Colmare il pay gap con la trasparenza

Le donne europee guadagnano meno degli uomini a parità di mansione svolta e il gender pay gap è ancora del 14% in Europa. Nel migliore dei mercati possibili, sarebbe come dire che le donne lavorano gratis per alcuni mesi all’anno. Per il 2020, la data d’inizio di questo periodo è stata fissata dalla Commissione europea il 10 novembre, chiamato per questo equal pay day. Una data limite, in cui facendo la somma delle entrate annuali per donne e uomini queste risultano pari, e dopo la quale invece a guadagnare restano solo gli uomini.

“Le donne in Europa guadagnano in media 86 centesimi per ogni euro guadagnato da un uomo” ha dichiarato la vicepresidente della commissione, Věra Jourová in occasione della giornata. “E devono lavorare 51 giorni in più per raggiungere lo stesso reddito annuale dei colleghi. Il risultato di uno squilibrio socio-economico che riguarda le vite, l’ingresso nel mercato del lavoro, gli avanzamenti di carriera, e la conciliazione tra lavoro e responsabilità familiari” ha continuato “e la pandemia non ha fatto che inasprire queste disuguaglianze, esponendo le donne al rischio di povertà”. 

A questo ritmo, spiega la commissione, per raggiungere la parità ci vorrebbero decenni, forse secoli. “Ma sarebbe inaccettabile, bisogna accelerare i tempi e portare il pay gap allo zero” si legge nella nota.

A ritenere inaccettabile lo squilibrio retributivo è anche la popolazione, nove su dieci persone in Ue, per la precisione, secondo quanto riportato dalla commissione. Inoltre, il 64% dei lavoratori Ue ha dichiarato di essere a favore della pubblicazione dei salari medi per tipo di lavoro e genere da parte delle compagnie. È quella che viene chiamata trasparenza.

L’Unione europea, in questo senso, ha già iniziato a muoversi. La trasparenza di genere nelle retribuzioni fa parte da almeno sei anni delle raccomandazioni dell’Unione, ed è del marzo scorso la diffusione della strategia 2020-2025 sulla gender equality, che al centro mette proprio la riduzione del pay gap tra uomini e donne. Tra le pratiche incluse nella strategia, c’è appunto la trasparenza.

Non è un caso se la European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions (Eurofound) ha dedicato alla trasparenza sulle retribuzioni un nuovo studio basato sull’esperienza dei quattro stati membri (Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia) che per primi in Europa hanno introdotto misure di trasparenza all’interno delle aziende, e che quindi per primi si prestano a un monitoraggio dei risultati; e un working paper che indaga costi e benefici delle pratiche di trasparenza salariale all’interno delle compagnie in 13 paesi dell’Unione, inclusa l’Italia, molti dei quali ancora molto indietro.

Eppure, come sottolinea il working paper, alla redazione del quale ha contribuito anche la Fondazione Giacomo Brodolini, i costi di tali misure sarebbero sostenibili nella maggior parte dei casi, soprattutto se si opta per sistemi centralizzati e avanzati dal punto di vista tecnologico, e a fronte di benefici che riguardano una accresciuta attenzione rispetto al divario di genere nei salari e a una sua prevenzione, nei contesti lavorativi.

Dalla valutazione delle prime esperienze sono emerse innanzitutto delle differenze nel modo in cui i piani di trasparenza salariale sono stati progettati e attuati nei diversi paesi e sono stati poi adottati nei diversi contesti lavorativi. In generale, i primi risultati, hanno mostrato che più l’attivazione di questo tipo di misure è resa obbligatoria e dettagliata, più aumenta l’efficacia in termini di consapevolezza e quindi di riduzione effettiva dei divari. Fermo restando, che la trasparenza dentro le aziende è solo un tassello di una strategia più grande, che ha bisogno di integrare strumenti diversi, dentro e fuori dalle aziende.

Leggi lo studio di Eurofound  

Leggi il working paper di Eurofound

16/11/2020 http://www.ingenere.it

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