La pandemia che elimina i più anziani. Longevità in discussione?
Per valutare l’impatto complessivo sulla sopravvivenza prodotto dalla recente crisi di mortalità per Covid-19, Istat e Iss (Istituto Superiore di Sanità) hanno stimato il numero di decessi prodotti direttamente (75.891) e indirettamente dall’infezione nell’anno 2020 (decessi attribuiti ad altre patologie; Istat-Iss 2021). Considerare i soli decessi certificati dal Sistema di sorveglianza integrata dell’Iss porta, infatti, ad una sensibile sottostima dell’impatto del Covid-19 sulla mortalità, dovuta sia al meccanismo di identificazione certa dei casi, sia alle conseguenze sulla letalità delle altre malattie provocate dalla congestione del Sistema sanitario nazionale. Nell’ultimo rapporto, Istat e Iss (2021) hanno quindi stimato l’eccesso di mortalità imputabile direttamente e indirettamente al Covid-19, per il periodo dal 20 febbraio (data del primo decesso per Covid-19 in Italia) al 31 dicembre, come differenza tra i decessi osservati per tutte le cause di morte e i decessi attesi, ottenuti come media di quelli registrati nello stesso periodo nei cinque anni precedenti, dal 2015 al 2019 (108.178 decessi in eccesso). Sulla base di queste informazioni e di quelle relative ai mesi pre-Covid di gennaio-febbraio (in questi due mesi i decessi osservati sono stati inferiori rispetto agli attesi di 7.652 unità e, quindi l’eccesso totale nel 2020 è di 100.526 unità), è possibile ricostruire gli indicatori utili a valutare l’impatto sulla mortalità complessivamente imputabile alla pandemia.
Partendo da una tavola di mortalità media riferita agli anni 2015-2019, si sono calcolate dapprima le probabilità di morte mensili per età e genere, rivalutando quelle relative ai mesi di gennaio-dicembre 2020 per renderle coerenti con i decessi osservati. Si sono così ottenute stime di tavole di mortalità del 2020 per l’Italia e per le unità territoriali considerate nelle due tabelle.
Gli effetti della prima ondata
Su questa base si può dare una prima risposta ad alcune delle domande più frequentemente rivolte agli studiosi in tema di sopravvivenza e longevità (Blangiardo 2020; Blangiardo et al. 2020): quanti anni di durata media della vita farà perdere l’epidemia agli italiani? Quali le loro prospettive di longevità?
Per l’Italia nel suo complesso, l’impatto risulta molto mitigato, grazie al buon andamento registrato durante i mesi della prima ondata epidemica nelle regioni del centro e, soprattutto, del Mezzogiorno: la contrazione della durata media della vita dovuta all’eccesso di mortalità nei primi cinque mesi dell’anno è, infatti, di poco superiore a 3 mesi per le donne e di mezzo anno per gli uomini (Tab. 1). Diversa è la situazione dove il virus ha colpito più duramente. La contrazione della durata media della vita in Lombardia è di 2 anni per gli uomini e di 1 anno e mezzo per le donne, con valori particolarmente elevati tra gli anziani: in senso relativo, i sessantacinquenni arrivano a perdere poco meno del 6% degli anni di vita ulteriore se donne e quasi il 10% se uomini (a 80 anni le perdite raggiungono l’11% e il 15%).
In termini di anni di vita persi a seguito della prima ondata dell’epidemia, nelle aree più colpite della regione Lombardia, gli effetti sulla speranza di vita, soprattutto in età adulta (HMD 2020), ricordano quelli prodotti da altre epidemie della storia di mortalità: a Bergamo, ad esempio, gli uomini hanno accusato una riduzione della durata media della vita di oltre 4 anni e le donne di oltre 3, tutti concentrati oltre i 65 anni di età. Molto limitato o quasi assente, per contro, l’impatto della malattia nelle altre regioni italiane. Per le donne del Lazio e della Puglia, ad esempio, le stime per il 2020 portano a valori che sono praticamente uguali a quelli attesi sulla base della media degli anni precedenti. Per la Campania si assiste addirittura a un lieve allungamento di durata della vita.
Una valutazione sull’intero anno
Diversa è la situazione se si tiene conto dell’eccesso di mortalità dell’intero anno, quando all’alto numero di decessi della prima ondata si aggiungono anche quelli della seconda. La durata media della vita di riduce di 0,71 anni le donne e di 1,08 per gli uomini (Tab. 2). Per la Lombardia, la contrazione porta a una perdita complessiva di poco meno di 2 anni per le donne e di oltre 2,5 anni per gli uomini (5 e 6 mesi in più rispetto a quella dovuta alla sola prima ondata), mentre per la provincia di Bergamo, dove durante i mesi della seconda ondata il virus ha avuto una diffusione inferiore rispetto alle altre province della Lombardia meno colpite in precedenza, la durata media della vita si riduce complessivamente di oltre 3 anni per le prime e poco meno di 5 anni per i secondi (circa 1 mese e 2,5 mesi in più rispetto alla prima ondata, rispettivamente).
A differenza della prima ondata che aveva praticamente risparmiato le regioni del Mezzogiorno, la seconda ha avuto un impatto molto più consistente e a pagare il prezzo maggiore sono soprattutto gli uomini, con una perdita di poco superiore a 1 anno di durata media della vita in Puglia e in Campania, con valori del tutto simili a quelli della media italiana. Pur con una perdita più contenuta, anche il Lazio accusa un peggioramento soprattutto per gli uomini che perdono circa mezzo anno di durata media della vita.
Le perdite in termini relativi, e qualche volta anche in termini assoluti, sono maggiori con l’avanzare dell’età. Sempre secondo le tavole stimate per il 2020, su 100 nati solo 59 raggiungerebbero gli 80 anni, mentre erano 64 prima del Covid-19. Per le donne l’impatto è meno rilevante e la probabilità di arrivare a 80 anni scende da 77 a 75 per 100. Inoltre, dalle nostre stime solo 44 bergamaschi su 100 raggiungerebbero gli 80 anni, contro i 64 degli anni pre-Covid-19 (i valori per le donne sono rispettivamente 67 e 77). In più, arrivati a 80 anni, la loro speranza di vita si ridurrebbe di 2,7 anni se uomini e di poco più di 2 se donne rispetto ai valori pre-Covid. Un salto all’indietro di quasi 40 anni per gli uomini e quasi 30 per le donne, poiché per registrare questi stessi valori si deve risalire nel tempo fino al 1981 e 1990, rispettivamente. Questo significa che in Italia, e ancor più nei territori del nord del paese, gli individui delle coorti più colpite dall’infezione che raggiungeranno le età estreme saranno in numero più ridotto, con effetti – seppure limitati – sulla longevità, soprattutto degli uomini.
Cosa ci attende nel futuro non si sa: è possibile un ulteriore peggioramento, se queste stesse coorti continuassero a subire gli effetti negativi del contagio anche nel corso del 2021. Ma è anche possibile il contrario, se l’eliminazione dei più fragili nel 2020 avesse prodotto un effetto di selezione sui sopravvissuti, mantenendo in vita i più robusti e, quindi, gli individui con più bassa probabilità di morte e più alta speranza di vita, soprattutto nelle età anziane.
Riferimenti bibliografici
Blangiardo G.C. (2020), Scenari sugli effetti demografici di Covid-19 per l’anno 2020, Roma, in «Istat per il paese», p. 14.
Blangiardo G.C., Fantozzi R. e Guelfi A. (2020), Covid-19 e scenari di mortalità: un’analisi a livello provinciale, Roma, in «Istat per il paese», p. 12.
Istat-Iss (2021). Impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente anno 2020, Roma, Istat e Iss, p. 24.
HMD (2020), Human Mortality Database University of California, Berkeley (USA), and Max Planck Institute for Demographic Research (Germany), www.mortality.org, 2020.
Graziella Caselli, Viviana Egidi
9/4/2021 https://www.neodemos.info
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