La ragazza andalusa
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La storia di un italiano trapiantato a Madrid, impegnato nei locali della movida della capitale che fanno scattare una scintilla tra lui e una ragazza sivigliana con un carattere particolare, forte e deciso, prorompente, che lo coinvolge, conducendolo come una sorta di Beatrice in un viaggio dentro la cultura andalusa.
La movida. La famigerata movida che è la fonte del divertimento e forse di uno sfogo e un desiderio di libertà per un popolo oppresso da oltre quarantanni di dittatura franchista
Anno 2015. Lui è un immigrato italiano che cerca di dare una svolta alla sua vita. Si avvertono in queste pagine ancora i postumi della crisi economica che aveva coinvolto il paese. Poi c’è lei. Beatriz. Nel loro rapporto si incrociano due culture diverse, due mentalità diverse, anche se i due paesi, la Spagna e l’Italia, hanno molte assonanze in comune.
La ragazza non si mostra molto loquace e nei suoi lunghi silenzi, nel suo apparente estraniarsi, mette in difficoltà il protagonista, aprendo squarci oscuri sul suo passato che innescano una crisi dentro le sue certezze e la sua vita fatta di tanta spensieratezza.
Così la segue fino a Siviglia. Si aprono paesaggi incantevoli, perché l’Andalusia è fonte di scenari straordinari tanto da far passare in secondo piano la relazione con Beatriz. E le frequentazioni sono altrettanto straordinarie perché, lo portano a conoscere luoghi bellissimi, organizzazioni di mostre, presentazioni di libri, locali dove gli artisti si incontrano e dove emerge tutta la ricchezza della cultura andalusa.
E il tema del viaggio fa da filo conduttore a questo romanzo, sempre trovandosi in quella situazione provvisoria e sospesa che turba una sicurezza all’apparenza insormontabile. Un lungo filo tra presente e passato, tessuto intorno a loro medesimi, ai genitori di lei che quando lo incontrano esprimono in tutto e per tutto la loro contrarietà nel rapporto.
La bellezza dei luoghi attraversati lascia senza dubbio un segno nell’anima e ogni descrizione lascia nella memoria del lettore un grappolo di immagini animate da quella potente vividezza nel particolare che forse è l’anima dell’arte di Giannetti.
Alla fine, come vogliono le regole del genere letterario, nomade e rischioso, cui appartiene il libro, il protagonista torna al suo punto di partenza. Il tema di questo viaggio si chiude qui, con l’arrivo di un estraneo che entra in punta di piedi dentro la discordia o, forse, dentro l’armonia di un piccolo nucleo familiare.
E forse, il dubbio viene, che ci sia nel protagonista una incapacità a radicarsi nell’esistenza, forse basterebbe ributtarsi nell’oblio della baldoria per dare una scossa alla vita, anche se ciò non sarebbe bastato a misurare l’intensità delle proprie sensazioni per essere certi di vivere.
Si parte sempre dal titolo, La ragazza andalusa, dove l’amore è alleggerire il cuore dal peso della vita. Ma la vita la inseguiamo ovunque e ovunque tesse la sue tele di rapporti umani, riproponendo invariati i suoi dilemmi e i suoi problemi.
È un libro che invita a riflettere perché, catapultato nel presente, torna a scavare nel passato franchista del paese e riaccende l’epica sofferente di un popolo.
Nel sognato altrove non si fa altro che cercare di ritrovare se stessi e mettere a nudo le difficoltà dei rapporti umani.
La ragazza andalusa è il libro di uno scrittore che sa raccontare la brutalità del desiderio e della separazione, chi trova le parole per misurarli ed esprimerli. Anatomia di una scrittura che sa comunicare sentimenti forti con un vigoroso senso di appartenenza e di partecipazione.
Libro di una freschezza strepitosa, soprattutto nell’invenzione dei dialoghi, riflessivi e profondi, fuori da una letteratura addomesticata, quella che ha generato gli scrittori come polli d’allevamento.
La bellezza di un romanzo e la compattezza di un diario, scivolano lungo queste pagine intense che si alternano con momenti di tenerezza, di disperazione, alla ricerca di una pienezza che una volta raggiunta va consumata a piccole dosi.
Una storia raccontata in modo fisico, non soltanto con la voce, ma con il corpo, con una precisione e una tridimensionalità nella percezione dei particolari tali da trasmettere in maniera palpabile le tensioni che animano i personaggi.
La storia noi vorremmo che continuasse perché nessuna storia vorremmo vedere la fine, soprattutto quando convince. Varrà la pena, ogni tanto, andare con la mente nei luoghi definiti dal romanzo, sentirsi viaggiatori occasionali e mostrare stupore per quello che troviamo.
Poche volte mi è capitato di imbattermi in un romanzo apparentemente di facile lettura e al tempo stesso così inquieto nelle riflessioni che stimola, così maturo e tenero da far condividere la passione dei sentimenti nel loro vero valore.
Giorgio Bona
Scrittore. Collaboratore di Lavoro e Salute
Alessandro Gianetti – Arkadia 2020
Pubblicato sul numero di gennaio del mensile
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