I cento-mila tassi, la truffa che verrà
Per due settimane, in posizione centrale fissa sulla homepage del Corriere della Sera – non la notizia del giorno quindi – sullo sfondo azzurro della rubrica di economia era possibile leggere un titolo che riguardava i depositi bancari superiori ai centomila euro. Le banche, solo alcune per il momento, hanno deciso di tassare con rendimenti in negativo i conti correnti dai centomila euro in su. Vogliono penalizzare chi non investe. Vabbè, lo so, chi ce l’ha centomila euro? D’accordo, molti no però non è che sia una cifra così stratosferica se è accumulata in anni di risparmi da una famiglia con due stipendi fissi e disposta a tanti sacrifici. Ai complottisti di casa nostra deve essere sfuggita la notizia: stavolta c’erano tutte le condizioni per attaccare sia il quotidiano di via Solferino, indagando sui suoi sponsor, sia il sistema bancario dando per scontata la sua fraudolenza.
Perchè c’è un prima e un dopo in questa campagna promozionale spacciata per informazione. Prima è iniziata la lotta ai contanti. Secondo i discepoli di Davigo e Travaglio (come per i 5 cosi e per gli ultra legalitari del Pd) il contante favorisce la criminalità. Discutibile e indimostrabile ma ci si può ragionare. Adesso che a causa della crisi le famiglie possono contare soltanto sui risparmi accumulati in precedenza, sotto attacco finisce per intero la liquidità bancaria del privato per mano delle stesse banche. Io non sono nè liberale nè liberista e propugno le nazionalizzazioni di luce e gas ma anche la gratuità dell’acqua, il dilettantismo nel calcio, la collettivizzazione del dentifricio: insomma sto dall’altra parte della barricata ma incredibilmente nemmeno i liberisti sfrenati – che dovrebbero vedere le imposizioni sui beni privati come un vampiro l’aglio e il crocefisso – gridano allo scandalo per questa norma. Che è totalmente arbitraria e dall’aspetto incostituzionale. Il fatto che la tendenza a penalizzare la presenza di troppi liquidi sul conto corrente si estenda ormai dalla Germania al Giappone non modifica di una virgola il concetto.
L’obiettivo degli istituti è spingere i clienti verso investimenti o attività di trading: cioè non sono i clienti che dispongono come vogliono del loro denaro ma le banche che fanno come gli pare con i soldi dei loro clienti. Di chi sono i soldi depositati in banca? E qui entra in gioco un futuro che è già presente. Ce lo spiega la stessa banca centrale europea parlando del prossimo passo, l’euro digitale: “come le banconote – spiegano – ma in forma digitale: una moneta elettronica emessa dall’Eurosistema (la Bce e le banche centrali nazionali) accessibile a tutti, cittadini e imprese”.
Se la moneta è emessa direttamente dalla Bce e dalle banche centrali nazionali viene meno la storica intermediazione delle banche alle quali è attualmente affidata la gestione dell’intera massa monetaria. Un futuro che gli istituti finanziari privati vogliono assolutamente evitare mentre per gli utenti sarebbe un vantaggio notevole. Questa è la partita che stanno giocando le banche, tentando di convincere i clienti a cimentarsi in un gioco dove vince soltanto il banco – come in tutti i giochi d’azzardo – per tenerli in ostaggio.
Le uniche voci contrarie a questa che non è una ipotesi ma una realtà furono, verso la fine del 2019, quelle dei sindacati dei lavoratori bancari, non appena l’amministratore delegato di Unicredit Mustier annunciò i tassi negativi per i depositi sopra i centomila euro, parlando di “iniziativa scellerata che rischia di avere un impatto estremamente negativo su imprese, territori e lavoratori bancari”. Poi c’è stato il covid e la questione venne nascosta sotto il tappeto, salvo essere ripresa in questi giorni, dove si profila, nonostante tutti i problemi da risolvere, una ripresa economica nel medio termine quando saranno completate le vaccinazioni. Così è entrata in campo la “moral suasion” dell’informazione, quella forza intrinseca che un potere – come di fatto è la stampa anche se in decadenza – esercita spacciando come informazione una vera e propria pressione a rendere normale presso l’opinione pubblica ciò che normale non è.
L’articolo 47 della Costituzione recita: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”. E’ evidente che la decisione di enti privati, quali sono gli istituti di credito, di penalizzare il risparmio, applicando un tasso negativo per far convogliare quel denaro nelle sue attività d’investimento anzichè restare a disposizione del correntista, si pone in contrapposizione all’articolo 47. Però non importa a nessuno, perchè come sempre i rapporti di forza prevalgono di continuo su equità e giustizia sociale, con la complicità costante di editori e di operatori dell’informazione sempre più ignavi.
Gianluca Cicinelli
29/3/2021 https://www.labottegadelbarbieri.org
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