La “guerra ai microbi” di Bill Gates non è ecologica
Nel marzo 2015 ci fu la proiezione pandemica di Bill Gates in cui mostrava l’immagine del coronavirus durante un TED Talk, dicendo al pubblico che quella sarebbe stata “la più grande catastrofe del nostro tempo” spingendosi a dire che la vera minaccia alla vita “non sono i missili, ma i microbi”.
Un evidente linguaggio di guerra, un linguaggio bellico che, a quanto pare, ha avuto eco nella militarizzazione dell’attuale sindemia e della salute ai giorni nostri, soprattutto in Italia in cui vi è un militare a gestire la crisi sanitaria. Il linguaggio di guerra si è spinto fino a descrivere la situazione che viviamo come “una guerra mondiale”, quasi insultando i milioni di individui che hanno vissuto le Guerre Mondiali e insultando l’assetto geopolitico di oggi che è circondato da più di 40 conflitti nel mondo che creano povertà, fame, disuguaglianze sociale, rifugiati climatici, rifugiati politici, rifugiati economici e profughi.
Bill Gates disse: “La pandemia del coronavirus mette tutta l’umanità contro il virus”. Un’enfasi del momento od un linguaggio con un determinato fine politico ed economico? Questo è un po’ l’interrogativo che gli ambientalisti e i movimenti altermondisti hanno cercato di rispondere in questi mesi di pandemia e la risposta migliore è stata quella di Vandana Shiva che in uno dei suoi primi articoli sul tema ha dichiarato: “In realtà, la pandemia non è una guerra. La pandemia è una conseguenza della guerra. Una guerra contro la vita.”
E chi è tra coloro che in questi anni sta sponsorizzando questa guerra alla vita? Caso vuole sia proprio Bill Gates. Sembrerà strano, ma quello che i media ci stanno spacciando come “soluzione” è il problema. Quello che viene chiamato “ex icona della Silicon Valley” è oggi più che mai un promotore a tutto spiano dell’industria hi-tech; colui che viene chiamato “filantropo” è colui che con la sua filantropia sta aprendo nuovi mercati in ambito tecno-scientifico a suo stretto vantaggio accrescendo il ruolo da intermediario sempre più preponderante delle sue fondazioni; colui che viene definito un “uomo generoso” è in realtà un super processato per sfruttamento in Microsoft ed evasione fiscale; colui che viene scambiato “paladino della rivoluzione verde” è Bill Gates, ovvero il terzo uomo più ricco della Terra che, insieme alla Fondazione Rockfeller, è tra i più grandi investitori nell’industrializzazione dell’agro-chimico-alimentare, nelle monocolture intensive e nei pesticidi (tra i più grandi responsabili delle emissioni di gas serra), oltre a essere il più grande proprietario terriero americano con 98 mila ettari, parte dei quali nel territorio dei nativi americani. Dove c’è, in tutto questo tutela della vita? Nessuna. Come si chiedeva su “The Guardian” Nick Estes, membro della “Lower Brule Sioux Tribe” e docente dell’Università del New Mexico: comprare terra e cambiare dieta basta per salvare il Pianeta?
Assolutamente no, soprattutto se a spingere le proprie azioni è la “mente meccanica”, il paradigma riduzionista e meccanicistico inaugurato con Francois Bacon ovvero quella che le ecofemministe chiamano “scienza maschia”: l’illusione che l’essere umano sia separato dalla Natura, e che la Natura sia morta, materia prima inerte da sfruttare. Questo è il paradigma scientifico di Bill Gates che parla di “green revolution” mentre sostiene che le centrali nucleari siano il futuro. In questa ottica è indirizzata la sua “guerra ai microbi”, una guerra che lui ha inaugurato già molti anni fa quando iniziò a investire in pesticidi pensati come “input” per le monocolture intensive. Si tratta di sostanze chimiche che negli anni hanno distrutti la biosicurezza dei terreni, ecologicamente pensati per fornirci cibo localmente, hanno incrementato la siccità e soprattutto spogliato la terra dei suoi nutrienti, ovvero microbi che servivano per generare la vita.
I livelli di isteria che la nostra società medicalizzata ci propone, ci rappresentano i microbi come un “nemico da combattere” pronto a scatenarci malattie e, per Bill Gates, cavalcare l’onda della paura dei virus e dei batteri può essere un altro business composto da un ulteriore implemento tecnologico, visto come unico rimedio al danno inflitto al nostro Pianeta. Il rimedio della carne sintetica e dei “falsi hamburger”, per capirci. È questa mentalità che ha schiacciato la visione olistica basata su veri agricoltori, sul cibo sano e nutriente, e su un modello agroecologico che non impatta sul clima. Tutte queste emergenze sono radicate in una visione del mondo meccanicistica, militaristica, antropocentrica, che considera l’uomo separato e superiore agli altri esseri che possiamo possedere, manipolare e controllare.
La “guerra ai microbi” di Bill Gates è una guerra all’ecologia, alla salute, all’ambiente. Non è retorica terzomondista, ma semplicemente “scienza” spogliata dal profitto.
Noi tutti facciamo parte del bioma, ovvero la grande regione del mondo caratterizzata da forme dominanti di piante e clima, che interagiscono producendo una comunità biotica distinta e unica. Ognuno di noi è parte del viromo, ovvero l’insieme delle comunità virali che risiedono nel nostro organismo. Il primo è fondamentale per gli equilibri degli ecosistemi e nella capacità della Terra di autoregolarsi, mentre il secondo è l’importantissima “biodiversità” di virus che coesistono nel nostro apparato digerente, nelle nostre mucose, nei nostri polmoni. Il viromo umano è composto da più di 380 trilioni di virus, che ci abitano. Questi virus non sono quelli pericolosi di cui si sente comunemente parlare, ma sono quelli che infettano i batteri che vivono dentro di noi e sono noti come batteriofagi e, nonostante la loro abbondanza, abbiamo ben poche informazioni su ciò che fanno nel corpo.
Si stima che un essere umano sano abbia sempre in corso una dozzina di infezioni virali asintomatiche. Se facciamo guerra al bioma e al viromo stiamo facendo guerra alla biodiversità delle nostre foreste (che si basano sui microbi) e facciamo guerra a noi stessi. Forse non tutti sanno che nel nostro organismo è presente un numero di batteri pari quasi al doppio del numero di cellule che costituiscono il corpo umano. Moltissimi batteri, che vivono abitualmente all’interno del nostro corpo, sono preziosi per la vita e per la salute, soprattutto quelli all’interno dell’apparato digerente che costituiscono il microbiota intestinale, una flora batterica costituita da 40 trilioni di batteri differenziati in 400-4.000 specie diverse fondamentale per la nostra salute psico-fisica. Il microbiota intestinale cresce con noi ed è considerato come un vero e proprio “organo” che svolge processi di difesa contro microrganismi patogeni, come funghi e batteri; aiuta il sistema immunitario ad attivarsi e a funzionare; contribuisce alla digestione e all’assorbimento dei nutrienti introdotti con l’alimentazione; produce la vitamina B, importante per il sistema nervoso, e la vitamina K che contribuisce alla normale coagulazione del sangue; e può modulare il cosiddetto asse “cervello-intestino” che ha importanti effetti sull’attività cerebrale e sull’umore. Il microbiota, più in generale, è il termine che si riferisce alla comunità di microorganismi come batteri, protisti, archea, funghi e virus che vivono nel nostro organismo e non solo nell’intestino. Questo significa che il nostro corpo non è formato solo da cellule “umane” ma è piuttosto formato da una moltitudine di organismi che vivono in simbiosi.
Se pensiamo solo ai batteri, in una persona ci sono circa 30 trilioni di cellule e 39 trilioni di batteri (un trilione equivale a mille miliardi). In altre parole siamo formati da quasi un 50% di cellule umane e un 50% di batteri.
I batteri sono gli organismi viventi più diffusi in Natura e sono le prime forme di vita che milioni di anni fa hanno iniziato a popolare il nostro pianeta Terra. Una parte di questi batteri svolge funzioni utili alla vita (batteri buoni), mentre un’altra parte (batteri cattivi) può causare problemi alla salute. Ai batteri “buoni” appartengono anche i probiotici, ovvero microrganismi che, una volta ingeriti in adeguate quantità, si dimostrano in grado di esercitare funzioni benefiche per l’organismo e, un loro squilibrio, può provocare una disbiosi, un’alterazione della flora batterica (microbiota) intestinale. Le nostre comunità batteriche sane sono spesso disturbate dall’uso di antibiotici e, in quell’istante, altri microbici come gli agenti patogeni approfittano dell’opportunità di invadere il nostro corpo e farci ammalare. Pertanto, in una serie di condizioni umane, i nostri batteri sani svolgono un ruolo importante nella prevenzione dell’intrusione di questi “microbi cattivi”.
I microbi possono potenziare il sistema immunitario, prevenire malattie, determinare il nostro peso e quanto siamo felici o ansiosi. Conoscere i microrganismi che colonizzano i diversi organi, secondo alcuni, può essere una delle nuove frontiere per la medicina e nutrizione personalizzate.
Il 27 giugno 2018 c’è stato il primo World Microbiome Day, voluto dall’APC Microbiome Ireland, istituto di ricerca dell’Università College di Cork (Irlanda), con l’obiettivo di far conoscere a tutti l’importanza del microbioma, ovvero la totalità del patrimonio genetico posseduto dal microbiota, cioè l’insieme di tutti i loro geni, incoraggiando il dialogo pubblico sulla loro importanza per la salute umana, animale e ambientale.
Inoltre la relazione tra microbioma e ambiente, fortemente coinvolta nelle sorti degli ecosistemi, è fondamentale nell’interazione tra territorio e piante soprattutto da frutto, determinando così un impatto anche nel cibo.
Direte: “ma Bill Gates non ha queste intenzioni”. Invece è proprio quello che ha fatto in India, che sta facendo in Africa con la “Rivoluzione Verde”, che sta facendo a livello internazionale pilotando la ricerca e l’agenda sanitarie a livello globale, espropriando i sistemi sanitari: una guerra ai microbi della Terra, in campo agro-chimico, e dell’essere umano in campo farmaceutico.
Come ha spiegato bene Vandana Shiva, “L’emergenza sanitaria del coronavirus è inseparabile dall’emergenza sanitaria dell’estinzione, dall’emergenza sanitaria della perdita di biodiversità e dall’emergenza sanitaria della crisi climatica”. Questo è ciò cdi cui dobbiamo prendere consapevolezza. Nulla cambierà se continueremo a proporre le solite false soluzioni che sono le radici strutturale del problema.
di Lorenzo Poli
Collaboratore redazionale del mensile Lavoro e Salute
14 aprile 2021
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