Lavoro di cura. Una nuova frontiera della diseguaglianza sociale
Il testo è la sintesi dell’articolo pubblicato nella sezione Tema del n. 3/2020 di Rps e scaricabile dagli abbonati nella versione integrale al link: https://www.ediesseonline.it/prodotto/rps-n-3-2020/.
Lo sviluppo dei servizi di cura e le implicazioni sul fronte lavoro: il dibattito
La cura ha assunto una crescente centralità nelle società contemporanee. Negli ultimi decenni, le politiche di cura si sono espanse non solo attraverso la leva tradizionale dell’intervento pubblico tout court, ma anche attraverso un coinvolgimento crescente di attori privati nell’erogazione e gestione dei servizi stessi. Questo coinvolgimento crescente ha rappresentato una delle soluzioni adottate nei vari paesi al fine di garantire un’estensione nell’offerta, in risposta alle tensioni emergenti sul versante dei bisogni di cura, senza tuttavia intaccare eccessivamente gli equilibri di bilancio. Tuttavia, queste tendenze hanno prodotto alcune criticità che si riflettono in particolare sul versante del lavoro. Tradizionalmente il tema delle condizioni di lavoro nel welfare è stato considerato in modo limitato dalla letteratura. Di recente, però, diversi studi hanno iniziato a porvi maggiore attenzione. Si tratta di una questione non irrilevante, tenuto conto che, essendo i servizi di cura fortemente labour intensive, la «variabile» lavoro costituisce un fattore cruciale nella dinamica di produzione del servizio stesso.
L’articolo intende contribuire alla conoscenza e al dibattito sul fenomeno del lavoro e delle sue condizioni nel settore della cura, con un focus specifico sul caso italiano, considerando i servizi educativi alla prima infanzia e quelli rivolti al supporto della popolazione anziana fragile e non autosufficiente.
L’analisi intende rispondere alle seguenti domande di ricerca: quali sono le condizioni del lavoro di cura in questi due settori? Si riscontrano elementi di similarità o differenza tra di essi? In che modo esse si discostano o meno da ciò che si registra in altri settori del welfare?
Il settore dei servizi di cura in Italia
In Italia, le politiche pubbliche, oltre a presentare tratti di marcata frammentazione e disarticolazione, risultano essere fortemente residuali, in particolare nella componente dei servizi.
La cura degli anziani
Nell’area degli anziani l’onere principale della cura ricade sulle famiglie e sulla solidarietà intergenerazionale. La «familizzazione» e l’estrema marginalità del sistema dei servizi fanno il paio con il ruolo centrale tradizionalmente svolto in questo settore dagli attori privati, in particolare di carattere non profit come istituzioni religiose, organizzazioni di volontariato e cooperative sociali. Queste considerazioni valgono sia per quanto riguarda la residenzialità che nel settore dell’assistenza domiciliare, nell’ambito del quale nel corso degli anni si è assistito ad un processo spinto di esternalizzazione.
La prima infanzia
L’organizzazione dei servizi di cura ed educazione alla prima infanzia si è storicamente strutturata in Italia attraverso un sistema non unitario, ovvero in due cicli separati: uno prettamente pre-scolare (rivolto alla fascia dai 3 ai 5 anni) ed uno per i bambini più piccoli (0-2 anni). Le scuole dell’infanzia pur non essendo obbligatorie, afferiscono al settore educativo, sotto la responsabilità del Miur, e presentano tassi di copertura quasi universalistici, che si attestano ben oltre il 90%. I servizi socio-educativi per i bambini sino a 3 anni che, afferendo al settore sociale, rientrano tra le competenze di regioni e comuni, si caratterizzano, invece, per tassi di copertura fra i più bassi in Europa, con forti differenziazioni territoriali. A fronte di una crescita della copertura pubblica insufficiente a tenere il passo con il progressivo incremento dei bisogni, si è assistito soprattutto a partire dagli anni duemila all’espansione dell’offerta privata di servizi 0-2, come anche di gestione miste
Le principali risultanze empiriche
L’analisi, condotta su dati dell’Indagine sulle forze di lavoro (2017- 2018), mostra come sia nel settore della cura degli anziani che in quello della prima infanzia sono presenti forti diseguaglianze interne nella diffusione delle condizioni di lavoro più problematiche. Queste, se consideriamo per esempio variabili come l’incidenza di contratti a tempo determinato o del part-time involontario, risultano essere concentrate principalmente tra chi svolge attività di cura nell’assistenza domiciliare o familiare per quanto riguarda gli anziani e negli asili nido e tra tate e baby sitter per quanto riguarda i bambini. Nel settore della cura della prima infanzia, emerge chiaramente anche un minore capacità salariale delle lavoratrici impiegate negli asili nido rispetto alle insegnanti della scuola dell’infanzia, che sono maggiormente allineate alle condizioni delle insegnanti di scuola primaria. La minore retribuzione dipende sia da una maggiore diffusione di contratti non standard e part-time che da una remunerazione oraria di partenza inferiore. Nella cura degli anziani, invece, le differenze negli stipendi percepiti sono principalmente legate proprio alla differente distribuzione del part-time (che colpisce maggiormente i lavoratori coinvolti nel settore della domiciliarità), con l’eccezione delle badanti che sono meno remunerate anche controllando per l’orario di lavoro.
Conclusioni
Le condizioni dei lavoratori nel settore della cura, ed in particolare i tratti di forte problematicità, risultano fortemente modellate dalla struttura regolativa ed istituzionale caratterizzante lo sviluppo del sistema dei servizi nel nostro paese. Infatti, le criticità tendono ad accrescersi in quei segmenti dei servizi della cura, in primis servizi domiciliari, nidi, attività alle dirette dipendenze delle famiglie, in cui il grado di istituzionalizzazione e regolazione è più debole, così come è molto rilevante il ruolo del mercato privato. Si tratta di processi che non possono che avere implicazioni particolarmente critiche dal punto di vista delle condizioni sostantive di vita dei lavoratori coinvolti, ma anche presumibilmente per quanto riguarda la qualità dei servizi offerti e la loro sostenibilità. La problematicità delle condizioni di lavoro rischia, inoltre, di avere implicazioni anche sulla stessa capacità di tenuta del settore dei servizi: l’attrazione e il mantenimento di capitale umano può risultare, infatti, in tali circostanze particolarmente difficile, minando in questo modo la capacità di risposta ad un bisogno, quello della cura, che è sempre più centrale nelle società contemporanee.
Marco Arlotti, Andrea Parma, Costanzo Ranci, Stefania Sabatinelli
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