L’agricoltura dei giganti tecnologici

Fattoria Fujitsu ad Hanoi, Vietnam. Foto Grain

L’agricoltura digitale cresce a vista d’occhio e le conseguenze per l’agroecologia e per i piccoli coltivatori, soprattutto nei Paesi più impoveriti, sono disastrose. In India protestano milioni di agricoltori ma talvolta la protesta diventa disperata, come nel caso dell’autista della Cina Orientale che si è dato fuoco in gennaio. Non si tratta affatto di una resistenza residuale perché sono ancora 500 milioni o più le famiglie contadine che producono la maggior parte del cibo di cui ci nutriamo a livello mondiale. I colossi dell’agricoltura digitale mirano a integrare milioni di agricoltori in un’enorme rete digitale controllata a livello centrale per poi trasformarli in lavoratori a cottimo. Una volta inseriti nella rete, gli agricoltori sono fortemente sollecitati, se non costretti, ad acquistare i prodotti di quelle imprese (materie prime, macchinari e servizi finanziari) e a vendere a loro i propri prodotti agricoli.

Il 15 gennaio 2021, Liu Jin, un autista di 45 anni, della piattaforma di consegna del cibo di Alibaba nella città di Taizhou, nella Cina orientale, si è dato fuoco per protestare contro i salari non pagati. “Voglio che mi restituiscano il denaro prodotto dal mio sangue e dal mio sudore”, ha detto Liu in un video ampiamente condiviso nelle reti sociali.

Nel frattempo, in India, milioni di agricoltori si rifiutavano di liberare le strade di Nuova Delhi. Hanno continuato a protestare per mesi, sfidando risolutamente il tentativo del governo centrale di imporre riforme che li metterebbero alla mercé delle grandi imprese.  

Le due proteste, così diverse nella forma, hanno in comune qualcosa di fondamentale. Sia l’una che l’altra esprimono indignazione per l’acquisizione del controllo dei sistemi alimentari da parte delle imprese tecnologiche più grandi e più ricche del mondo. In Cina, Alibaba è capofila di una massiccia ondata di investimenti e acquisizioni nel settore alimentare da parte delle imprese tecnologiche. Molto recentemente ha pagato 3,6 miliardi di dollari per acquisire la più grande catena di ipermercati del paese. In India, aziende come Amazon e Facebook conducono operazioni simili per controllare la distribuzione e la vendita al dettaglio di alimenti attraverso il commercio elettronico, il che spiega in gran parte il desiderio del governo centrale di smantellare le protezioni di mercato per gli agricoltori.

È chiaro che le mire dei Giganti Tecnologici sul settore alimentare e agricolo non si limitano alla Cina e all’India. Hanno un carattere globale e raggiungono tutti gli aspetti del sistema alimentare, compresa la cosiddetta agricoltura digitale. Anche se alcuni la vedono come un mezzo per fornire tecnologie più avanzate all’attività agricola, le tecnologie non si sviluppano indipendentemente dal contesto del sistema mondiale. Sono sviluppate dal denaro e dal potere, entrambi altamente concentrati nel settore tecnologico. In un’epoca in cui solo poche imprese hanno un controllo senza precedenti sull’informazione, sulle comunicazioni e sul sistema alimentare, l’agricoltura digitale si evolverà in modi che rafforzeranno il loro potere e i loro profitti.

Un nuovo rapporto di GRAIN esamina come i Giganti Tecnologici promuovano già l’agricoltura industriale e l’agricoltura a contratto,[1] e indeboliscano l’agroecologia e i sistemi alimentari locali attraverso lo sviluppo delle loro piattaforme di agricoltura digitale. Come dimostra il rapporto, le conseguenze sono particolarmente gravi per i piccoli agricoltori del Sud del mondo.

Le piattaforme di agricoltura digitale dei Giganti Tecnologici si basano sulla raccolta di enormi quantità di dati, che possono poi essere elaborati con potenti algoritmi per fornire agli agricoltori analisi e dati in tempo reale sulle condizioni del loro suolo e della loro acqua, sullo sviluppo delle loro colture, sulla situazione dei parassiti e delle malattie e sui cambiamenti del tempo e del clima che possono avvenire.

foto Pixabay

Ciò può risultare interessante per gli agricoltori in aree in cui vi è una grande raccolta di dati (analisi regolare del suolo, studi sul campo, misurazioni delle rese, ecc.) e per le aziende agricole che possono permettersi di acquistare nuovi strumenti tecnologici che raccolgono dati (come i nuovi trattori, droni, sensori sul terreno). Per queste aziende agricole, le imprese tecnologiche possono raccogliere dati sufficienti per fornire raccomandazioni relativamente specifiche e utili sull’applicazione di fertilizzanti, l’uso di pesticidi e i tempi di raccolta. Se le aziende agricole effettuano monocolture, questo semplifica molto la raccolta e l’analisi dei dati, così come l’elaborazione di raccomandazioni.

La storia è molto diversa per i 500 milioni o più di famiglie contadine nel mondo che producono la maggior parte del cibo a livello mondiale. Molto spesso le loro terre si trovano in aree in cui i servizi di estensione agricola[2] sono minimi o inesistenti e in cui non esiste quasi nessun tipo di raccolta centralizzata di dati sul campo. Inoltre i contadini e le contadine non possono sostenere i costi elevati degli strumenti tecnologici che le aziende agricole più grandi possono utilizzare per alimentare la raccolta di dati nel cloud.[3] Il risultato è che i dati raccolti dalle imprese tecnologiche nelle piccole aziende agricole saranno inevitabilmente di pessima qualità.[4]

Le raccomandazioni che i piccoli agricoltori otterranno da queste reti digitali, tramite messaggi di testo sui telefoni cellulari, saranno tutt’altro che rivoluzionarie. E, se questi agricoltori praticano l’agroecologia e le colture miste, qualsiasi raccomandazione ricevuta sarà del tutto inutile.

Il vero obiettivo di tutto questo non è fornire raccomandazioni utili. Per le imprese che investono nell’agricoltura digitale, l’obiettivo è integrare milioni di agricoltori in un’enorme rete digitale controllata a livello centrale. Una volta incorporati, gli agricoltori sono fortemente sollecitati, se non costretti, ad acquistare i prodotti di quelle imprese (materie prime, macchinari e servizi finanziari) e a vendere a loro i propri prodotti agricoli, che le imprese poi vendono ad altri. Tutto questo avviene attraverso sistemi di acquisto e di vendita tramite telefoni cellulari, sviluppati dalle stesse imprese.

Le piattaforme digitali emergenti dei Giganti Tecnologici non aiuteranno il mondo contadino a condividere le proprie conoscenze o a promuovere le proprie diverse varietà di semi e di animali. Le piattaforme insistono sull’adempimento di determinate condizioni, gli agricoltori che partecipano devono acquistare gli input che vengono promossi e venduti mediante ricorso al credito (con alti tassi di interesse), devono seguire le “raccomandazioni” che vengono loro date attraverso applicazioni di messaggistica se vogliono poter avere un’assicurazione sulle colture (per la quale devono pagare), devono vendere i loro prodotti alle imprese (senza negoziare il prezzo) e devono ricevere i pagamenti tramite strumenti  di gestione digitale del denaro (per le quali devono pagare una commissione). Qualsiasi errore può influire sul profilo di credito[5] e sull’accesso a finanziamenti e mercati. È un’agricoltura a contratto su larga scala.

Questi sviluppi dell’agricoltura digitale non sono disgiunti dall’ingresso aggressivo dei Giganti Tecnologici nella distribuzione e nella vendita al dettaglio di alimenti. In realtà, l’agricoltura digitale sta sviluppando, all’inizio della catena produttiva, sistemi di produzione centralizzati che alimenteranno le operazioni in evoluzione dei Giganti Tecnologici, che stanno rapidamente soppiantando i piccoli negozi, i venditori ambulanti e altri attori locali che hanno a lungo fornito ai consumatori gli alimenti prodotti dai contadini e dalle contadine. Si stanno creando le condizioni affinché coloro che ora producono o vendono su piccola scala siano i futuri lavoratori a cottimo delle imprese dei Giganti Tecnologici.

È necessario opporsi e resistere alle acquisizioni aggressive nel settore dei sistemi alimentari da parte dei Giganti Tecnologici. Dobbiamo lavorare insieme per porre fine al potere delle mega-imprese tecnologiche e dei loro proprietari miliardari, e lottare per una visione diversa, basata sulla partecipazione democratica e diversificata alla produzione e sulla condivisione di conoscenze e informazioni.

Fonte: “La irrupción de los Gigantes Tecnológicos en la agricultura es un desastre para el sector alimentación del mundo”, in https://grain.org, 26/01/2021.

Traduzione a cura di Camminardomandando.

https://grain.org/es/article/6598-la-irrupcion-de-los-gigantes-tecnologicos-en-la-agricultura-es-un-desastre-para-el-sector-alimentacion-del-mundo


[1] Ndt – L’attività agricola viene regolata da un contratto tra l’agricoltore e l’acquirente, che include varie clausole su cosa e quanto deve essere prodotto, sulle caratteristiche del prodotto in base alle esigenze dell’acquirente, sui tempi di consegna, sull’acquisto di input (ad esempio, mangimi, fertilizzanti, erbicidi, ecc.) e sulle modalità finanziarie. Non è difficile immaginare le conseguenze di questo sistema quando l’acquirente è uno dei Giganti Tecnologici.

[2] Ndt – “Applicazione della ricerca scientifica e delle nuove conoscenze alle pratiche agricole attraverso l’educazione degli agricoltori” (Wikipedia). La sua carenza implica una raccolta di dati scarsi e lacunosi, quindi di cattiva qualità per un’elaborazione utile ed efficiente (senza dimenticare che la sua attuazione spesso è uno strumento di integrazione dell’agricoltura contadina nel sistema agro-industriale, con tutte le conseguenze del caso).

[3] Ndt – Letteralmente Nuvola. Una rete di server ubicati in vaie parti del mondo, collegati fra loro, che forniscono servizi di archiviazione ed elaborazione dati.

[4] Ndt – Per la carenza di strumenti tecnologici, i dati raccolti saranno scarsi e lacunosi, quindi di cattiva qualità per un’elaborazione utile ed efficiente

[5] Ndt – Insieme di dati sulla potenziale solvibilità di un soggetto, in base ai quali stabilire se fargli credito oppure no.

Grain

26/3/2021 https://comune-info.net

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