Ai predatori di lavoro la risposta non c’è?

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In questo numero di gennaio 2021 ci sono pagine intense sulla sicurezza sul lavoro. Dai racconti di vite perdute ai problemi posti da chi vive ogni giorno la distanza siderale tra le leggi (riprese verbalmente in dichiarazioni, documenti e convegni) e la realtà imposta dai “datori” che non le considera affatto; dalle considerazioni sul campo di chi ha operato per decenni sulle richieste di intervento nei luoghi di lavoro.

Dalla loro esperienza si evince che i lavoratori combattono a “mani nude” la guerra di classe che le imprese private, come gli enti pubblici – veri e propri predatori del bisogno di lavoro – hanno scatenato in questi decenni con spregiudicatezza e senza remore, fidando del silenzio, a contorno delle leggi rimaste inapplicate, di tutti i governi che si sono alternati negli ultimi 30 anni riducendo senza soluzione di continuità i diritti alla salute dei lavoratori.

Dal 1994 ho fatto per 10 anni il RLS in sanità e dal 1975 al 1982 nella fabbrica siderurgica Fiat/Ferriere, poi Teksid (e infine ThyssenGrupp) come operaio attivista politico/sindacale con il periodico “Compagni”, (è rimasto negli annali della storia operaia torinese lo spettacolo di strada “TESKID” che il nostro collettivo di operai ha fatto con la collaborazione dell’artista Piero Gilardi), giornale di fabbrica che ha fatto inchiesta operativa sulle condizioni di lavoro denunciando rischi e relativi infortuni e morti che hanno preceduto di alcuni anni l’incendio alla ThyssenGrupp con l’infortunio mortale di sette operai nella notte fra il 5 e il 6 dicembre 2007.

Ho fatto questi brevi accenni come retroterra di questo lavoro d’informazione che continuiamo a dare con il mensile Lavoro e Salute e per certificare la titolarità ad affrontare, senza ipocriti e convenzionali giri di parole, il problema dei problemi che impediscono un attivo impegno per affrontare questa strage quotidiana che pare sia vissuta come un atto sacrificale dovuto per non inimicarsi il Dio profitto e i loro obesi rappresentanti terreni molto più potenti dell’altro rappresentante terreno del Dio dei credenti che non ha certo poteri di vita e di morte come lor signori predatori.

Quindi, avendo dato priorità all’impegno per la sicurezza sul lavoro nella mia ultradecennale attività sindacale e politica posso, come gli stessi autori delle “pagine intense”, affrontare a viso aperto le questioni fondo che, a mio parere, si possono declinare come assenza di controllo dei lavoratori sulle proprie condizioni di lavoro che di fatto determinano la loro salute e la loro stessa vita. Mi riferisco al sindacato confederale che durante gli ultimi trent’anni si è consapevolmente, e colpevolmente, auto esautorato dalla contrattazione sull’organizzazione del lavoro e per santificare questa colpevole scelta ha destrutturato, anche culturalmente, la rete di migliaia di delegati inglobando in essa la figura autonoma dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza in modo da debilitare le loro prerogative di controllo partecipativo
con i lavoratori. Tutto questi lavorio ha definitivamente eliminato ogni parvenza di democrazia sindacale sui luoghi di lavoro.

Non me ne vogliano quelle strutture sindacali interne o quei singoli sindacalisti e RLS che caparbiamente rischiano isolamento nel loro stesso sindacato e provvedimenti disciplinari delle aziende per essersi resi colpevoli di attività democratica, ma converranno che lo stato di cose presenti nel quale si impegnano non è né condiviso e né coperto dalla loro appartenenza sindacale.

Oggi chi è un RLS?
La possiamo definire una figura ibrida? Un soggetto perennemente tagliato fuori dalle dinamiche imposte dall’esterno, siano esse determinate da accordi regionali e nazionali e siano esse catapultate da fenomeni pandemici.
Ma in ambedue i casi risulta chiaro, a chi non vuole nascondere ruoli di attiva partecipazione ad affrontare i problemi, che l’attivazione di soggetti competenti sul campo è alla base di ogni possibilità di cura, l’esempio emblematico l’hanno dato infermieri, medici e OSS durante questo tragico anno appena concluso. E, forse, a partire da questo evento pandemico, sarebbe il caso di riflettere sulla scomparsa del ruolo dei RLS come soggetti protagonisti nella verifica delle condizioni di solitudine in cui si sono trovati ad operare i sanitari, deprivati anche della libertà di parola per denunciare l’ignavia degli ambiti politici e aziendali decisori.

Crediamo tutti, almeno ci spero, che le RSU/RSA avrebbero dovuto esercitare la loro funzione durante la pandemia, almeno di ascolto per dare un sostegno morale, e molti l’hanno fatto a leggere le cronache sindacali, mettere in discussione la loro natura odierna sarebbe un atto di lungimiranza e finalmente vedere, e valorizzare, la diversità tra la figura del RLS e un delegato della RSU. Sono due mondi diversi, anche se parte dello stesso impegno sindacale sono richieste prerogative e vedute diverse che dovrebbero trovare un’unità d’azione su una riflessione comune sulle condizioni di lavoro nelle quali vivono.

Oggi siamo in una fase molto diversa da quando sono nati le RSU/RSA e i RLS ma non affatto migliore.
Siamo di fronte a: aumento dello sfruttamento, bassi salari, incremento della precarietà e della flessibilità, aumento brutale dei ritmi e degli orari, tagli continui ( anche nella pandemia) alla sanità, appunto per questo stato di cose ai confini della civiltà del lavoro si dovrebbe ridare poteri di contrapposizione conflittuale a chi si sente di esercitarlo, pena la continua conta di infortuni e di morti sul lavoro, al netto delle malattie professionali che si trasformano negli anni anch’esse in disabilità e morti.

I preposti, per delega dei lavoratori, alla rappresentanza dei lavori non hanno nulla da inventare per riprendere in mano un tema lasciato scrivere solo dalla controparte dopo la legge 626 del 1994.

Accenniamo, riprendendo solo alcune delle proposte fatte da Medicina Democratica-movimento di lotta per la salute, solo alcuni punti per la ripartenza di un protagonismo sindacale, anche tramite la rivalorizzazione delle RSU/RSA:

  • Revisione del regime sanzionatorio del D.Lgs.81/08 ridotto drasticamente dal D.Lgs.106/09, fino a riportarlo a quello originale e introduzione nel codice penale del reato di omicidio sul lavoro.
  • Revisione della tabella dell’INAIL sulle malattie professionali in modo da far rientrare nell’elenco ulteriori patologie rispetto a quelle presenti attualmente (D.Lgs del 21 luglio 2008). In particolare tutte le patologie psichiche e psicosomatiche correlate allo stress occupazionale e alle molestie e violenze sul lavoro.
  • I Servizi di Prevenzione sui luoghi di lavoro delle ASL devono riprendere un intervento partecipato con i lavoratori per andare a cercare il soggetto debole, cioè i lavoratori, che ormai in rari casi si rivolgono ai Servizi, avendo maturato una notevole diffidenza.
  • Estensione dei Pool di magistrati che si occupano di salute e sicurezza sul lavoro in ogni Procura, prevedendo percorsi di formazione specifici prima dell’entrata nel pool, fino alla creazione di una Procura nazionale per la sicurezza sul lavoro.

Oggi le condizioni del mondo del lavoro, meglio dire dei lavori precarizzati, è tragica e sempre più simile, nella sua nocività, agli anni 50. E’ urgente, con le forme più radicali di lotta, un percorso a ritroso di riconquista di basilari e vitali diritti di civiltà.
Diritti vitali che saranno sempre più lontani dalla capacità sindacale di intervenire per ripristinarli se verrà concessa dal governo alle Regioni che l’hanno richiesta, e promessa, dal governo Gentiloni la facoltà di Autonomia differeziata su 23 materie tra le quali sicurezza sul lavoro e contratti che non sarebbero di fatto più nazionali ma locali.
Ovvero, non ci sarebbero più i contratti collettivi nazionali a tutelare i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori che verrebbero trascinati in una concorrenza al ribasso.

Inoltre, la frammentazione regionale significa perdita dei diritti civili e sociali, aumento delle diseguaglianze, peggioramento delle condizioni economiche di tutti, cancellazione dello stato sociale, arretramento della democrazia, ulteriore imbarbarimento del mondo del lavoro con brutali disparità tra nord e sud.
Sarebbe la vittoria secessionista della Lega, checchè ne dicano i vari ministri quando senza alcuna vergogna parlano di “autonomia solidale”.

Le RSU/RSA e i RLS dovrebbero rifiutare il ruolo di comparse e recepire facilmente questo pericolo essendo loro testimoni quotidiani delle già pesanti disparità esistenti e rendersi protagonisti di una battaglia nei loro sindacati confederali che ad oggi, purtroppo, hanno fatto solo da spettatori alla battaglia che il Comitato nazionale contro ogni autonomia differenziata ha condotto per fermare questa barbarie.
Non servono sibilline dichiarazioni e non bastano documenti ben scritti, come quello della CGIL, perchè sono vissuti come una scelta di “non aderire nè boicottare” se non si interviene con l’azione vertenziale propria di un sindacato che ha chiara la sua ragione di esistere nel rappresentare sul terreno delle lotte, sulle quali costruire la proficua mediazione tra le parti che porta a risultati per i propri rappresentati.

Le imprese private e pubbliche, nelle mani di predatori di lavoro, le idee ce le hanno chiare con il loro motto “sicurezza sul lavoro? Ingombro da aggirare” e lo praticano impuniti.

Su questo stato di cose è improprio dire che i RLS sono stati trasformati in comparse nei luoghi di lavoro?

Franco Cilenti

Pubblicato sul numero di gennaio del mensile

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