Pandemia, informazione e democrazia
Le vicende della pandemia da Sars-Cov-2 hanno messo sotto la lente d’ingrandimento tutte le carenze e le difformità a livello territoriale della struttura sanitaria. L’inchiesta di Report ha evidenziato, per l’ennesima volta, il mancato aggiornamento dei piani di emergenza predisposti per contrastare E gestire le epidemie.
La gestione della salute delle popolazioni è è cosa di straordinaria complessità nell’intreccio tra la dimensione sociale e quella organica, dove i i processi che la caratterizzano si occupano della salute e delle comunità, per territori, fasce di età, ruoli e condizione sociale sino alla cura della singola persona, seguita in tutto il suo percorso di vita. Il funzionamento di questa struttura richiede il trattamento di una straordinaria mole di informazioni, il cui flusso ne alimenta il funzionamento e soprattutto ne governa la trasformazione.
Le dinamiche trasformative sono a loro volta complesse, per l’evoluzione delle tecnologie medico-farmaco-sanitarie, la lettura di un bugiardino che accompagna ogni farmaco con i suoi casi e sottocasi, anche il più banale mette in difficoltà un normale cittadino. La struttura sanitaria in tutte le sue articolazioni, è lo strumento per l’affermazione del diritto alla salute sancito dalla costituzione, conquista di oltre un secolo di lotte sociali, che in realtà è ben lontano dall’essere affermato.
A fronte del diritto alla salute sta il diritto all’informazione, alla piena trasparenza e pubblicità di ogni atto pubblico, l’insieme delle norme che lo garantiscono è definito da un acronimo di lingua inglese il il FOIA, il Freedom of Information Act.1 Le informazioni di tipo sanitario fanno parte delle informazioni ‘sensibili’,2 tuttavia garantita la privacy sui dati personali, tuttavia una volta ‘anonimizzati, la messa a disposizione dell’insieme dei dati relativi a tutte le pratiche sanitarie costituisce la base per la partecipazione attiva dei cittadini alla costruzione del diritto alla salute. Il diritto all’informazione nelle nostre società influenza profondamente ogni altro diritto, è un elemento fondante della costituzione materiale, anche se in attesa di far parte di quella formale.
La stratificazione, la complessità delle conoscenze in campo sanitario richiede un processo di mediazione per arrivare alla condivisione di quelle conoscenze per motivare ed attivare una partecipazione attiva dei cittadini. Una partecipazione informata e responsabile. La condivisione delle conoscenze all’interno della stessa struttura è possibile attraverso molte mediazioni ed una complessa differenziazione funzionale.
La pandemia ha messo a nudo non solo le disfunzioni dell’apparato sanitario destinato a combatterla, ma pone ad ognuno di il problema di interpretare il flusso di informazioni, da cui siamo quotidianamente inondati, l’altra opzione è quella di ignorarlo. L’obiettivo minimo comune a tutti è quello elaborare strategia di sopravvivenza nella nuova situazione in cui siamo costretti a vivere. Lo scopo di queste poche righe non è contribuire alla infinita narrazione delle vite che intrecciano nella pandemia sociale, semmai continuare ad indagare lo sviluppo del digitale nella pandemia.
Il mancato aggiornamento del piano anti pandemico non sarebbe poi così grave- salvo l’aggiornamento dal punto di vista delle tecnologie utilizzate- se non fosse stato inadeguato in origine, ricordiamo la mancanza dei dispositivi necessari alla terapia intensiva o più semplicemente la mancanza delle mascherine, dispositivo base per qualsiasi tipo di epidemia. In un altro articolo abbiamo mostrato come l’OMS avesse previsto in una sua simulazione una pandemia simile a quella in corso e le conseguenti misure da adottare, analogo studio era stato fatto negli USA. L’esistenza di quei modelli epidemici avrebbe dovuto mettere in allerta le autorità sanitarie di qualsiasi paese ed in effetti alcuni paesi hanno strutture ridondanti rispetto ad un periodo di normalità come è il caso dei posti letto e relativi dispositivi per la terapia intensiva, è il caso della Germania. Questo dato ci dice molto della capacità degli organi di governo e delle agenzie ad essi collegate di fare un buon uso delle informazioni e delle conoscenze, in particolare modelli di previsione e simulazione. Possiamo anche dedurne la mancanza di una funzione di controllo e di sollecitazione da parte delle comunità scientifiche, delle organizzazioni professionali e della cittadinanza attiva. Un dato che si colloca all’incrocio tra la incapacità di gestire emergenze -che emergenze non sono- come la sismicità, di ampie parti del territorio nazionale, lo squilibrio idro-geologico aggravato dal riscaldamento globale e lo sviluppo ineguale dell’assistenza sanitaria-
Torniamo allora alla gestione dei flussi informativi necessari a gestire non solo i fenomeni pandemici, ma ‘semplicemente’ la complessità della struttura sanitaria. Prendiamo in considerazione il ‘Fascicolo Sanitario Elettronico’ nel quale viene riassunto il percorso sanitario di ognuno di noi, Nelle linee guida del 20103 si legge che “Diverse Regioni hanno già avviato attività progettuali per la realizzazione di sistemi di Fascicolo Sanitario Elettronico a livello regionale (es. Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Sardegna). E’ divenuto quindi strategico per il nostro Paese giungere ad una sintesi delle diverse istanze esistenti e promuovere la condivisione di un modello di riferimento nazionale per il FSE.” LA regionalizzazione della sanità ha colpito ancora invece di partire da una configurazione per dati e procedure a livello nazionale da utilizzare poi a livello regionale e locale l’iniziativa viene presa dalle regioni per cui, a processo già avviato, si emanano linee guida che -a questo punto- limitino la diversificazione.
Il FES in realtà si configura come un contenitore molto articolato che dovrebbe aderire a tutte le esigenze del servizio sanitario infatti nelle linee guida si dice “Ne deriva quindi che il FSE oltre a perseguire finalità di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, potrebbe favorire anche la costruzione di sistemi monitoraggio a supporto della programmazione, gestione, controllo e valutazione dell’assistenza sanitaria, nonché supportare .”studi e ricerche scientifiche in campo medico, biomedico ed epidemiologico.”
Al sito https://www.fascicolosanitario.gov.it/ si trova lo stato di avanzamento nella istituzione e realizzazione del FSE a livello regionale.
Per avere una idea della relazione tra le diverse implementazioni del FSE a livello regionale nel regolamento4 possiamo leggere “Ciascuna regione o provincia autonoma espone verso le altre regioni e province autonome servizi specifici a supporto dell’interoperabilità del FSE al fine di garantire almeno le seguenti funzionalità: a) la ricerca dei documenti del FSE di cui all’articolo 2; b) il recupero dei documenti del FSE di cui all’articolo 2 ovvero la documentazione essenziale del percorso sanitario. Insomma si tratta di garantire il dialogo tra i diversi sistemi regionali.
Il progetto di un sistema di raccolta condivisione di informazione in buona sostanza è stato realizzato – è ancora in corso di realizzazione- con un procedimento all’inverso per cui si arriva alla fine del processo alla creazione di dispositivi che dovrebbero garantire realmente questa condivisione tra tutte le istituzioni sanitarie del paese, per cui l’integrazione dei diversi sistemi informativi deve essere garantito dal Nuovo Sistema Informativo Sanitario((Decreto del 7 dicembre 2016, n. 262) – col quale il Ministero della Salute ha definitivamente adottato il “Regolamento recante procedure per l’interconnessione a livello nazionale dei sistemi informativi su base individuale del Servizio sanitario nazionale, anche quando gestiti da diverse amministrazioni dello Stato”)
Come recita il titolo di un articolo del sito agendadigitale.eu, il FSE dovrebbe, potrebbe essere uno strumento fondamentale per la gestione della pandemia, ma come ci dice lo stesso articolo “Già perché il problema principale che affrontiamo oggi è il tracciamento. Conoscere esattamente dove sono e chi sono le persone affette dal virus. Mettere sotto controllo l’andamento della pandemia. Qui si avverte il punto di caduta più pericoloso del sistema informativo della sanità italiana. Il servizio sanitario nazionale ha un sistema informativo carente. Anzi ne ha due che fanno fatica a comunicare tra di loro. Quello nazionale basato sul MEF e la Tessera Sanitaria (non sul Ministero della Sanità) e quello delle Regioni basato sul Fascicolo Sanitario Elettronico. L’uno serve per il controllo della spesa e genera dati economici e statistici. L’altro mette in rete lo stato di salute dei cittadini attraverso il contenuto dei documenti sanitari (referti, diagnosi, cartelle cliniche, ecc..) Ma il SSN dispone oggi, per la sua attività di programmazione e sorveglianza, soltanto del canale ‘amministrativo’ perché i dati di salute-malattia contenuti nei FSE e generati da tutte le interazioni medico-paziente, non vengono raccolti ed elaborati nazionalmente e spesso nemmeno dalle Regioni…”
Ogni regione fa repubblica a sé, lo abbiamo visto nel diverso modo con cui diversi sistemi sanitari regionale si sono mossi in questi mesi; anche in tema di tracciamento e assistenza territoriale, pensiamo al ruolo delle USCA le Unità Speciali di Continuità Assistenziale che dovrebbero garantire l’assistenza domiciliare con tutte le protezioni e gli strumenti del caso. Significativo è il caso del Lazio dove sono sorte contestazioni alle soluzioni adottate dalla regione.
La possibilità di un controllo civico del comportamento delle istituzioni e della gestione delle istituzioni stesse -in particolare nel campo sanitario dove il sistema ha la complessità e l’articolazione di cui sappiamo- è la messa a disposizione con una adeguata granularità, coerenza e tempestività tali da permettere una elaborazione che partendo dai dati grezzi fornisca una descrizione del loro effettivo funzionamento secondo i parametri ed i punti vista necessari a comprenderlo. Alla base della base c’è il formato dei dati per cui- tanto per capirci- i dati non devono essere forniti in file PDF, da cui è difficile estrare dati contenuti in tabelle, ma in formati come quelli di un foglio elettronico che ne permette la manipolazione, l’estrazione la messa in relazione con una adeguata spiegazione del significa del singolo dato, i cosiddetti metadati.
Per questo è partita una campagna ‘Liberiamoli tutti @datibene comune” lanciata dalla associazione Ondata – https://ondata.it/ .
La Protezione civile ha realizzato un sito, una mappa, Inoltre ha aperto un repository su GitHub dove pubblica tutti i dati raccolti.
Questi numeri non bastano più. Pensiamo ai 21 parametri scelti dal ministero della Salute, dall’Istituto superiore di Sanità e dagli esperti designati dalla Conferenza delle Regioni, sono molto più complessi . Ci sono i dati epidemiologici, quelli che raccontano lo stato dell’epidemia, ma anche quelli che servono a capire l’affaticamento delle strutture sanitarie e la capacità delle Regioni di tracciare i positivi.
La trasparenza, la messa a disposizione dei dati in modo leggibile ed utilizzabile sono la base per renderci tutti protagonisti di questa che si configura non solo come una ‘emergenza’ sanitaria, ma anche sociale e complessivamente e profondamente come emergenza democratica, con radici profonde e ramificate, nelle istituzioni e nella società.
- E’ del 2016 il Freedom of Information Act (FOIA) italiano, che stabilisce appunto il diritto per i cittadini di accedere agli atti della pubblica amministrazione senza dover esibire un motivo valido, e il dovere per l’amministrazione di fornire eventualmente un motivo valido per non soddisfare la richiesta.[↩]
- https://www.garanteprivacy.it/home/diritti/cosa-intendiamo-per-dati-personali[↩]
- http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=1465[↩]
- https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/dettaglioAtto?id=53414 [↩]
Roberto Rosso
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