TRE DOMANDE A…MARCO NESCI
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In queste settimane la vicenda dei vaccini ha fatto emergere in modo drammatico il nesso perverso tra gli affari di Big Pharma e una politica accondiscendente. Tu stesso ha i da poco pubblicato un libro intitolato “Malattia e profitto. Il capitalismo ai tempi della pandemia”. Vuoi condurci verso gli snodi principali di questo lavoro, che tu stesso definisci d’inchiesta?
Come sai a cavallo tra il 2008 e il 2012 sono stato responsabile nazionale sanità di Rifondazione Comunista e ho avuto modo di conoscere, grazie ad iniziative locali e al coordinamento che svolgevo tra i vari gruppi regionali del prc, la situazione del sistema sanitario in molte regioni e non ho mai smesso, anche quando per ragioni diverse ho dismesso l’incarico, i miei studi e approfondimenti di politica sanitaria, ovviamente dal mio osservatorio ligure, sono sempre stato attento all’evoluzione del sistema perché appunto la salute è un diritto universale che deve essere riconosciuto ed esigibile per ogni individuo sulla terra.
Purtroppo in modo assai violento negli ultimi vent’anni la salute è diventata una merce su cui costruire profitto. In Italia si è smantellato progressivamente il sistema pubblico e universale che a partire dalla riforma 833 del 78 aveva invece costituito un perno fondamentale del diritto alla salute. Il libro Evidenzia la progressiva distruzione del sistema sanitario nazionale dapprima attraverso la scellerata riforma del titolo quinto della Costituzione che ha di fatto istituito 21 sistemi regionali, diversi e con organizzazioni diseguali che hanno cancellato l’universalità dell’offerta sanitaria sui territori marcando le differenze esistenti, già profonde tra il Nord e il Centro e Sud Italia, culminata poi con lo stupro della stessa Carta Costituzionale inserendone l’obbligo di pareggio in bilancio dello Stato. Negli ultimi 10 anni sono stati tagliati al sistema sanitario 37 miliardi di €, che tradotto hanno significato tagli di posti letto sia nelle degenze ospedaliere che in ambito di emergenza, cancellazione di dipartimenti e presidi territoriali, spostamento di risorse e servizi verso il privato per favorirne la crescita e la speculazione sulla malattia. Affronto il tema della trasformazione delle USSL in “aziende” introducendo la logica perversa del profitto nelle strutture pubbliche, una americanizzazione assurda che ha introdotto il sistema a tariffe (DRG) per quantificare la produzione aziendale ( come se un ospedale fosse una fabbrica di cioccolatini ), e poi ancora l’intramoenia e il sistema dei LEA.
La pandemia ha reso pubblico il fallimento della politica sanitaria liberista, ha messo in evidenza quello che noi andiamo dicendo da anni: la speculazione sulla salute è un crimine. Con il libro ho voluto dimostrare quanto aver mercificato il sistema sanitario ha prodotto non solo in termini di perdite di vite umane, ma anche sprechi di risorse pubbliche devolute ad un privato il cui unico obiettivo è fare profitto. Ma c’è un altro aspetto che tratto timidamente nel libro e che andrebbe studiato e approfondito : l’uso dell’evento catastrofico pandemico, per imporre una grande rivoluzione liberista per una nuova stagione del capitalismo mondiale capace di stravolgere completamente la vita delle persone, dai rapporti sociali, alla scuola, al lavoro. Una strategia tendente a creare automi, generazioni future piegate alla volontà di pochi “eletti” ma soprattutto incapaci di ribellarsi alla dittatura capitalista. Racconto poi, come la speculazione sulla salute, premia la malattia e come sempre in virtù del profitto, oramai le cure tendono alla stabilizzazione della cronicità e non alla definitiva guarigione e di come questo elemento abbia di fatto espulso dal sistema sanitario ogni azione di prevenzione e di ricerca sulla qualità della vita, a partire dall’ambiente, dal cibo, dal tempo dedicato agli affetti. Al termine della cosiddetta campagna vaccinale, che nel libro concluso ai primi di dicembre 2019 accenno soltanto, proverò a bissare questa esperienza scrivendo un secondo libro di inchiesta sulla vaccinazione.
Una parte del libro è dedicata all’enucleazione di alcune proposte per ridefinire una politica sanitaria fuori dagli schemi liberisti dominanti, che pure hanno eroso spazi rilevanti anche nella cultura e nelle pratiche della sinistra (welfare aziendale, ecc.). Come valuti il dibattito attuale intorno alle idee di riforma del sistema sanitario?
Intanto non mi pare di vedere idee su progetti di riforma del sistema sanitario nazionale anzi al contrario, vedo una volontà da parte delle forze parlamentari , tutte liberiste o tendenti a reggere il moccolo liberista, con una strategia mediatica volta a conservare lo stato esistente, anzi a rafforzare il progetto di privatizzazione del diritto alla salute. Mi sembra di cogliere in questa strategia una spaventosa insidia di devastazione e manipolazione delle menti, già per altro ampiamente deviate: da una parte si immette la paura del pericolo di vita dall’altra l’idea che il “governo forte” (addirittura con l’esercito da commissario ) sia autorevole e quindi capace di gestire la fase, ciò induce a plasmare le menti e a creare il consenso necessario per poi proseguire nell’obiettivo della privatizzazione dei diritti universali.
In realtà abbiamo bisogno di tutt’altro, ma ci scontriamo con una cultura diffusa in cui la “classe” plaude a chi la opprime e dileggia chi la chiama a ribellarsi. Per questo occorrerebbe per prima cosa , come diceva Edoardo Sanguineti, instaurare un nuovo odio di classe, perchè loro, i padroni ci odiano e stanno vincendo su ogni fronte. Una forte battaglia culturale che sia in grado di far risorgere la “coscienza” di classe perchè i nostri interessi sono opposti a quelli del capitalismo.
Il sistema sanitario va rivoluzionato sul piano strutturale, organizzativo e sociale. Per prima cosa occorre cancellare tutte le porcherie introdotte in questi ultimi vent’anni va cancellato il titolo quinto della Costituzione modificato , riportando il sistema sanitario ad un quadro unico nazionale e totalmente gratuito in cui si metta al centro la salute come diritto e la universalità dell’offerta in un contesto di esigibilità in ogni territorio sulla base di studi epidemiologici per meglio strutturare e adeguare la rete sanitaria all’esigenza della popolazione. Sì cancelli l’introduzione del pareggio di bilancio dello Stato in Costituzione e ciò per poter recuperare integralmente e lo spirito della riforma sanitaria del 78. Si cancelli la logica aziendalista introdotta nel 92 per tornare ad avere una sanità ed un diritto alla salute non legato a logiche di profitto ma al contrario fondato sulla prevenzione per garantire una migliore qualità della vita che sappia contrastare l’insorgenza delle patologie e che non
persegua la stabilizzazione o la cronicizzazione della malattia al fine dello sfruttamento economico del “paziente”. Il diritto alla salute è pieno e non conosce livelli essenziali ma prestazioni complete e necessarie, non quantificabili con procedure di tipo assicurativo, occorre ripristinare un modello finanziario basato sul sistema dello storico delle prestazioni stesse e quindi essenziale ai costi e non per gonfiare i bilanci.
Una sanità pubblica universale e gratuita necessita di un piano straordinario di finanziamento per adeguare il personale con massicce assunzioni e retribuzioni adeguate , vanno potenziate le strutture ospedaliere e ambulatoriali ad una urgente riorganizzazione della medicina di base territoriale ed a una rete di emergenza in cui in ogni provincia, siano presenti Dipartimenti di emergenza di primo e secondo livello con adeguate strumentazioni, posti letto e terapie intensive. Occorre portare il finanziamento pubblico sulla sanità al doppio di quello attuale che tra l’altro sarebbe in media con i paesi europei, e non si dica che non ci sono le risorse perché non è vero, basterebbe tagliare radicalmente le spese militari, introdurre una patrimoniale sulle grandi ricchezze, togliere le speculazioni e le ruberie ed avremmo quanto necessario per l’intero Welfare. Il piano sanitario deve essere integrato da un piano socio sanitario di protezione sociale, curare le fragilità è essenziale per prevenire patologie importanti e significative nella vita che inoltre hanno anche un costo importante sullo stesso sistema sanitario. Va poi rivisto tutto ciò che riguarda i farmaci a partire dei brevetti che vanno cancellati, per arrivare ad un sistema di produzione farmacologico pubblico e controllato che sia in grado di produrre il necessario, modificando tra l’altro il prontuario farmaceutico, a garanzia di una produzione non speculativa fondata su una ricerca pubblica che valorizzi il sistema di cura e non l’obbligo di produrre profitto. Se avessimo avuto un sistema costruito su questi principi ben diversa sarebbe stata la situazione in questa crisi sanitaria emergenziale della pandemia.
Chi volesse approfondire e leggere quanto ho scritto sul libro può scaricare il testo digitale, con un piccolo contributo, sul mio blog www.marconesciblog.it, chi volesse il testo cartaceo mi mandi una mail a : marco.nesci@gmail.com
La critica che tu fai dei percorsi di sempre maggior autonomia regionale è molto serrata. Vuoi, dal tuo osservatorio regionale, farci un breve quadro di come ha funzionato la tutela della salute in questo periodo così difficile in Liguria?
Come ho già detto la modifica del titolo quinto è stata una stupidaggine colossale, a quell’epoca D’Alema pensava che il federalismo proposto dalla lega fosse di moda e necessario e quindi, come di solito hanno sempre fatto, anziché combattere una cosa sbagliata la si porta avanti con l’idea del tutto assurda che se la fai tu, la fai meglio degli altri.
Per questa ragione ci siamo trovati con un regionalismo sproporzionato e assurdo in cui i diritti fondamentali venivano diversificati da territorio a territorio producendo diseguaglianze mostruose, lasciando aperte e acuendole le diversità di sistema, in particolare quello sanitario, nelle regioni del Paese. Oggi fa orrore pensare che Presidenti di regione del centrodestra e del centrosinistra pensino a perseguire il progetto di diseguaglianze attraverso la richiesta di autonomie differenziate, non paghi del disastro già avvenuto, avvolti da egoismo e odio verso gli altri.
Le logiche descritte sul libro non hanno certo risparmiato la Liguria, da anni vittima di un processo di destrutturazione dell’intero sistema sanitario regionale, il centrosinistra gli anni passati, ha dato l’avvio allo smembramento del sistema pubblico riducendo drasticamente presidi territoriali, posti letto, cancellando dipartimenti, stravolgendo la rete sul territorio, spostando sempre di più le risorse verso procedure di accreditamento delle strutture private.
La nostra opposizione è stata costante ma debole siamo riusciti a limitare qualche danno ma non certo ad impedire l’avvio della disintegrazione del sistema pubblico. Il centrodestra ha completato l’opera. La giunta Toti ha assunto a modello il sistema lombardo, quel sistema miseramente fallito durante questa pandemia da COVID che ha dimostrato quanto sia inefficiente, arruffone, corrotto, inappropriato e speculativo . Toti l’ha eletto a modello, in questa emergenza sanitaria, ha dimostrato se ancora ce ne fosse bisogno, quanto lontano dai cittadini sia un sistema sanitario che fonda la sua esistenza sullo sfruttamento della malattia per far crescere i profitti privati. E così tra bandi pubblici per assegnare interi ospedali pubblici alla gestione privata, tra incrementi di accreditamenti ambulatoriali ai privati che moltiplicano i profitti sottraendo risorse pubbliche alla salute, tra riduzioni di strutture dipartimentali ed enormi carenze di personale, la Liguria spicca nel quadro nazionale pandemico, per l’inefficienza e lo spreco testimoniate da una parte dalle statistiche tutte avverse ad una buona risposta emergenziale, sino alla pagliacciata iper costosa, circa 2 milioni di € , della nave ospedale nel porto di Genova per qualche decina di degenti COVID. La Liguria aveva un sistema sanitario eccellente sino a 10/15 anni fa, ci si veniva a curare per la sua rinomata qualità in molti campi delle specializzazioni mediche strettamente pubbliche e universali, oggi sono i liguri che vanno altrove.
Alberto Deambrogio
Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute
Intervista pubblicata sul numero di aprile del mensile
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