Giochi sporchi sulle mascherine: smascheriamo i bluff
Come le maschere chirurgiche, le maschere Ffp2 possono essere riutilizzate dopo essere state lavate in lavatrice. A dirlo è il magazine dei consumatori francesi Que Choisir, che ha testato in laboratorio la loro efficacia: “Abbiamo verificato la traspirabilità e le prestazioni di filtrazione di 3 maschere Ffp2 (NF EN149) e una maschera KN95 (l’equivalente cinese, standard GB2626) prima nella loro nuova condizione, poi dopo 10 lavaggi a 60 ° C (temperatura supposta per eliminare la carica virale )” scrive Que Choisir, che spiega “Poiché le prestazioni di queste maschere sono rigorosamente standardizzate e i nostri risultati coerenti, possiamo presumere che le nostre conclusioni siano valide per la maggior parte delle maschere Ffp2 disponibili sul mercato (purché aderiscano strettamente allo standard)”.
Il test
Solo il modello Newpharma soddisfa i requisiti di traspirabilità delle maschere consumer, e solo il Crazy Chic acquistato su Amazon si rilassa un po ‘dopo essere stato messo in lavatrice. Per quanto riguarda la filtrazione, le 4 maschere testate si sono rivelate molto efficaci: filtrano perfettamente particelle da 3 µm a oltre il 99,9% quando sono nuove come dopo 10 lavaggi e asciugature. Dopo ogni lavaggio, le maschere sono state asciugate in asciugatrice. Ad ogni ciclo è stato verificato il corretto comportamento delle flange e l’aspetto generale.
Ma la filtrazione non dipende solo dal tessuto
Ma attenzione perché Que Choisir fa delle avvertenze importanti: “Si noti che (le mascherine lavate) finiscono comunque per deteriorarsi: elastici arricciati, parte frontale arruffata, macchie di ruggine sul nasello … La lavatrice lascia delle tracce!”, e ancora “Va notato che il nostro test si basa su prescrizioni per maschere per il pubblico in generale, nel contesto di “uso non sanitario”. Sebbene la maschera Ffp2 sia consigliata agli operatori sanitari e alle persone altamente esposte (a contatto con un malato, ad esempio), la popolazione l’ha infatti adottata per proteggersi in strada, nei trasporti o al supermercato. Le nostre conclusioni non sono quindi valide per l’uso in un ambiente medico, dove la carica batterica circostante richiederebbe, come minimo, una fase di disinfezione”. Queste osservazioni fanno il paio con quanto raccontato già dagli esperti al Salvagente, che al tema mascherine e sicurezza dedica un ampio servizio nel numero di aprile: il problema della capacità di filtrazione non è solo legato alle maglie del tessuto, ma anche all’aderenza del prodotto al viso. Purtroppo, utilizzo dopo utilizzo, questa tende a difettare.
Appena un anno fa sarebbe stato difficile prevedere come un oggetto distante dalla vita della quasi totalità degli italiani sarebbe diventato un compagno fedele di qualsiasi sortita fuori casa: eppure oggi immaginarsi senza mascherina è quasi impossibile. Ogni giorno nel nostro paese vengono utilizzati decine di milioni di dispositivi di protezione individuali e, nonostante il fastidio che possono provocare, tutti sono consapevoli di come indossarli faccia la differenza tra ammalarsi di Covid-19 rischiando la vita, e avere più probabilità di non contagiarsi. Ma questo è vero a patto che le mascherine siano effettivamente efficaci come previsto dalla legge per fermare l’aerosol e le gocce più grandi che se inalate rischiano di propagare il virus.
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Troppi bluff sulle mascherine
Invece si susseguono notizie su inchieste e sequestri di mascherine contraffatte. In alcuni casi, si tratta addirittura di dispositivi del tutto in regola con la documentazione, certificati, che poi in laboratorio si rivelano al di sotto di quanto richiesto dalla legge. È successo con le popolari U-Mask, ritirate dal commercio e con alcuni lotti delle Fca distribuite nelle scuole.
Ed è quanto è risuccesso ancora due giorni fa quando la Guardia di finanza di Gorizia ha sequestrato 60 milioni di mascherine risultate del tutto carenti dei requisiti necessari per essere considerati “Dispositivi di Protezione”. Le analisi di laboratorio avevano evidenziato, infatti, che il coefficiente di penetrazione di questi dispositivi è decisamente superiore agli standard previsti. In alcuni casi, infatti, la capacità filtrante è risultata essere addirittura 10 volte inferiore rispetto a quanto dichiarato, con conseguenti rischi per il personale sanitario che le aveva utilizzate nella falsa convinzione che potessero garantire un’adeguata protezione.
Un terno al lotto
Secondo Daniele Barbone, direttore e fondatore di
Bpsec, laboratorio che ha trovato diversi lotti di mascherine fuori
norma, “Oggi l’unico tema è la costanza di qualità dei materiali usati
che dipende in buona sostanza dai controlli dei fabbricanti sui
materiali approvvigionati”. Barbone offre al Salvagente un quadro delle irregolarità
trovate che fa accapponare la pelle: “Dall’inizio della pandemia a oggi
Bpsec ha eseguito oltre 1.000 test sulle mascherine, per conto di
aziende private, pubbliche amministrazioni e autorità giudiziarie”. Il 10% delle mascherine analizzate non è risultato conforme
rispetto alla norma di riferimento. Nel 35% dei casi si è trattato di
non conformità relative alla capacità di filtrazione, il 54% delle volte
la non conformità riguardava la respirabilità e nel restante 11% dei
casi il bioburden (la carica microbica) era eccessiva in prodotti che
dovrebbero essere sterili.
Nell’inchiesta di copertina del numero in edicola
proviamo a fare chiarezza sui diversi dispositivi di protezione
individuale e, grazie all’aiuto degli esperti, offrire al lettore una
panoramica di quanto può osservare direttamente, anche senza bisogno di
ricorrere a un laboratorio, per evitare di acquistare mascherine
inefficaci, o a riconoscere quelle contraffatte.
Chirurgica o Ffp?
Le mascherine chirurgiche, a causa anche della minore aderenza al viso, nascono più per proteggere l’altro che se stessi. Tuttavia, in ambienti in cui tutti le indossano, sono ritenute efficaci anche per quest’ultimo scopo. Le Ffp2 e Ffp3, invece, per ergonomia e capacità filtrante di particelle fini, vanno sempre indossate in ambienti chiusi in presenza di contagiati o probabili tali.
Le mascherine chirurgiche, secondo la norma Uni En 14683, oltre a quelle di tipo I prevedono altre due classi: quelle di tipo II e di tipo IIR. Queste sigle, che sono sempre indicate in etichetta (almeno sulle confezioni multiple) garantiscono nel primo caso una filtrazione batterica in uscita leggermente superiore (98%). Nelle IIR, oltre al 98% di filtrazione verso l’esterno, è garantita una resistenza meccanica agli spruzzi.
Le mascherine facciali filtranti Ffp oltre alle categorie inserite nel grafico, prevedono anche quella delle Ffp1 che si fermano a un’efficienza filtrante dell’80%, considerata insufficiente come protezione nei confronti del virus Covid-19.
Mentre le Ffp2 sono obbligatorie per operatori sanitari che assistono individui infetti o potenzialmente infetti, le Ffp3
devono essere utilizzate da chi assiste individui infetti o
potenzialmente infetti, in particolare durante manovre che producono
aerosol.
Le mascherine comunitarie non avendo un minimo di filtrazione garantito, non sono ritenute una difesa efficace contro il Covid.
Lorenzo Misuraca
2/4/2021 https://ilsalvagente.it
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