cosiddetta “democrazia governante” il Parlamento è stato ridotto ad organo di ratifica delle decisioni della maggioranza. Viene minato alla radice l’impianto costituzionale.Basti pensare al già citato art. 138 Cost. (su modi, forme, limiti delle procedure di revisione costituzionale) o all’art. 83 Cost. (elezione del Presidente della Repubblica).

Se vincesse il “Sì” potrebbe configurarsi una vera e propria forma di “dittatura della maggioranza”. Rappresentanza, inoltre, significa restituire ad elettrici ed elettori la possibilità di scegliere i propri rappresentanti. Rischiamo, al contrario, che i parlamentari continuino ad essere scelti dalle segreterie dei partiti, in base alla fedeltà al “capo”. Crescerebbero automaticamente clientelismo ed opportunismo, all’interno della trappola truffaldina e devastante del “voto utile”.

Continuo a ritenere (anche come presentatore di proposte di legge in Parlamento), sulla scia della storica proposta Rodotà/Ferrara, che la riduzione del numero dei parlamentari, corretta, ordinata, non demagogica e qualunquista ed il rilancio del ruolo del Parlamento siano espressi dal binomio comunista classico “monocameralismo e proporzionale”, che ritengo essere una soluzione limpida, non plebiscitaria, su cui si innerva la dialettica tra masse e potere. Ritorna con forza la complessità del pensiero di Marx sul “diritto diseguale” nella “Critica al programma di Gotha”.

Quale è, in definitiva, il punto politico, il pericolo per la Costituzione? Il M5S sventola la bandiera demagogica della lotta alla “casta”, ma alla fine rischiano di vincere i poteri finanziari, che pretendono forme di postdemocrazia, attraverso il braccio armato delle destre al governo con pieni poteri. Se vincessero i “Sì” vi sarebbe il numero più alto in Europa di elettori per eleggere un parlamentare.

Altro che retorica sulla territorialità e sulla “democrazia diretta”, di cui parlano Di Maio e soci.Verrebbe sancita la rappresentanza oligarchica. La nostra Costituzione fonda sulla democrazia organizzata, sulle strutture intermedie della società, associazionismo, sindacati, partiti di massa, avanguardie critiche. Crescono, invece, partiti di cartapesta, partiti del “capo”, partiti diventati enti di Stato, senza sovranità ed autonomia.

Votare “NO” significa lottare per una radicale inversione di rotta, contrastando la crescente frantumazione del sistema politico e l’indebolimento del sistema istituzionale. Le forze della Costituzione sono impegnate in una sfida non identitaria, ma democratica. Tra le tante mi piace citare l’ANPI, che si sta impegnando per il “NO” con la sua autorevolezza. Siamo dalla parte giusta.

Giovanni Russo Spena

  • Costituzionalista.
    Resp. Nazionale PRC Area Democrazia, Istituzioni

Articolo pubblicato sul numero di settembre del mensile www.lavoroesalute.org

Puoi leggerlo anche in versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-settembre-2020/

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