Le origini del virus restano oscure

Il 14 gennaio 2021, il New York Magazine ha pubblicato i risultati di un’ampia ricerca di Nicholson Baker sulle attività di governi e scienziati degli Stati Uniti e della Cina. Fornisce dati di rilevante interesse per conoscere le ipotesi sulla questione. La tesi conclusiva di Nicholson Baker, non certo nuova, è che il virus che causa la Covid-19 abbia cominciato la sua esistenza dentro a un pipistrello, abbia imparato ad infettare le persone nel chiuso di una miniera, e poi sia diventato più contagioso in uno o più laboratori, forse nel contesto di un tentativo ben intenzionato ma rischioso di scienziati che cercavano di creare un vaccino ad ampio spettro. “Il Sars-Cov-2 non è stato progettato come un’arma biologica. Ma io credo che sia stato progettato, questo sì”, conclude Baker. Il team di verifica dell’attendibilità delle notizie del New York Magazine, compresi alcuni biologi contrari all’ipotesi del virus nato come progetto, ha analizzato per diverse settimane la ricostruzione dei fatti operata nella ricerca. Alla fine ne ha attestato l’accuratezza. Insomma, si tratta di una tesi plausibile, e poi, magari non sarà andata proprio così, ma l’ipotesi andrebbe studiata, sostiene Silvia Ribeiro, invece non se ne vuole nemmeno sentir parlare. Immaginare che si brancoli completamente nel buio, in fondo, è assai meno plausibile.

Con più di 92 milioni di persone (ora sono 103 milioni, ndr) contagiate e 2 milioni di morti per Covid nel mondo, ancora non si conosce con certezza l’origine del virus che sta provocando questo disastro globale. C’è consenso scientifico sul fatto che il Sars-CoV-2 sia derivato da un virus dei pipistrelli, ma più di un anno dopo che è stato identificato non c’è una ricerca internazionale indipendente da interessi costituiti che possa darci informazioni certe sulla vera origine di questo virus.

Il 14 gennaio 2021, il New York Magazine ha pubblicato i risultati di un’ampia ricerca di Nicholson Baker sulle attività di governi e scienziati degli Stati Uniti e della Cina, che fornisce dati fondamentali per conoscere le ipotesi sulla questione («The lab-leak hypothesis»).

L’autore riassume le sue conclusioni nel modo seguente: «Sono arrivato a credere che ciò che è accaduto sia abbastanza semplice. È stato un incidente. Un virus è stato per un po’ di tempo in un laboratorio e alla fine è uscito. Il Sars-CoV-2, il virus che causa la Covid-19, ha cominciato la sua esistenza dentro a un pipistrello, poi ha imparato ad infettare le persone nel chiuso di una miniera, e poi è diventato più contagioso in uno o più laboratori, forse nel contesto di un tentativo ben intenzionato ma rischioso di scienziati che cercavano di creare un vaccino ad ampio spettro. Il Sars-Cov-2 non è stato progettato come un’arma biologica. Ma io credo che sia stato progettato, questo sì».

È la stessa ipotesi avanzata da Luc Montaigner, francese e premio Nobel per la medicina, secondo cui «la Covid-19 è stata il risultato del lavoro di ricercatori che cercavano un vaccino contro l’Aids»El virólogo que ganó el premio Nobel por descubrir el VIH aseguró que el nuevo coronavirus fue creado en un laboratorio») [«Il virologo che ha ricevuto il premio Nobel per la medicina per la scoperta dell’HIV ha detto che il nuovo coronavirus è stato creato in un laboratorio»].

Baker spiega, sulla base di abbondanti fonti scientifiche, che non ci sono evidenze definitive che sia stato manipolato, ma che non ce ne sono nemmeno per affermare che sia solamente zoonotico.

L’ipotesi che il virus sia stato progettato per ottenere un alto livello di contagiosità negli esseri umani e che si sia verificata una fuoriuscita accidentale, è un argomento di cui gli scienziati coinvolti negli Stati Uniti e in Cina non vogliono nemmeno sentir parlare. Tuttavia, conoscendo le circostanze, l’ipotesi della fuoriuscita è molto plausibile e dovrebbe essere seriamente studiata.

Fra coloro che affermano che non è necessario indagare sulla questione ci sono personaggi come Anthony Fauci, direttore di uno degli Istituti Sanitari Nazionali (INS) degli Stati Uniti, e Peter Daszak, della EcoHealth Alliance, che sono stati coinvolti per vari anni nella ricerca del laboratorio di Shi Zhengli nell’Istituto di Virologia di Wuhan, Cina, nell’ambito di un progetto finanziato dall’INS per accrescere la contagiosità per gli esseri umani di un virus della SARS che è l’antecedente più vicino che si conosca al Sars-CoV-2 (si veda Daszak P., «Understanding the Risk of Bat Coronavirus Emergence»).

La logica di questo tipo di ricerca, spiega Baker, affonda le sue radici nei programmi del governo degli Stati Uniti, specialmente dopo l’11 settembre. A breve distanza di tempo da quella data, ci sono stati diversi casi di lettere in cui era stata collocata una polvere che conteneva antrace. Gli attentati sono stati alla base di un’enorme espansione della ricerca sulle armi biologiche e sulla biodifesa, con la motivazione di essere preparati con un vaccino o con altri mezzi per prevenire attacchi dall’esterno. In seguito, si è scoperto che le lettere erano state inviate da un cittadino statunitense, uno dei loro stessi ricercatori in materia di armi biologiche, che voleva che il governo comprasse il suo vaccino contro l’antrace.

Nel 2003 il Congresso ha approvato il programma BioShield per la biodifesa, che nell’amministrazione Obama è continuato con il nome di Predict. Fin dall’inizio, prima con Bush, poi con Obama e infine con Trump, Anthony Fauci ha ricoperto posizioni di primo piano nel settore. Durante la pandemia è stato la figura ufficiale di riferimento. A partire dal 2003, Fauci ha diretto programmi di biodifesa in cui si manipolavano virus (anche prelevati in Cina) e ha difeso quei programmi di fronte alla protesta di centinaia di scienziati che sostenevano che quei fondi dovevano essere impiegati per malattie che colpivano molto di più la popolazione del paese.

C’è solo una demarcazione virtuale tra la ricerca per la biodifesa e la produzione di armi biologiche. Per sviluppare gli antidoti si comincia con lo sviluppare il virus o altri agenti infettivi. Da più di un decennio, si sono utilizzati virus della SARS e della MERS (altri coronavirus), ricombinandoli in laboratorio, spesso con sistemi di intelligenza artificiale, per produrre una maggiore infettività nell’uomo, al fine di vedere fino a che punto potrebbero arrivare.

Questo si chiama gain-of-function [letteralmente ‘guadagno di funzione’; si tratta di una mutazione che potenzia la funzione di una proteina o gliene conferisce una nuova – ndt]. Nel 2012 la ricercatrice Lynn Klotz ha segnalato, nel Bulletin for Atomic Scientists, che una pandemia provocata da esseri umani avrebbe potuto verificarsi entro un massimo di 12 anni con l’80% delle probabilità. Nel corso di quell’anno, alcuni esperimenti che venivano effettuati per ottenere che l’influenza aviaria infettasse dei furetti (che in precedenza non erano suscettibili alla malattia) ha suscitato l’indignazione di un gran numero di scienziati, e nel 2014 sono stati sospesi i programmi destinati a quel tipo di ricerca.

Questo ha fatto sì che alcuni di coloro che erano coinvolti in quel genere di ricerca, come Ralph Baric e Peter Daszak, si affrettassero ad attivare più collaborazione con laboratori di altri paesi, dal momento che non potevano proseguire negli Stati Uniti. Da allora l’organizzazione EcoHealth Alliance, presieduta da Daszak, ha convogliato fondi del governo statunitense a vari laboratori, fra cui quello di Wuhan.

Silvia Ribeiro

Ricercatrice nata in Uruguay che vive in Messico è da tre decenni direttrice per l’América Latina del Gruppo di Azione su Erosión, Tecnología y Concentración (ETC), con status consultivo di fronte al Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite.

1/2/2021 https://comune-info.net

Fonte: «Los oscuros orígenes del virus», in La Jornada, 16/01/2021.

Traduzione a cura di Camminardomandando

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